Terra dei fuochi, l’Italia condannata: ha ignorato per anni il rischio ambientale

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La Corte europea dei diritti dell’uomo dà 2 anni all’Italia per mettere in campo una strategia nazionale per risolvere un problema noto da oltre 20 anni.

L’Italia non sta facendo nulla o quasi per risolvere il disastro ambientale della Terra dei fuochi, in Campania, compromettendo di fatto il diritto alla salute e a un ambiente sicuro per tutti i cittadini della zona, e non solo. Lo mette nero su bianco la Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha emesso ha emesso una sentenza storica condannando lo Stato italiano per la sua prolungata inazione: secondo la Corte di Strasburgo, l’Italia ha violato l’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (diritto alla vita), esponendo milioni di cittadini a un rischio sanitario e ambientale “sufficientemente serio, reale e accertabile” e qualificabile come “imminente”.

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Terra dei fuochi, un disastro annunciato

Il caso riguarda l’abbandono, l’interramento e la combustione illegale di rifiuti, spesso per mano della criminalità organizzata, nella zona della Campania nota come Terra dei fuochi, che comprende in particolare le provincia di Napoli e Caserta e dove vivono circa 2.9 milioni di persone: un fenomeno documentato ormai da decenni, che ha causato l’inquinamento delle falde acquifere e un aumento significativo dei casi di tumore tra la popolazione locale. La Corte, nella sua sentenza, ha rilevato che lo Stato italiano era a conoscenza della situazione da molti anni, ma non ha agito con la necessaria prontezza e diligenza per valutare il problema, prevenirne il protrarsi e informare adeguatamente i cittadini coinvolti.

L’inchiesta della Corte ha messo in evidenza una serie di carenze da parte dello Stato italiano, tra cui ritardi nelle valutazioni ambientali: il governo ha agito con estrema lentezza nel determinare gli effetti dell’inquinamento, nonostante le evidenze scientifiche consolidate. È mancato anche un piano d’azione coordinato, e ciò ha impedito una bonifica efficace del territorio.

Inoltre secondo la Corte le misure sanitarie introdotte sono state insufficienti: solo dal 2013 sono stati potenziati gli screening oncologici, ma il ritardo ha compromesso la tutela della salute pubblica. Anche dal punto di vista dell’azione penale, secondo i giudici di Strasburgo, l’Italia ha latitato, esercitando uno scarso contrasto ai crimini ambientali, con un numero di condanne per reati ambientali esiguo rispetto alla gravità della situazione. E in ultimo, ma non ultimo, c’è stata carenza di trasparenza: per lungo tempo, le informazioni sui rischi sanitari e ambientali sono rimaste segrete, privando i cittadini del diritto di conoscere il pericolo a cui erano esposti.

Accuse che, paradossalmente, trovano riscontro anche nella relazione sulle attività illecite del ciclo dei rifiuti, illustrata nelle stesse ore dalla Commissione parlamentare di inchiesta istituita ad hoc in Parlamento, e che riserva un capitolo proprio alla situazione della Terra dei Fuochi: sono nel solo 2023, si legge nella relazione, sono stati individuati oltre 250 siti di smaltimento illegale e sequestrate più di 1.200 tonnellate di rifiuti tossici. La relazione ha anche evidenziato un aumento del numero di roghi dolosi, con oltre 1.500 episodi registrati nell’ultimo anno, che rilasciano nell’aria diossine e altri agenti tossici, aggravando ulteriormente la crisi sanitaria nella regione. La relazione riporta anche studi epidemiologici che rilevano un incremento dei tumori infantili del 40 per cento rispetto alla media nazionale, in particolare nelle province di Napoli e Caserta, e denuncia essa stessa la mancanza di un efficace sistema di controllo e carenze nei processi di bonifica.

Due anni per risolvere la situazione

In base all’articolo 46 della Convenzione, la Corte ha imposto all’Italia di adottare misure correttive entro due anni. Tra le richieste principali vi sono l’elaborazione di una strategia nazionale per affrontare la crisi ambientale, l’istituzione di un meccanismo di monitoraggio indipendente, la creazione di una piattaforma pubblica che raccolga e diffonda informazioni trasparenti sui rischi e le azioni intraprese.

Legambiente, nel 2003 per la prima volta coniò il termine Terra dei Fuochi nel suo rapporto sulle rcomafie, parla di una sentenza “che richiama alla responsabilità un’intera classe politica bipartisan che per anni ha sottovalutato, nascosto quello che accadeva in quel territorio. La Terra dei fuochi è una terra “martoriata” nella sua essenza più profonda ed ignorata per decenni da una classe politica trasversale che non è riuscita ad adottare soluzioni serie e concrete”.

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