Da Gaza al Sudan, distopia e attese dell’Intelligenza artificiale

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(a cura di Bernardo Venturi)

Durante i 467 giorni di guerra a Gaza Israele ha colpito ogni giorno centinaia di target. Le autorità israeliane hanno rivelato che, per mantenere il ritmo della guerra, le forze di difesa israeliane (IDF) hanno utilizzato vari sistemi di intelligenza artificiale (IA), tra i quali spicca Habsora (“il Vangelo”) per generare rapidamente centinaia di obiettivi da colpire, come rivelato anche da un’inchiesta del Washington Post. Un altro strumento di IA, Lavender, utilizza un punteggio percentuale per prevedere la probabilità che un palestinese sia un membro di un gruppo militante, consentendo all’IDF di generare rapidamente un ampio volume di potenziali obiettivi umani. Le inchieste di +972 Magazine, riprese anche da altre testate, hanno ascoltato fonti dirette coinvolte rilevando aspetti inquietanti. Per esempio, il sistema calcola il numero indicativo di vittime civili per ogni presento membro di Hamas da colpire tenendo come riferimento circa 15 civili per un membro di Hamas di basso livello fino a salire esponenzialmente per figure più alte. Il sistema Lavander è arrivato a individuare 37mila persone da colpire nel suo picco, permettendo agli attacchi di tenere un ritmo estremamente elevato.

Mentre la fragile tregua a Gaza è in corso, si è arrivati a 47 mila vittime (un abitante su 50 della Striscia di Gaza) e oltre 110 mila feriti diretti. Dalle testimonianze dirette emerge come il fattore umano nel processo di selezione dei target sia in buona parte divenuto meno centrale. Un flusso che appare regolamentato da logiche, numeri e dati incrociati ma che nel suo complesso ha perso ogni relazione non solo con il diritto internazionale e umanitario, ma anche con una dimensione propriamente umana. Un sistema distopico e inquietante, da normale e limitare. Ma regolamentare è solo un lato della medaglia.

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Questo tipo di evoluzione tecnologica va anche impiegata a supporto dei processi di pace. L’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico possono analizzare grandi quantità di dati e identificare modelli nascosti e coerenti, correlazioni e altre informazioni utili per l’analisi dei conflitti violenti, l’allerta precoce e la previsione dei conflitti, ma anche per combattere l’incitamento all’odio, indagare sulle violazioni dei diritti umani o analizzare temi come gli effetti del cambiamento climatico sui conflitti. Anche su questo, non si parla di un futuro lontano, ma di un presente che emerge.

Si pensi al lavoro fatto dalla ONG finnlandese CMI – The Marthi Assari Foundation che ha usato l’intelligenza artificiale per favorire la partecipazione al processo di pace in Sudan, dove la guerra scoppiata nell’aprile 2023 tra le forze armate sudanesi e le Forze di Supporto Rapido ha bloccato la transizione democratica che il paese stava attraversando. La CMI-Martti Ahtisaari Peace Foundation ha lanciato i dialoghi digitali supportati dall’intelligenza artificiale per comprendere le nuove priorità e prospettive nel mezzo del conflitto, soprattutto considerando l’accresciuta difficoltà di accesso a varie regioni del paese a seguito dello scoppio della violenza. L’organizzazione ha utilizzato Remesh, un software sviluppato per dialoghi scritti in tempo reale che presenta funzioni di analisi integrate basate sull’intelligenza artificiale in grado di elaborare grandi quantità di dati testuali. I risultati sono stati condivisi con i partecipanti attraverso gli stessi canali, in un ciclo di feedback per garantire che fossero a conoscenza dei risultati. In seguito, le informazioni raccolte hanno contribuito direttamente agli sforzi di CMI e sono state ampiamente condivise tra le principali parti interessate, comprese quelle internazionali.

Mentre la tecnologia abbraccia molti aspetti della nostra vita e attrae grandi investimenti, l’uso di tecnologie digitali avanzate nel peacebuilding appare un tema di nicchia, quasi la pace fosse un ambito ricercato e lontano. Come presentato nel concept della settima edizione del Bologna Peacebuilding Forum (7-9 maggio), mentre i processi di pace rimangono incentrati sulle persone e nei quali le interazioni personali sono cruciali, i recenti cambiamenti tecnologici stanno trasformando il campo. Serve quindi uno spazio per analizzare e discutere sfide e opportunità per la prevenzione dei  conflitti armati e per il peacebuilding nell’era digitale. L’ambizione è di essere pionieri di modi innovativi per affrontare i conflitti violenti e usare la tecnologia in modi intelligenti e sempre senza dimenticare che il fine è la sopravvivenza e il benessere delle persone.



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