I dipendenti del call center Ingo di Forlì sciopereranno lunedì dalle 8 davanti alla sede dell’azienda in via Schiapparelli 27, per protestare contro il nuovo contratto di lavoro che l’azienda vuole proporre dopo che Assocontact ha deciso di far decadere quello nazionale. Aderiranno allo sciopero anche i sindacati Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil e sarà a livello nazionale, toccando tutti i capoluoghi di provincia e le province dove ci sono call center.
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È un episodio piuttosto controverso quello che ha toccato i 120 dipendenti Ingo forlivesi, ma anche i 600 di Milano e i 400 di Torino, ed è legato alla vertenza Assocontact, associazione distaccatasi da Confindustria “che ha redatto un nuovo contratto per i call center a condizioni decisamente svantaggiose per i lavoratori, facendoselo approvare dal sindacato Cisal senza contattare le altre associazioni che tutelano i lavoratori – spiegano dalla Cgil -. In questo modo aziende come Ingo possono imporlo ai loro dipendenti dopo essere usciti dal contratto collettivo nazionale delle telecomunicazioni”.
“Stiamo parlando di un contratto ‘pirata’ sotto tutti i punti di vista – spiega Romano Cioccotorto, segretario generale Slc Cgil Forlì Cesena -, perché è stato approvato senza interfacciarsi con nessun vero sindacato e nelle sue 400 pagine, non c’è un solo paragrafo che possa agevolare il lavoratore. Oltre ad una diminuzione del salario, c’è anche una minore tutela dei diritti come ad esempio un rimborso del solo 70% in caso di malattia invece del 100% precedente, la riduzione dei permessi da 104 a 48 ore e il percepimento del solo 60% da Inail per quanto riguarda gli infortuni. A livello economico, la cifra retributiva massima all’ora è di 7,50 euro con un aumento di 45 euro mensili nei prossimi tre anni, e questo fa decadere le tutele che avevano i lavoratori con il contratto collettivo nazionale, riguardante l’aumento dovuto all’inflazione. I lavoratori si sono subiti resi conti della tipologia del contratto che l’azienda vuole proporre loro e per questo motivo lunedì aderiranno allo sciopero per farsi sentire”.
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Ma come ha fatto Assocontact ad agire in autonomia per far decadere il contratto nazionale? “La problematica è seria, perché potrebbe creare un pericolo precedente. Manca la legge sulla rappresentanza – dice Enrico Imolesi, segretario generale della Uil di Forlì – e dunque un sindacato come la Cisal, che non rappresenta i lavoratori, può dare il via libera ad una nuova tipologia di contratto senza nessun impedimento. Dovrebbero intervenire il Governo, le amministrazioni e Confindustria, perché si crea uno scenario in cui i sindacati più rappresentati come Cgil, Cisl e Uil, non possono intervenire. Asscontact inoltre rappresenta oltre 130mila persone in tutta Italia e dunque c’è il serio rischio che quanto accaduto nell’ambito delle telecomunicazioni, possa ripetersi. Siamo davanti a un caso di dumping contrattuale da manuale che ridurrà i salari, un gioco al ribasso sui diritti e le tutele dei lavoratori e delle lavoratrici”.
“E’ una mossa che serve alle aziende per far caricare i costi sui lavoratori in modo da poter poi rinvestire quelle somme su altri appalti, ma che è anche una sconfitta a livello personale per quanto la Cisl ha fatto negli ultimi anni”, sostiene Giacomo Andriano, segretario regionale Fistel Cisl. “Mi ferisce molto a livello personale quanto sta accadendo – sottolinea Maria Giorgini, segretario generale Cgil Forlì Cesena -. perché ricordo quanto abbiamo combattuto per far avere un contratto ai call center e per dargli i giusti diritti in ambito lavorativo. Anni di battaglie che sono stati cancellati da questa incredibile vicenda. In Ingo Forlì, il 90% delle persone che lavorano nell’azienda sono donne e la maggior parte ha un contratto part-time; l’applicazione del contratto Assocontact porterà delle conseguenze anche nella gestione familiare, perché molte di loro hanno figli. La perdita di tutele di questi lavoratori e lavoratrici è un problema che non può lasciare indifferenti le istituzioni del territorio, i committenti che si appoggiano call center per i loro servizi e nemmeno Confindustria, se le aziende usciranno dal contratto collettivo nazionale delle telecomunicazioni”.
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