Nobuo Uematsu: passato, presente e futuro del “Beethoven dei videogiochi”

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Aspettando i due concerti italiani del compositore storico dei Final Fantasy, scopriamo qualcosa in più sulle sue ispirazioni, le sue idee, i suoi brani più amati.

Come sarebbe andata la storia dei videogiochi, senza Final Fantasy? Di certo oggi gli appassionati di JRPG non porterebbero nel cuore e nella memoria un ampio bagaglio di personaggi iconici, situazioni strappalacrime, scontri al cardiopalma, location da sogno e, dulcis in fundo, melodie indimenticabili. E da qui non può che giungere un’altra domanda retorica: cosa sarebbe il mondo dei videogiochi, senza Nobuo Uematsu?

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Nobuo Uematsu, come è ben noto, è la mente dietro ogni singolo brano delle colonne sonore dei primi nove capitoli di Final Fantasy: insomma, un po’ come i Mogol e Battisti dei giochi di ruolo giapponesi, non c’è stato episodio diretto e/o prodotto da Hironobu Sakaguchi (il “papà” della serie) senza il contributo musicale del “Beethoven delle colonne sonore videoludiche”. Questo soprannome gli è stato attribuito dall’autorevole emittente radiofonica britannica Classic FM, e non a torto: un po’ come fece il genio di Bonn nell’ambito della musica colta, tra gli anni ’80 e ’90 Uematsu ridisegnò significativamente i canoni e le ambizioni della composizione delle colonne sonore dei videogiochi, ricorrendo ai relativamente limitati mezzi dell’epoca. Brani come “Terra’s Theme” e “One Winged Angel” non potranno mai smettere di risuonare nelle orecchie dei videogiocatori di ogni generazione.

In coincidenza col progressivo allontanamento di Sakaguchi dalla supervisione dei capitoli numerati di Final Fantasy, anche il compositore a partire da Final Fantasy X ha man mano ceduto il posto ad altri autori; a partire da Final Fantasy XII, fino al recente Final Fantasy VII Rebirth, ha poi contribuito unicamente con singoli brani isolati, di solito temi di apertura o chiusura. La “premiata ditta Uematsu-Sakaguchi” ha tuttavia proseguito la sua collaborazione anche oltre la storica serie di Square Enix, con il compositore che ha creato anche le musiche di titoli come Blue Dragon, Lost Odissey e The Last Story.

Oggi, superata l’età di sessant’anni e con alle spalle una carriera gloriosa, Uematsu ha giustamente deciso di riformulare le sue priorità: quest’anno ha dichiarato di non avere più intenzione di comporre per intero nuove colonne sonore (onore riservato per l’ultima volta a Fantasian, proprio l’ultima opera da produttore del compare Sakaguchi), proseguendo tuttavia un’intensa attività dal vivo; tra l’altro a marzo 2025 farà tappa con la sua band, i conTIKI, proprio in Italia, esibendosi addirittura in due date divenute tali in seguito al rapidissimo tutto esaurito di quella che doveva essere un unico concerto.

I maestri del Maestro

Sebbene sia stato accostato ad un compositore a cavallo tra neoclassicismo e romanticismo come Ludwig Van Beethoven, le influenze alla base delle intuizioni musicali di Uematsu sono varissime e spesso lontane dall’austerità della musica colta. Come riferito dallo stesso Uematsu in più sedi, probabilmente la sua maggiore fonte di ispirazione e suggestioni è rappresentata dal rock sinfonico e dal rock progressivo, entrambi sottogeneri prosperati tra i tardi anni ’60 e gli anni ’70.

Il rock progressivo fu portato in auge da gruppi formidabili come King Crimson, Genesis, Pink Floyd e molti altri, ed è interessante notare come in principio emerse proprio come un’ibridazione, per struttura e arrangiamenti, tra rock, musica classica e jazz. Brani di Uematsu come “Dancing Mad” di Final Fantasy VI o “The Darkness of Eternity” di Final Fantasy IX, con la loro massiccia presenza di tastiere e i repentini cambi di ritmo e tempo,sono palesemente debitori verso le grandi suite prog come “Supper’s Ready” dei Genesis o “Tarkus” di Emerson Lake & Palmer. Non mancano inoltre nelle sue composizioni influenze della musica elettronica, specialmente in brani come “The Man with The Machine Gun” di Final Fantasy VIII, che col suo arrangiamento vagamente synth-pop sembra avvicinarsi a certi pezzi della sua conterranea Yellow Magic Orchestra.

Hironobu Sakaguchi e Nobuo Uematsu: un duo inseparabile nella storia dei JRPG
Hironobu Sakaguchi e Nobuo Uematsu: un duo inseparabile nella storia dei JRPG

È tuttavia innegabile la presenza nel suo ampio catalogo di influssi provenienti dalla musica colta, in particolare da quella di inizio XX Secolo: come riportato dallo stesso Uematsu in una intervista per Polygon, l’intro orchestrale di “One Winged Angel” è ispirata non solo al suddetto rock sinfonico degli anni ’70 (basti pensare alla celeberrima “Kashmir” dei Led Zeppelin), ma anche e soprattutto ad un passaggio de “La Sagra della Primavera” di Igor Stravinskij.

La musica del caso

Come spesso accade con le pagine più memorabili della storia della musica, composizioni di Uematsu che sembrano perfettamente ricamate ed intarsiate per adagiarsi sui momenti videoludici a cui si associano sono in realtà giunti nella storia dei videogiochi con una certa quota di casualità o, per così dire, di anarchia creativa.

Ad esempio, Uematsu racconta di come il brano probabilmente più amato del suo catalogo, l’onnipresente “One Winged Angel” che accompagna lo scontro finale con Sephiroth in Final Fantasy VII, rappresenti un vero e proprio unicum compositivo nella sua carriera. Le diverse sezioni che compongono il brano non nacquero infatti originariamente come un unico “discorso musicale”: Uematsu decise invece di affidarsi ad un processo più intuitivo e libero, componendo giorno dopo giorno piccole sezioni di due o quattro battute, sostanzialmente alla rinfusa e senza sapere in anticipo come si sarebbero legate nella composizione finale. Solo quando fu raggiunta una certa quantità di battute il Maestro giapponese decise quindi come connetterle tra loro in un unico flusso musicale: ed ecco che dall’insieme di diverse piccole sezioni inizialmente autonome nacque quel capolavoro monumentale della musica videoludica che è “One Winged Angel”.

Dite la verità: solo a guardare questa scena vi è già partita in testa 'One Winged Angel'
Dite la verità: solo a guardare questa scena vi è già partita in testa “One Winged Angel”

Esempio ancora più ironico di quanto la casualità sia intervenuta nella lunga strada condivisa tra Uematsu e Final Fantasy è rappresentato da “To Zanarkand”, brano di apertura di Final Fantasy X e anch’esso una delle melodie più amate e celebrate della saga di Square Enix. In un’intervista risalente all’uscita del gioco, Uematsu racconta di come quel brano non solo sia finito nel gioco un po’ per caso, ma anche di come originariamente non sia stato nemmeno concepito per accompagnare alcun momento del titolo per PS2! Il compositore racconta di come quel brano fu pensato, insieme ad altri, per essere affidato ad un suo collega musicista, Kazunori Seo, in seguito ad una richiesta da parte di quest’ultimo di materiale inedito da usare in un recital.

E pensare che il brano che accompagna questa iconica scena è stato scelto per puro caso!
E pensare che il brano che accompagna questa iconica scena è stato scelto per puro caso!

Pressoché contemporaneamente giunsero però a Uematsu anche le pressanti richieste di nuovi brani da parte del team di sviluppo di Final Fantasy X: il caro Nobuo decise quindi di riciclare le composizioni per Seo affidandole alle mani dell’allora Squaresoft, le quali scelsero di utilizzare proprio la composizione per piano che sarebbe stata poi ribattezzata “To Zanarkand”. Col senno di poi, la scelta del compositore di cambiare il “destinatario d’uso” di quella manciata di brani a casaccio è stata più che saggia, donando la meritata fama ed immortalità ad un brano toccante ed indimenticabile.

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Una filosofia compositiva

In più di un’occasione, come ad esempio in un’intervista del 2015 o in una recentissima intervista di inizio 2024, Uematsu ha espresso una precisa critica a tutto un filone di colonne sonore videoludiche degli ultimi anni: in notevole opposizione alla sempre crescente volontà da parte delle grandi produzioni “tripla A” di uniformare il linguaggio del medium videoludico a quello cinematografico, il Maestro giapponese difende le peculiarità stilistiche e la libertà creativa del creare colonne sonore pensate ad hoc per il mondo dei videogiochi, accusando tante produzioni recenti di emulare pedissequamente le sonorità dei blockbuster hollywoodiani.

Secondo Uematsu ciò porterebbe tante composizioni ad una asettica omologazione derivativa, privando i videogiochi di una propria identità musicale forte. La critica di Uematsu non risparmia inoltre i director e i produttori dei maggiori titoli delle ultime generazioni, ritenendoli responsabili, al pari dei compositori, di un appiattimento, sotto vari aspetti, del linguaggio videoludico ad “ancella” della settima arte.

Queste severe osservazioni vanno ben oltre la sterile polemica, e si pongono come un vero e proprio manifesto programmatico di una filosofia compositiva, come una rivendicazione artistica senza mezzi termini: con queste parole Uematsu, dall’alto dei suoi quarant’anni di carriera nel settore, delinea la figura del compositore di musica da videogame come un artista autonomo e a tutto tondo, uno specialista in una declinazione dell’arte delle sette note che fin dagli anni ’80 ha ben presto trovato forme espressive e peculiarità tecniche tutte proprie.

Un carichissimo Uematsu e la sua band conTIKI, con la quale si esibirà a Roma il prossimo marzo
Un carichissimo Uematsu e la sua band conTIKI, con la quale si esibirà a Roma il prossimo marzo

Per Nobuo Uematsu il compositore videoludico non ha alcunché da invidiare ad Hans Zimmer, John Williams né altri colleghi del settore cinematografico, potendo contare su un proprio filone artistico che si rispecchia nelle particolarità del proprio medium di riferimento e che si fonda fin dalle sue origini su un intrinseco eclettismo senza confini. Non c’è alcun dubbio: il Maestro, pur allontanandosi dal settore a cui ha dedicato praticamente tutta la sua carriera, resterà sempre non solo la grande mente dietro molte delle musiche più belle della storia dei videogiochi, ma anche uno dei più solidi simboli di tutto ciò che rende l’intrattenimento elettronico così unico e capace di guardare negli occhi, senza timori reverenziali, altre forme d’arte con più decenni sulle spalle.





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