Terra dei fuohi, il promotore del ricorso: “Risarcimento morale alle nostre lotte”

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ROMA – “Questa è una sentenza storica, un primo punto d’arrivo: si inizia a dare giustizia a un territorio che la chiede da anni. Ma, adesso, ci aspettiamo che dalle chiacchiere si passi ai fatti. Abbiamo bisogno di azioni mirate, di bonifiche, di leggi dello Stato che vengano finalmente applicate. Di uno Stato che tuteli realmente un diritto sacrosanto dei cittadini: quello alla salute, alla vita”. Alessandro Cannavacciuolo è il primo firmatario del ricorso presentato alla Corte europea dei diritti dell’uomo che quest’oggi ha condannato l’Italia per aver “messo a rischio” la vita dei residenti della Terra dei Fuochi. Cannavacciuolo si confinda con la Dire, affermando che lo Stato italiano, per vent’anni, “non ha fatto altro che girarsi dall’altra parte”. Le istituzioni italiane hanno ora due anni di tempo per realizzare una serie di interventi tesi a combattere l’inquinamento ambientale in quest’area della Campania: “Credo che serva un vero e proprio Piano Marshall, che parta dallo stanziamento di fondi affinché si facciano subito le bonifiche. E, inoltre, serve uno studio specifico sullo stato di salute della popolazione”, dice Cannavacciuolo. L’attivista ambientale accoglie la sentenza della Cedu come un “risarcimento non tanto economico, ma morale” per i cittadini della Terra dei Fuochi – circa 2,9 milioni di persone, residenti in un’area che comprende 90 comuni – che “quando scendevano nelle piazze – racconta – sono stati derisi, sono stati offesi, spesso accusati di volere il male del territorio, di apportare pubblicità negativa, denigrando la loro stessa terra, creando un danno economico.

Il nostro obiettivo era un altro: quello di tutelare ciò che restava di buono, di lottare affinché il nostro territorio potesse essere rilanciato, ritornare vivibile”.La storia di questo caso, che la Corte di Strasburgo ha denominato “Cannavacciuolo e altri contro Italia”, nasce proprio dalle quelle prime lotte ambientaliste nate in Campania. I cittadini – in 41, oltre dieci anni fa, hanno promosso il ricorso, insieme a cinque associazioni – erano uniti da una provenienza comune, ma anche da una storia personale, che li legava a ciascuno degli effetti determinati dall’inquinamento ambientale. Come quella di Alessandro Cannavacciuolo, di Acerra, in provincia di Napoli, che viene da una famiglia di pastori: “A partire dai primi anni Duemila – ricorda – gli agnelli nascevano con delle malformazioni. Ci siamo chiesti che cosa non andasse. E da lì è iniziato tutto, come la scoperta che gli imprenditori del territorio utilizzavano i rifiuti come compost. Questi imprenditori, dopo anni e anni di battaglie, sono stati condannati a pene irrisorie”. Si riferisce ai fratelli Giovanni, Cuono e Salvatore Pellini, a cui sono stati sottratti beni per oltre 200 milioni di euro. “Quei soldi erano il frutto delle loro attività illecite. Eppure, per un cavillo giuridico, dopo quel sequestro, i beni gli sono stati restituiti. Una lunga battaglia ci ha consentito di ottenere un nuovo sequestro di beni, ora siamo in attesa della confisca”.Ma sono stati numerosi gli imprenditori del settore rifiuti che hanno utilizzato queste stesse modalità di sversamento, interramento, incenerimento di migliaia e migliaia di tonnellate di rifiuti altamente pericolosi, trasformando le province di Napoli e Caserta in discariche a cielo aperto, date spesso alle fiamme: “sono i soggetti, come ha riconosciuto la magistratura, che hanno violentato la nostra terra. Sono loro a doversene andare, noi vogliamo restare”. La storia di Terra dei Fuochi unisce anche tante famiglie che hanno lottato e lottano contro i tumori. La Corte, nella sentenza, afferma che sul territorio “si è verificato un aumento dei tassi di cancro”, ritenendo, in particolare, come lo Stato italiano non fosse riuscito a “far fronte a una situazione così grave con la diligenza e la rapidità richieste, pur essendo a conoscenza del problema da molti anni”. Intanto, se il problema dei roghi di rifiuti ha oggi “mutato pelle” (“ci sono meno roghi – dice Cannavacciuolo -, ma si accumulano più rifiuti. Quindi, gli incendi che ci sono hanno una portata e un impatto ambientale ancora più forte”), le patologie oncologiche continuano drammaticamente a interessare il territorio. “Dieci anni fa – spiega – avevamo un caso di tumore in ogni famiglia, oggi invece i casi sono diventati due, se non tre. Gli abitanti della Terra dei Fuochi hanno tutti lo stesso problema, in nessuna famiglia non ci sono casi di cancro, e la popolazione si sta decimando. Quando mio padre ha saputo della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha detto che è bene che qualcuno ci riconosca che avevamo ragione, ma i nostri morti nessuno ce li ridarà indietro”.





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