Se stamattina vi siete svegliati piuttosto fomentati per l’uscita degli ultimi due episodi di M – Il figlio del secolo, ma anche se la state seguendo con indifferenza frammista a sdegno, vi sarete in ogni caso imbattuti, in uno dei primi due episodi, nella scena di un party futurista a casa di Margherita Sarfatti: pareti dalle trame lisergiche, un Filippo Tommaso Marinetti in vestaglia variopinta che declama Zang Tumb Tumb, Martini Cocktail con un paio d’olive come se non ci fosse un domani.
Se oltre alla serie state seguendo anche il dibattito che si è sollevato tutt’attorno, saprete che uno dei temi sensibili è quello della verosomiglianza storica che ha fagocitato l’esattezza: in questa rubrichetta parliamo di cibo, quindi l’aspetto che ci interessa è quanto quell’happening futurista somigliasse all’idea che FTM e compagnia danzante avevano di un ritrovo futurista, e la conclusione è che sulle abitudini gastronomiche dei paroliberisti come un po’ in altri campi, si sia attuata una semplificazione riduzionista. (In tutto quello che abbiamo scritto finora, per esempio, ci sono almeno tre definizioni che un futurista non ci avrebbe mai fatto passare, se indovinate quali sono scrivetecele).
Quella che secondo il critico Luca Beatrice, scomparso pochi giorni fa, è stata «l’unica vera avanguardia italiana del Novecento» ha avuto, piuttosto, nei confronti del bere e del mangiare, una sua estetica piuttosto radicata, codificata in quel tomo tanto affascinante quanto delirante che è il Manifesto della Cucina Futurista.
Quel che c’è venuta voglia di fare, quindi, è un power ranking (in futuristese come si sarebbe potuto chiamare? Poterlista?) delle dieci vivande (o mescidanze) più futuriste, classificate in base a godibilità organolettica, genialità e difficoltà di realizzazione (la difficoltà è un criterio premiante, per l’ardire futurista).
Piccolo dizionario futurista.
Prima, però, c’è bisogno di un vocabolario minimo, perché la cucina futurista ha i suoi lemmi, le sue parole chiave. Nella ristorazione futurista (il cui sancta sanctorum era la taverna Santopalato a Torino) l’accoglienza è demandata al guidapalato (che sarebbe il maître), che per prima cosa ti porgerà la listavivande (il menu) in cui sono indicati i consumati (consommé), le poltiglie (le puree) e via via fino ai peralzarsi (i dessert), ovviamente affiancati da un’offerta di polibibite (cocktails) ideati dal mescitore (barman), che si possono consumare anche al quisibeve (bar) magari sbocconcellando un traidue (sandwich), che è anche il piatto perfetto per un pranzalsole (picnic).
Gli intenti, insomma, sono evidenti: la cucina futurista rifugge l’esterofilia, e riconosce nei suoi capisaldi l’esotismo, l’eroismo e l’erotismo, grimaldelli attraverso i quali sovvertire le regole per abbracciare una dimensione estetica del mangiare complessa, non solo lontana ma nemica della tradizione «della sora felicetta e dello spaghettaro».
Ciò detto: siamo pronti a far fare zang tumb tumb alle nostre papille gustative?
10. Aerovivanda
Godibilità organolettica: 6
Genialità: 10
Difficoltà di realizzazione: 3
Questo, forse, più che un piatto è un’esperienza: alla destra del commensale arriva un piatto con delle olive nere, dei cuori di finocchio e dei chinotti. Alla sinistra viene posto un rettangolo formato da carta vetrata, seta, velluto. Il commensale porterà il cibo alla bocca con la mano destra, mentre con la sinistra sfiorerà leggermente e ripetutamente il rettangolo tattile, mentre i camerieri cospargeranno la sua nuca con un profumo di garofano. Dalla cucina giungerà un violento rumore di motore di aeroplano, e insieme un movimento di Bach.
9. Banana a sorpresa
Godibilità organolettica: 9
Genialità: 3
Difficoltà di realizzazione: 6
Sovvertimento delle convenzioni, richiami neocolonialistici e pure leggermente falloevocativi, la ricetta della banana a sorpresa è semplice: basta praticare un foro lungo tutta la banana sbucciata e riempirlo con carne tritata di pollo, per poi metterla a fuoco in un tegame imburrato aggiungendo, poco a poco, sugo di carne e legumi.
8. Tavola parolibera marina
Godibilità organolettica: 7
Genialità: 9
Difficoltà di realizzazione: 4 (un eventuale punto in più per la scultura di formaggio)
Un grande classico della cucina futurista sono i piatti scenografici, veri e propri allestimenti teatrali. Qua, per esempio, sopra un mare di insalata ricciutella, a pioggia, con frammenti di ricotta che ricordano lo spumeggiare delle onde, naviga un mezzo melone. A prua, scolpito nel formaggio d’Olanda, alla guida di un equipaggio «moscio, abbozzato nelle cervella di vitello cotta nel latte», un «comandantino» indica uno scoglio fatto di Panforte di Siena. Il comandantino, ovviamente, è l’ultima cosa che mangerete, perché si sa che il comandante è l’ultimo ad abbandonare la nave.
7. Dolceforte
Godibilità organolettica: 8
Genialità: 4
Difficoltà di realizzazione: 3
Non è che tutti i giorni il futurista ha voglia di mettersi a decuocere, infondere, squagliare e montar su impalcature di cibo: a volte basta un traidue, due fette di pane spalmate di senape, in mezzo acciughe e banane, evviva la semplicità
6. Fragolamammella
Godibilità organolettica: 9
Genialità: 9
Difficoltà di realizzazione: 4
L’erotismo è una componente presentissima nei piatti della cucina futurista (altri nomi di ricette? Uomodonnamezzanotte, Ultravirile, Porcoeccitato, ma NO SPOILER sulle ricette).
Il fragolamammella consiste in «due mammelle femminili erettili» fatte di ricotta rosata al campari e capezzoli di fragola candita. Altri capezzoli saranno inseriti all’interno della copertura di ricotta così da dare l’impressione di «mordere un’ideale moltiplicazione di mammelle immaginarie».
5.Profumi prigionieri
Godibilità organolettica: 8
Genialità: 8
Difficoltà di realizzazione: 7
Un divertissement, declinabile però in un sacco di maniere. Si parte da vesciche coloratissime, all’interno delle quali si immettono essenze prima di gonfiarle e scaldarle leggermente, in modo da vaporizzare i profumi e rendere turgidi gli involucri. Si servono insieme al caffè, in piccoli piatti caldi: il commensale, con la punta di sigaretta, brucerà le vesciche facendo fuoriuscire il profumo d’accompagnamento al caffè.
4. Balzo d’ascaro
Godibilità organolettica: 10
Genialità: 4
Difficoltà di realizzazione: 8
Mh, qua è complicato valutare perché questa ricetta non è di un paroliberista ma di Angelo Giachino, patron della taverna del Santopalato, uno che sembra più un cuoco vero. Si tratta di cuocere una coscia di montone con lauro, pepe, rosmarino e aglio, per poi aggiungere datteri farciti con pistacchi salati e servire con una riduzione di vino bianco secco e succo di limone.
3. Brucioinbocca
Godibilità organolettica: 9
Genialità: 9
Difficoltà di realizzazione: 8
Ecco la polibibita che ci faremmo preparare ogni volta dal nostro mescitore di fiducia: un fondo di whisky (urca che nome esterofilo, chiamiamolo cerealistillato) in cui sono immerse amarene sottospirito preventivamente cosparse di pepe di caienna: un divisorio impermeabile di latte e miele, diciamo un centimetro, sopra il quale una volta verseremo vermut, un’altra strega, un’altra ancora alkermes, a gusto.
2. Carneplastico
Godibilità organolettica: 9
Genialità: 7
Difficoltà di realizzazione: 7
Piatto iconico della cucina futurista, il carneplastico è una grande polpetta cilindrica di carne di vitello arrostita ripiena di undici qualità diverse di verdure cotte. Disposto verticalmente al centro del piatto, il polpettone è incoronato da un cappello di miele, e cinto alla base da un anello di salsiccia «che poggia su tre sfere dorate di carne di pollo».
1.Cotoletta-tennis
Godibilità organolettica: 8
Genialità: 9
Difficoltà di realizzazione: 9
Piatto perfetto per il doposgambetto su terre rosse, consiste in una cotoletta di vitello cotta al burro e tagliata a forma di telaio di racchetta, le cui maglie sono ricalcate da un sottile strato di pasta di mascarpone sul quale vengono tracciate alcune linee con salsa di pomodoro mescolata a rum. Per disegnare il manico della racchetta ci serviremo di un’acciuga. Al lato della racchetta, pallottole sferiche fatte di ciliegie sottospirito avvolte da una pasta di ricotta, uova, formaggio e noce moscata.
In caso di dimensioni ridotte della cotoletta si può ripiegare su un cotoletta-padel, probabilmente, ma bisognerebbe capire cosa ne pensasse Marinetti, del padel.
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