Catania, per la sparatoria al Pigno della vigilia di Natale possibili input da alcuni arresti e sequestri

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Il caso

L’arresto del 27enne Luigi Zanghì potrebbe aprire possibili nuove e importanti vie su quanto successo lo scorso 24 dicembre

Di Laura Distefano |

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L’arresto del 27enne Luigi Zanghì, con un piccolo arsenale diviso tra auto e casa, potrebbe aprire possibili nuove e importanti vie investigative per far luce sulla sparatoria avvenuta al Pigno la vigilia di Natale.Quel pomeriggio del 24 dicembre rimase ferito un ragazzo: una pallottola lo colpì alla testa. La raffica di pistolettate danneggiò anche una macchina che si trovò per caso nella traiettoria di quello che era un vero e proprio inseguimento con diversi mezzi coinvolti. Uno dei motociclisti è caduto a terra in via Degli Agrumi, siamo a pochi metri dall’entrata al parcheggio del centro commerciale Le Porte di Catania. I ragazzi di una Panda lo caricano e lo lasciano al pronto soccorso dell’ospedale San Marco a Librino.

C’è la puzza della mafia in quei fatti. Collegati al controllo della piazza di spaccio di via dei Sanguinelli. Per un po’ di tempo quella zona è stata controllata da un “cane sciolto” del clan Cappello senza troppi problemi. Poi il signore della droga è finito qualche anno fa in carcere e ha lasciato i suoi delegati, tra parenti e picciotti. Ma in questi ultimi mesi un esponente dei Santapaola ha finito di scontare una condanna ed è tornato a casa. Al Pigno. Il personaggio sembra non aver accettato di buon grado che quel territorio portasse un marchio mafioso diverso da quello di Cosa Nostra. E tra discussioni e pistolettate si sarebbe arrivati alla sparatoria del 24 dicembre.

I carabinieri della compagnia di Fontanarossa hanno in mano il mini arsenale di Zanghì e dall’analisi delle due pistole Beretta – ricordiamolo con il proiettile pronto ad essere esploso – potrebbe arrivare qualche spunto oppure riscontro investigativo per chiudere il cerchio. Soprattutto per mettere a tacere possibili prove muscolari con l’uso ancora di armi. Qualche giorno fa sono stati sequestrati a casa di un altra persona – poi denunciata all’autorità giudiziaria – quattro caricatori di pistole. Sempre nella stessa zona. E anche questa volta è stato preso un cellulare. Convalidato il sequestro dei pezzi di arsenale, è stato fissato l’accertamento sui telefonini sia di Zanghi che dell’altro indagato.

I soldi della droga fanno troppa gola alla mafia: assicurano mantenimento alle famiglie e ai detenuti. Santapaola e Cappello non si possono certo fare scappare questo business da sotto le mani. Figurarsi se poi è sotto casa.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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