L’affitto di uno studio professionale, nonostante la riforma fiscale sia intervenuta a disciplinare vuoti normativi e incoerenze fiscali (in ordine alle operazioni straordinarie in raccordo con le attività professionali), manca ancora di un qualsiasi regime fiscale di sicuro riferimento. Sebbene lo studio professionale, in ordine all’interazione dei vari fattori produttivi che lo contrassegnano, abbia ormai una delineazione strutturale molto prossima all’azienda, esso rimane, anche per effetto di una radicata tradizione giuridica, non immedesimabile con essa, rimanendo la professionalità intellettuale/artistica la prerogativa fondativa l’attività . Tuttavia, lo studio professionale riassume un modulo organizzato caratterizzato da molte delle sinergie operative che contraddistinguono l’azienda ed in virtù delle quali si presta alle complessive medesime forme di riorganizzazione dell’impresa.
In tal senso, va la ristrutturazione legislativa del nuovo articolo 177bis, Tuir, che, in particolare, prevede un regime fiscale neutro in caso di trasferimento di attività materiali e immateriali, inclusa la clientela e ogni altro elemento immateriale, nonché di passività , riferibili all’attività artistica o professionale svolta in forma individuale per causa di morte o per atto gratuito.
Tale compendio patrimoniale, individuato dal legislatore attraverso un raccordo analitico di elementi dell’attivo e del passivo, in virtù di una perdurante considerazione storica che lo continua a privare di una tipica nomenclatura legislativa di raccordo con una universitas (come l’azienda), è destinabile a vicende circolatorie che possono essere oltre che causalmente fondate per atto gratuito o mortis causa, anche declinate su dinamiche negoziali rispondenti al paradigma dei più svariati contratti traslativi od obbligatori, tra cui è senz’altro annoverabile il contratto di affitto. Anzi, proprio nel caso di decesso del professionista, lo studio professionale potrebbe essere dato (per mancanza temporanea dello specifico titolo abilitativo dell’erede) in affitto ad un altro professionista. In tal caso, si pone il problema della individuazione del relativo regime fiscale (oltre che di quello civilistico, risultando disciplinato anche sul versante del diritto generale solo l’affitto dell’azienda – articolo 2561 cod. civ. e articolo 2562 cod. civ.).
Sul piano fiscale, l’articolo 67, comma 1, lett. h, Tuir, come noto, disciplina i soli effetti fiscali dell’affitto dell’azienda da parte dell’imprenditore, disponendo che esso non si considera effettuata nell’esercizio dell’impresa e differendo la rilevanza, come redditi diversi, delle plusvalenze realizzate in occasione della successiva cessione, anche parziale dell’azienda. Una fonte disciplinare simile non è però prevista – e neppure è stata introdotta con la riforma fiscale – per gli studi professionali, per cui si pone il problema delle conseguenze impositive correlabili ai canoni di affitto e alle plusvalenze dell’eventuale futura cessione dello studio professionale. Il nuovo articolo 177bis, Tuir, delimita il regolamento fiscale alle sole cessioni a titolo gratuito e al passaggio generazionale dello studio professionale, disponendone la neutralità degli effetti traslativi e dando per scontato la prosecuzione da parte dell’avente causa della prosecuzione dell’attività , con il ripristino del corrispondente regime fiscale del reddito di lavoro autonomo. Tale prospettiva non è però per nulla scontata.
Nel caso di affitto di uno studio professionale, il vuoto normativo non appare colmabile con il ricorso all’analogia e con il raccordo al regime fiscale dell’affitto dell’azienda, trovando essa, per chi scrive, irriducibile ostruzione nel costituzionale principio della riserva di legge (articolo 23 Cost.) che subordina la prestazione patrimoniale alla previsione di specifica legge di solo rango primario. Poco coerente con la stessa evoluzione legislativa non potrebbe non apparire essere anche il ripristino delle vecchie tesi intentate per sopperire al vuoto impositivo in ordine alla cessione della clientela e degli altri beni immateriali, fondate sul raccordo con le fattispecie dei redditi diversi enunciate alla lett. l, dell’articolo 67, Tuir, ossia sull’assunzione di obbligazioni di fare, non fare o di permettere.
L’affitto dello studio determina la cessazione del relativo status professionale, al pari della cessazione dello status di imprenditore nel caso di affitto dell’unica azienda, per cui alla chiusura dell’affitto dello studio professionale, in mancanza della qualificata soggettività tributaria di artista/professionista, la vendita del compendio patrimoniale necessiterebbe, perché possa essere perseguita una piena simmetria impositiva con la cessione dell’azienda dell’ex imprenditore, di una disposizione del tutto ricalcante quella legiferata alla lett. h, del comma 1, dell’articolo 67, Tuir, specificamente adattata alla categoria degli artisti/professionisti.
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