Il nuovo clima che c’è in Europa

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Questa settimana sono stato a Bruxelles con una delegazione della nostra Regione, composta dal presidente e dagli assessori più coinvolti nelle tematiche europee. Sono stati due giorni pieni di incontri di alto livello, utili per capire che aria tira all’inizio di questa nuova legislatura europea.

L’impressione che ne ho tratto è che il clima stia cambiando, ma non si sia ancora del tutto al riparo dalle derive ideologiche che hanno caratterizzato la parte finale della scorsa legislatura. Il cambiamento che avvertiamo non riguarda solo il clima meteorologico – sebbene mi abbia sorpreso quanto fosse mite la temperatura, persino lì, in questi giorni di fine gennaio – ma soprattutto quello politico. Il Parlamento europeo oggi è tornato a essere più centrale e meno incline a cedere pedissequamente alle volontà della Commissione, in particolare in materia ambientale e di politica industriale.

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Agricoltura

 

La Commissione Von der Leyen 2 sembra un po’ Mezio Fufezio: tesa, divisa e speriamo che non venga smembrata tra la continuità con le politiche del passato (voluta da socialisti e verdi) e la necessità di correggere il tiro, ascoltando le numerose critiche che giungono dai territori e da vari settori imprenditoriali, richieste da popolari e conservatori. Critiche feroci in particolare sul Green Deal europeo in “salsa Timmermans”, il passato vicepresidente esecutivo socialista, fautore di una svolta verde ideologica, sostenuta, come si è recentemente scoperto, da ben remunerati movimenti ecologisti.

L’urgenza di decidere subito e bene

Nei colloqui con il vicepresidente e commissario italiano Raffaele Fitto, con la vicepresidente del Parlamento europeo Antonella Sberna, con i parlamentari europei di tutti i partiti eletti nella nostra circoscrizione e con la rappresentanza diplomatica italiana, si è percepita chiaramente la consapevolezza di correggere il tiro. Ma si è anche notata la difficoltà di fare sintesi fra le diverse istanze e gli interessi dei 27 paesi della Ue, nonché la difficoltà di mantenere una maggioranza in Parlamento che non ha una base politica omogenea.

Ho percepito una certa attesa negli incontri con i tanti stakeholder del mondo economico e imprenditoriale per una maggiore possibilità di ascolto delle proprie istanze da parte delle nuove istituzioni europee, ma anche la necessità di decisioni più rapide e meno complicate. In un mondo in cui Donald Trump, dal suo insediamento, emana in poche ore oltre 100 ordini esecutivi per cambiare completamente l’orientamento della politica americana, l’Europa non può rispondere impiegando sei mesi dalle elezioni per completare le consultazioni e finalmente insediare la nuova Commissione, dando l’impressione di perdersi nei meandri dei propri lunghi e complessi percorsi decisionali.

Le istanze lombarde

Per parte nostra, come Lombardia, abbiamo posto all’attenzione di tutti in particolare cinque temi:

  1. La necessità che le politiche di coesione, cioè i fondi europei per lo sviluppo regionale e sociale, restino programmate e gestite a livello regionale e territoriale, scongiurando il rischio di una centralizzazione di cui molto si parla a Bruxelles e anche di una decurtazione di risorse nel prossimo bilancio europeo per finanziare le spese per la difesa.
  2. Una svolta nelle politiche industriali, in particolare nei settori della chimica, dell’automotive e della siderurgia, nella direzione della neutralità tecnologica, per salvaguardare la competitività delle nostre imprese, messe a rischio dall’iper-regolamentazione ambientalista, e investire sulla loro capacità di innovazione.
  3. Il mantenimento della Politica agricola comunitaria, nel rispetto però della tipicità e delle specificità territoriali, semplificando procedure e pagamenti e valorizzando la qualità oltre che la quantità delle produzioni.
  4. Un’attenzione particolare ai dossier ambientali, a cominciare dall’applicazione della nuova direttiva sulla qualità dell’aria e dall’interpretazione di quella sul packaging, su cui è stato raggiunto un buon accordo politico che rischia di essere disatteso dall’interpretazione dei funzionari.
  5. Un’apertura a scelte politiche realmente in grado di ridurre il costo dell’energia, come il nucleare di nuova generazione e politiche sull’idroelettrico attente ai territori.

Vento, nuvole e pioggia

In sintesi, il vento sta cambiando, ma non è ancora detto che porterà bel tempo. È stato così anche martedì e mercoledì a Bruxelles: si è alzato un forte vento ma, anziché portare il sole, sono arrivate nuvole e pioggia. Speriamo che il “soffio” che si è alzato nell’agone politico europeo porti invece un clima più favorevole, in particolare per le esigenze dei territori, perché un’Europa calata dall’alto, anziché costruita dal basso, non fa bene a nessuno. Staremo a vedere e continueremo a far sentire la nostra voce.













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