Santanchè, la Cassazione: il processo resta a Milano. La Russa: «Dimissioni? Adesso valuti lei»

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«Va avanti, è tranquilla», garantisce chi, Daniela Santanchè, l’ha sentita di buon mattino, prima di riprendere l’aereo, al termine della missione in Arabia Saudita. La scelta della Cassazione di lasciare a Milano l’inchiesta che la vede imputata per la presunta truffa ai danni dell’Inps «non cambia nulla», ripetono dallo staff della ministra. Ma il voto del silenzio da via della Scrofa, più che placare gli animi, amplifica le parole della seconda carica dello Stato che parla di «un altro elemento da valutare». Una cautela che le opposizioni trasformano, subito, in un caso: «Scaricata anche da La Russa». Ma la percezione, a microfoni spenti, che consegnano vari esponenti della maggioranza, è che il caso Almasri rappresenti un salvagente politico per la “Santa”. Almeno per il momento.


 

La giornata

Nessuna dichiarazione ufficiale, se non quella legale del difensore di Daniela Santanchè, Nicolò Pelanda. Convinto che sia «una follia» che la notizia sulla decisione relativa alla competenza territoriale del procedimento sia stata passata prima ai giornali che agli avvocati. Era stato lui mesi addietro a chiedere di spostare la sede del processo da Milano a Roma. Con la motivazione che è nella Capitale che si è verificato il primo pagamento a uno dei dipendenti di Visibilia in cassa integrazione, ed è sempre qui ad essere istallato il server dell’Inps. Da alcuni, però, quello di ieri, era visto soprattutto come uno spartiacque politico: il no al trasferimento e la conseguente accelerazione dell’iter giudiziario avrebbe reso più concreto, per Santanchè il rischio di se lasciare il ministero di via di Villa Ada. Quella che doveva essere una “bomba ad orologeria”, invece, non è esplosa. Lo fanno intendere anche le parole di Giovanni Donzelli: «Non credo che cambi nulla», assicura il responsabile Organizzazione di FdI. Poi, il silenzio fuori e dentro il partito della premier. Ignazio La Russa, alla fine del convegno della Fondazione Tatarella, in Senato, per i 30 anni di An decide, invece, di parlare:

«Credo che Daniela, quando ha detto che avrebbe valutato, può darsi che valuti anche questo», Poi, però precisa: «Però non l’ho sentita, anzi me lo hanno appena detto della sentenza. Non ci ho ragionato». E comunque, ribadisce: «È un elemento di valutazione». Un commento cauto nei confronti dell’amica di sempre, capace di scatenare una gara di esegesi. E così, per il dem Arturo Scotto, anche La Russa avrebbe deciso di scaricarla, chiedendole di valutare «le possibili dimissioni». Per altri, anche nel centrodestra, sarebbe un ulteriore segnale dell’isolamento della ministra. Ma i più vicini al presidente smentiscono che le abbia voltato le spalle: «La Russa ha detto le stesse parole di Santanchè». Che, in effetti, da Gedda, aveva preannunciato che sarebbe stata lei a valutare l’impatto sul suo lavoro delle vicende giudiziarie che la riguardano. Insomma, nessun redde rationem al rientro dall’Arabia Saudita o sortita a palazzo Chigi per incontrare la premier, come pure preannunciava la scelta del volo per Milano. Nel calendario della “Santa” rimangono due date cerchiate in rosso: la prima, l’11 febbraio, quando l’aula di Montecitorio, voterà la mozione di sfiducia presentata dal M5s.

Un appuntamento che, secondo La Russa non rappresenta un problema: «Le mozioni individuali rafforzano chi le subisce». Salvo blindare in Aula un esponente di Governo che di lì a poco potrebbe subire un nuovo rinvio a giudizio. E poi, il 27 marzo, quando riprenderà, a Milano, l’udienza preliminare sul caso, che potrebbe concludersi entro maggio. La ministra non sembra intenzionata a porsi il problema delle dimissioni fino a quando non si concretizzerà un secondo rinvio a giudizio. Fiduciosa, come ha già ribadito, che FdI sia un «partito garantista». Né tantomeno Meloni vuole forzare la mano, in una fase di tensioni con la magistratura, alimentata dalla vicenda Almasri, che la vede indagata. Con il timore sottaciuto che anche uno stallo prolungato – come una decisione precipitosa – possa logorare lei e il suo Esecutivo. Se non si vedranno a Chigi – o sarà difficile farlo la prossima settimana per impegni d’agenda – non è detto che la premier e Santanchè non si incrocino alla direzione nazionale di Fratelli d’Italia di sabato. La partecipazione di entrambe è in forse. Anche per Santanchè, parafrasando Boskov, vale il motto calcistico: «Partita finisce quando arbitro (o Meloni) fischia».





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