A chi spetta la competenza a decidere la prescrizione di cartelle esattoriali?

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Le Sezioni Unite della Cassazione hanno stabilito che la prescrizione del credito tributario, maturata dopo la notifica di una cartella esattoriale, deve essere contestata davanti al giudice tributario e non a quello ordinario. Questo chiarimento scioglie i dubbi interpretativi sorti in passato e stabilisce un criterio definitivo sulla giurisdizione competente.

Quando un contribuente riceve una cartella esattoriale e successivamente non paga, il debito può cadere in prescrizione. Ma cosa succede se l’Agenzia delle Entrate-Riscossione tenta comunque di recuperare quel credito, ad esempio attraverso un pignoramento? A chi spetta la competenza a decidere la prescrizione delle cartelle esattoriali: al giudice tributario o a quello ordinario? Quali sono le regole sulla giurisdizione?

Fino a oggi, questa domanda ha generato incertezze e numerosi “rimpalli” tra i due organi giudicanti. Tuttavia, la Cassazione a Sezioni Unite, con l’ordinanza n. 2098 del 30 gennaio 2025, ha finalmente chiarito la questione, stabilendo che la competenza spetta al giudice tributario anche quando la prescrizione del debito avviene dopo la notifica della cartella di pagamento.

Esaminiamo più nel dettaglio la questione e le sue implicazioni pratiche.

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Cosa dice la legge sulla prescrizione delle cartelle esattoriali?

Quando l’Agenzia delle Entrate-Riscossione notifica una cartella di pagamento, il contribuente ha un certo periodo di tempo per pagare il debito o impugnarlo:

  • 30 giorni per le cartelle relative a sanzioni amministrative o multe stradali;
  • 40 giorni per le cartelle relative a contributi previdenziali INPS o assistenziali INAIL;
  • 60 giorni per le cartelle relative a tasse e imposte.

Se il contribuente non agisce, la cartella diventa definitiva. Tuttavia, il diritto di riscossione dello Stato non è eterno: se l’ente creditore non avvia azioni esecutive entro un determinato numero di anni, il debito si prescrive.

Ad esempio:

  • per i tributi erariali (IRPEF, IVA, IRES, imposta di registro, imposta catastale, ecc. ) la prescrizione è di 10 anni.
  • per le multe stradali e tutte le altre sanzioni amministrative la prescrizione è di 5 anni;
  • per IMU, TARI e tutte le altre imposte dovute agli enti locali la prescrizione è di 5 anni;
  • per il bollo auto la prescrizione è di 3 anni.

Se la prescrizione si verifica, il contribuente può contestare l’eventuale successiva richiesta di pagamento. Non può tuttavia far annullare la cartella prescritta poiché i termini per ricorrere contro quest’ultima sono ormai decorsi. Sul punto leggi Cartella di pagamento: che fare in caso di prescrizione?

Cosa succede se il Fisco tenta comunque di recuperare il credito prescritto?

Può accadere che, nonostante il debito sia ormai prescritto, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione notifichi una intimazione di pagamento o proceda con un pignoramento presso terzi (ad esempio, bloccando il conto corrente del contribuente) o ancora notifichi un preavviso di fermo o di ipoteca.

A questo punto, il contribuente deve difendersi e contestare la validità dell’azione. Ma a chi deve rivolgersi?

Fino a oggi, non c’era un orientamento chiaro: alcune sentenze indicavano che la questione dovesse essere trattata dal giudice ordinario, altre dal giudice tributario.

Nel 2020, una sentenza della Cassazione (n. 7822/2020) aveva stabilito che, se la prescrizione era maturata dopo la notifica della cartella, il contribuente doveva rivolgersi al giudice ordinario. Questa interpretazione ha creato confusione e difficoltà pratiche.

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Ora, con la nuova ordinanza n. 2098/2025, le Sezioni Unite hanno chiarito che la questione deve essere trattata dal giudice tributario anche se la prescrizione è avvenuta dopo la notifica della cartella.

Questa decisione mette fine a un’interpretazione incerta che aveva generato il rischio di ricorsi respinti per incompetenza e lunghi contenziosi inutili.

Ad esempio, immaginiamo un contribuente che:

  1. riceve una cartella nel 2010 per un debito IRPEF;
  2. non paga e nessun atto di riscossione viene notificato per i successivi 10 anni;
  3. nel 2023, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione gli invia un’intimazione di pagamento;
  4. il contribuente sa che il debito è prescritto e vuole impugnare l’atto.

Fino a questa sentenza, non era chiaro a chi dovesse rivolgersi: giudice ordinario o tributario? Ora sappiamo che deve fare ricorso al giudice tributario.

Se il giudice tributario riconosce la prescrizione, cosa succede?

Se il giudice tributario accerta che il credito è prescritto:

  • la cartella esattoriale e tutti gli atti successivi vengono annullati;
  • il contribuente non è più tenuto a pagare nulla;
  • eventuali pignoramenti vengono revocati e i soldi eventualmente prelevati devono essere restituiti.

Cosa deve fare il contribuente per far valere la prescrizione?

La prescrizione opera in automatico, senza bisogno che vi sia un apposito procedimento. Tuttavia, nel caso in cui sopraggiunga una richiesta di pagamento da parte dell’Esattore, il contribuente dovrà impugnarla nei termini; diversamente il debito diventa definitivo e non si potrà più far valere la prescrizione. Ecco dunque cosa fare:

  1. verificare la data di notifica della precedente cartella di pagamento;
  2. controllare se sono passati i termini di prescrizione;
  3. se il debito è prescritto, presentare ricorso al giudice.



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