la produzione 2024 più 30%

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I consumi calano, cresce la pressione dei dealcolati, il rischio di demonizzazione resta è alto con i ricorrenti allarmi sulla salute, ma il vino italiano nonostante tutto tiene salde le sue posizioni.

Ed è riuscito a resistere anche agli attacchi dei fenomeni meteo avversi. Il Sud quest’anno è stato particolarmente colpito dalla siccità, ma proprio da alcune regioni meridionali è arrivata una spinta all’aumento produttivo dell’ultima vendemmia che complessivamente ha segnato una crescita del 7,1% rispetto al 2023 (41 milioni di ettolitri). Un balzo del 30% si è registrato in Campania e Basilicata, ma hanno fatto bene anche la Puglia con +18%, la Calabria (+10%) e il Molise (+100%), mentre sono andate in rosso le Isole :-16% in Sicilia, devastata da una siccità che ha messo ko coltivazioni e allevamenti, e -20% in Sardegna.

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Alimentare, l’export spinto dalla Campania

Il Vigneto Sud dunque cresce in quantità, ma anche in valore con una diffusa presenza di vini a denominazione. E da un rapporto Circana sulle vendite nella Grande distribuzione spicca il particolare successo sul mercato nazionale degli autoctoni. Tra i primi cinque che sono cresciuti di più nell’apprezzamento da parte dei consumatori tre sono del Sud, il Cerasuolo d’Abruzzo, il Grillo di Sicilia e il Solopaca della Campania. Rappresentano una interessante novità nel panorama enologico a forte trazione del Mezzogiorno che non si è lasciato conquistare negli anni Novanta dalla moda dei vitigni internazionali.

Le etichette

Le etichette italiane si confermano icone del Made in Italy e campioni dell’export. Dopo un 2023 a passo rallentato sui mercati esteri, il 2024 è stato l’anno della ripresa e le spedizioni nel mondo hanno raggiunto gli otto miliardi. Sul prosecco poi il nostro Paese ha vinto la partita con lo champagne. Insomma il settore vitivinicolo è in ottima salute e continua a svolgere il ruolo di locomotiva dell’agroalimentare italiano che ha chiuso il 2024 con un export record a 70 miliardi.

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Già nel 2023, secondo un recente report dell’Ismea, l’Italia aveva confermato sul fronte dell’export di vino la leadership in volume davanti alla Spagna e la seconda posizione in valore dopo la Francia. Sono i risultati di una profonda ristrutturazione del Vigneto e della Cantina Italia segnalati dall’Ismea e dovuti anche alle misure di supporto della Ue relativamente alla ristrutturazione e riconversione dei vigneti che hanno interessato su tutto il territorio nazionale, da Nord a Sud, 330mila ettari. Il settore è uno dei più dinamici, rappresenta il 10% del fatturato agroalimentare e il 12% del valore dell’export e ha virato con decisione sulla qualità. È ormai storia quello che viene definito il Rinascimento delle produzioni meridionali che da prodotto da taglio per rinforzare le prestigiose bottiglie francesi sono diventate vere e proprie eccellenze, grazie proprio agli autoctoni, perle dell’offerta enologica del Mezzogiorno.

Le riscoperte

Molti infatti i vitigni riscoperti e valorizzati dalla Campania, con l’Aglianico, il Greco di Tufo e la Falanghina, alla Puglia, con il Primitivo, fino alla Sicilia, con il Grillo e al Molise con la Tintilia. D’altra parte il vino è il prodotto agricolo che più degli altri si salda nei territori rappresentando paesaggi, cultura ed economia. Ed è per questo che è diventato anche un’attrattiva turistica. In un bicchiere infatti si ritrova l’essenza dei tanti borghi che rappresentano un’offerta unica di vacanza. E non è un caso se il 90% dei turisti americani abbia indicato nel vino e nel cibo italiani i primi motivi per trascorrere una vacanza nel Belpaese. Lo rileva un’indagine della Coldiretti che ha evidenziato come negli ultimi vent’anni le vendite di vino negli Stati Uniti siano raddoppiate in valore e nel 2024 abbiano quasi raggiunto 1,9 miliardi. L’Osservatorio di Unione italiana vini ha calcolato che solo nel mese di novembre l’export di spumanti è aumentato del 41%, del 17% quello dei vini fermi imbottigliati e nei primi 11 mesi l’impennata sul mercato Usa è stata del 19,5%. Secondo uno studio Ismea sull’enoturismo, nel 2024 il 18,7% dei cittadini europei tra i desiderata per le vacanze ha messo al primo posto la scoperta delle aree rurali per conoscere l’enogastronomia. Anche per i viaggiatori d’Oltreoceano, soprattutto giapponesi, sudcoreani e cinesi, l’appeal del vino supera tutto. E l’Italia grazie alla ricca e diversificata offerta è in pole position. Per gli italiani poi l’enoturismo è sempre più di moda e i terroir del Sud stanno avendo un vero exploit. Sono circa il 64,5% i connazionali che hanno partecipato ad almeno una esperienza a tema enologico in occasione dei viaggi negli ultimi tre anni, una platea di quasi 13,4 milioni.

Un panorama dunque decisamente roseo, anche se qualche elemento di preoccupazione c’è. I consumi innanzitutto che continuano a calare soprattutto tra i giovani (il mercato interno in un trentennio si è dimezzato), ma anche i rischi delle campagne che mettono il vino sul banco degli imputati. Coldiretti ha in più occasioni contestato “il paradosso” di alcune politiche europee orientate ad apporre sulle bottiglie etichette allarmistiche come quelle delle sigarette, così come è accaduto in Irlanda. Dimenticando che il vino è uno degli elementi portanti della Dieta Mediterranea. Qualche ombra dunque aleggia sul futuro di un prodotto che non solo è un simbolo identitario dell’Italia, ma anche un eccellente motore economico.





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