La premier risponde con un video alle accuse sollevate dall’esposto dell’avvocato Li Gotti
La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, con il suo bellissimo accento romanesco, è apparsa sui social con un video in cui lamenta, mostrando un documento, di aver subito l’ennesimo attacco dalla magistratura, in particolare prendendosela con il Procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi (contro cui si rivolge bollandolo come “lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona”), dichiarando di aver ricevuto “un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino libico Almasri“, e spiegando che avvisi di garanzia sono stati inviati anche “ai ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e al Sottosegretario Alfredo Mantovano“.
Con la solita proverbiale arroganza la signora Meloni ha anche affermato che non si farà né intimidire né ricattare.
Possiamo iniziare già da qui.
Perché per prima cosa va chiarito ai cittadini che non siamo di fronte ad un avviso di garanzia, ma un’iscrizione nelle notizie di reato.
Luigi Li Gotti © Paolo Bassani
Lo scorso 23 gennaio il procuratore ha ricevuto l’esposto denuncia sul caso Almasri, ovvero due giorni dopo la scarcerazione del comandante della polizia giudiziaria libica Najeem Osema Almasri Habish, liberato dopo l’arresto che era stato effettuato a Torino su mandato della Corte Penale internazionale.
A presentarlo è stato l’avvocato Luigi Li Gotti (notizia che abbiamo dato per primi sul nostro giornale) indicando l’ipotesi di due reati ministeriali: favoreggiamento personale (nei confronti del generale libico Najeem Osema Almasri) e peculato (per l’uso dell’aereo di Stato utilizzato per il rimpatrio). Fatti che vengono addebitati al capo del governo e ai ministri della Giustizia e dell’Interno che avrebbero deciso la scarcerazione e la riconsegna alla Libia, e per il sottosegretario con delega ai servizi segreti relativamente al mezzo di trasporto.
Dunque la signora Meloni dimentica, ignora o fa finta di non sapere che il Procuratore di Roma Lo Voi aveva l’obbligo di iscrivere nel registro degli indagati la presidente del Consiglio Meloni, i ministri Piantedosi e Nordio e il sottosegretario alla Presidenza Mantovano per trasmettere tutto al Collegio dei reati ministeriali informando “immediatamente’” gli indagati e permettere loro di presentare memorie o farsi sentire.
Lo prevede la legge costituzionale n.1/1989 all’articolo 6 comma 2, tra l’altro citato nella lettera che è stata spedita a tutti i soggetti coinvolti.
Carlo Nordio © Davide de Bari
Va ricordato che ricevuto l’esposto Lo Voi, per legge, aveva solo 15 giorni di tempo per trasmettere il fascicolo “omessa ogni indagine” al Collegio dei reati ministeriali competente. Ciò significa che per il Procuratore c’è il divieto di acquisire atti a sostegno dell’istanza o della sua infondatezza.
Non c’è stata alcuna anomalia.
E allora cosa lamenta la signora Meloni?
Forse che la legge è uguale per tutti, ma non per lei? Forse che dall’alto del suo ruolo istituzionale non doveva essere scalfita?
L’ha buttata in bagarre politica, dimostrando anche di essere ignorante sulla storia dei partiti, prendendosela con l’avvocato Luigi Li Gotti.
Dopo aver rimarcato che quest’ultimo è stato un difensore di pentiti e mafiosi (come se fosse un disonore difendere collaboratori di giustizia), quindi lo ha etichettato come “ex politico di sinistra molto vicino a Romano Prodi”.
Eppure la storia politica di Li Gotti è nota. E’ stato a lungo nelle file del Movimento sociale italiano e di Alleanza nazionale prima di approdare, negli anni duemila, all’Italia dei valori di Antonio Di Pietro, assumendo l’incarico di responsabile del Dipartimento Giustizia. Certamente dal 18 maggio del 2006 alla caduta del secondo governo Prodi è stato sottosegretario alla Giustizia. E alle elezioni politiche del 2008 è stato eletto senatore nelle file dell’Italia dei Valori in Emilia-Romagna.
Matteo Piantedosi © Imagoeconomica
Lo stesso Li Gotti ha spiegato i motivi che lo hanno portato nel corso del tempo ad abbandonare la destra: da una parte i processi sulle stragi fasciste (vedi piazza Fontana) vissuti come parte civile, dall’altra l’avvento di Silvio Berlusconi e la pletore di leggi ad personam proposti proprio per favorire l’ex Cavaliere.
Anche l’intento di sminuire la storia professionale di Li Gotti cade miseramente.
L’avvocato è noto per essere stato il difensore di alcuni dei principali collaboratori di giustizia di mafia, tra cui Tommaso Buscetta, Totuccio Contorno, Giovanni Brusca, Francesco Marino Mannoia e Gaspare Mutolo. Oltre ad essere stato avvocato di parte civile nel processo per la strage di Piazza Fontana, Li Gotti ha anche assistito i familiari di due uomini della scorta di Aldo Moro, il maresciallo Oreste Leonardi e l’appuntato Domenico Ricci, assassinati dalle Br nella strage di via Fani del 16 marzo 1978.
Alfredo Mantovano © Imagoeconomica
Ha inoltre rappresentato la famiglia del commissario Luigi Calabresi in un lungo iter processuale. Quindi ha partecipato anche al processo per i fatti della Diaz a Genova e ai processi di strage di Capaci, via D’Amelio e degli Uffizi. Più recentemente, ha assistito i familiari delle vittime del naufragio di Cutro, in Calabria.
Alla luce di tutti questi fatti è evidente che ci troviamo di fronte ad una Presidente del Consiglio che ha gravi lacune di ignoranza della legge e sulla storia. Dovrebbe dimettersi, invece resta al suo posto e pone in essere l’ennesimo attacco contro la magistratura.
Sarebbe ora che anche i cittaidni ne prendano atto e mandino a casa questi fascisti al governo che con arroganza e spocchia siedono in Parlamento. Personalmente ne abbiamo le tasche piene.
Rielaborazione grafica by Paolo Bassani
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