Perché per gli italiani sarà sempre più difficile comprare casa e come deve intervenire il governo Meloni

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Comprare casa, ma anche vivere in affitto, nelle grandi città è ormai quasi impossibile per dieci milioni di italiani. La situazione peggiorerà nei prossimi anni, è il momento di intervenire con decisione, e alcune novità in Europa potrebbero aiutare. Ma il governo Meloni deve cogliere l’opportunità. Piero Petrucco, vicepresidente di Anche, ha spiegato la situazione a Fanpage.it.

Intervista a Piero Petrucco

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Vicepresidente Ance e presidente Federazione europea industria costruzioni

Uno studio di Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori edili, ha rivelato che in Italia è di fatto impossibile per milioni di persone comprare casa in una grande città, e in molti casi anche pensare di viverci in affitto. Non si parla solo dei quattro o cinque centri più grandi a livello nazionale, ma anche di molti capoluoghi di Regione o di provincia. In questi mesi, però, c’è più di un progetto in lavorazione a livello nazionale e soprattutto europeo per provare a migliorare la situazione.

Fanpage.it ha intervistato Piero Petrucco, vicepresidente di Ance (con delega proprio al Centro studi che ha svolto l’analisi) e presidente della Federazione europea dell’industria delle costruzioni. La difficoltà di abitare nei grandi centri è destinata a peggiorare, ha detto Petrucco, anche per le dinamiche demografiche che vediamo in Italia. Ma ora è il momento di intervenire, anche sull’onda di un certo “fermento” in Europa sul tema della casa.

Comprare casa, o anche vivere in affitto, è più difficile oggi rispetto al passato?

Per le famiglie il problema casa è sicuramente è peggiorato negli ultimi anni, nelle grandi città la situazione è estrema. Ma si inserisce in una tendenza che non è di oggi e che riguarda tutta l’Europa.

Il vostro studio ha rilevato che in molte città le famiglie a basso reddito dovrebbero spendere più della metà delle proprie entrate solo per pagare l’affitto o le rate del mutuo per la casa. E la situazione è difficile anche per la cosiddetta ‘fascia grigia’, cioè chi ha un reddito troppo alto per entrare nelle case popolari ma troppo basso per comprare un’abitazione.

Sì, abbiamo cercato di misurare questo fenomeno e il risultato non è stato sorprendente. I numeri sono talmente alti che non si può pensare che il fenomeno rientri da solo in modo fisiologico.

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Dov’è la situazione peggiore in assoluto?

Sicuramente a Milano, lo mostrano i dati. Per capirlo basta pensare che la differenza di reddito tra Milano e una grande città, ad esempio, del Friuli, non è così ampia quanto lo è la differenza di valore di una casa. Se a Udine compri a 2mila euro al metro quadro, per un edificio nuovo in classe A, a Milano sei sui 6mila euro al metro quadro. E i valori immobiliari si trascinano quelli degli affitti. Ma il reddito medio a Milano certamente non è tre volte più alto di quello di Udine. Lo stesso ragionamento si può applicare nel rapporto tra le grandi città e quelle medio-piccole. È evidente che il problema diventa esplosivo.

Cosa ci aspetta nei prossimi anni?

Un altro dato che abbiamo rilevato è la netta tendenza all’urbanizzazione. Ovvero, la popolazione nelle città sopra i 100mila abitanti aumenterà, mentre in quelle piccole, invece, calerà. Questo ci dice che la situazione è destinata a peggiorare, non a migliorare. Quindi serve assolutamente un piano adeguato per fronteggiare questo problema.

Come deve rispondere la politica?

Innanzitutto deve seguire quello che verrà dal Piano europeo per gli alloggi a prezzi accessibili (o European affordable housing plan). Sappiamo che si sta valutando anche di utilizzare i fondi rimasti del Pnrr per attivare un piano per la casa che aiuti la famosa ‘fascia grigia’.

E per chi invece avrebbe diritto alle abitazioni popolari? Spesso i posti mancano. 

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Servono anche piani di housing sociale. Ci sono esempi che sono già stati fatti, su piccola scala, anche in Italia, come i fondi Fia (Fondo investimenti per l’abitare, ndr). L’intervento non può essere solo pubblico ma neanche solo privato, e toccare più settori.

Ci fa un esempio concreto?

La Spagna, per esempio, ha penalizzato in maniera molto forte gli affitti brevi e ha attuato una totale defiscalizzazione ai proprietari che mettono in affitto a prezzo equo le loro case. Noi di Ance con Confindustria abbiamo elaborato un piano casa che chiede di mettere insieme una serie di strumenti. Non basta un semplice incentivo alle imprese, e servono fondi importanti. .

I soldi a disposizione sono sempre pochi, però, come il governo ha sottolineato più volte mentre scriveva l’ultima legge di bilancio.

Questo non è un tema su cui si può dire “non ci sono i soldi”. I soldi bisogna capire come prenderli, va attivato il contributo del mondo privato. Speriamo che questo venga recepito in tempi non biblici. Dovrebbe essere un tema bipartisan: destra, sinistra, centro, è difficile essere contro una politica di accessibilità alla casa, no?

Come si è mosso il governo Meloni finora?

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Bisogna andare avanti su progetti e iniziative che sono stati realizzati su scala troppo ridotta, renderli concreti a li. Anche le parti, come Confindustria, hanno capito che bisogna esercitare un ruolo, non si può stare in attesa che qualcuno risolva il problema. Adesso l’attenzione al problema è stata posta, la sensibilità è cresciuta rispetto a qualche anno fa.

L’attenzione è stata troppo bassa in passato?

Diciamo che il problema è vecchio. I progetti sull’housing sociale che iniziavano a pensare alla ‘fascia grigia’ sono del 2011-2012, ma non sono stati sviluppati abbastanza. Adesso è il momento di fare un salto. Anche perché c’è un supporto europeo che prima non c’era.

In Ue è nata una Commissione speciale dedicata alla casa. È un buon punto di partenza?

La commissione in questione – tra l’altro presieduta dall’eurodeputata italiana Irene Tinagli – sembra promettente. Hanno un ‘piano dei cento giorni’, quindi nel giro di tre o quattro mesi dovremmo riuscire a capire se c’è qualche provvedimento pratico.

In generale, come detto, il supporto europeo è più forte che in passato. Per la prima volta c’è un commissario europeo alla casa. La Banca europea per gli investimenti si è già mossa con dei gruppi di lavoro – al quale abbiamo partecipato anche noi come Ance – per trovare gli strumenti finanziari adatti a intervenire. Le prime indicazioni dovrebbero arrivare entro marzo. C’è fermento. Anche noi in Italia dobbiamo seguire questo filone, non lasciarlo sul piano degli annunci.

Perché l’Unione europea ha iniziato a fare più attenzione alla questione?

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Perché siamo messi male tutti nella stessa maniera, verrebbe da dire. Abbiamo fatto una ricognizione per confrontare il fabbisogno abitativo annuale delle persone e quanto si riesce a realizzare: siamo sotto il 50% in praticamente tutti i Paesi d’Europa. C’è un gap enorme dappertutto. Nel brutto, è una notizia positiva. Non ci dividiamo tra Paesi ‘frugali’ da una parte, i soliti Stati mediterranei che chiedono più soldi dall’altra…c’è un interesse comune a trovare delle soluzioni.





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