Liquidata la pratica del nuovo Piano Lifetime Partner, sull’agenda 2025 di Generali spicca l’appuntamento dell’8 maggio, quando l’assemblea dei soci sarĂ chiamata a nominare il nuovo cda. Come è noto, contestualmente all’approvazione del piano triennale, il cda del gruppo triestino ha deciso che non presenterĂ una lista propria per il rinnovo dell’organismo. Sicchè la tavola risulta apparecchiata solo per uno scontro diretto tra i principali soci del Leone.
In vista dell’appuntamento, non è difficile ipotizzare che Mediobanca, in qualitĂ di primo socio con il 13,1% del capitale, torni alle vecchie abitudini presentando una propria rosa di candidati per il board della compagnia in modo da garantirsi la possibilitĂ di assorbire nel proprio bilancio parte dei ricchi utili prodotti da Trieste (che contribuiscono per una quota preponderante, di oltre il 40%, al totale dei profitti dell’istituto). Questa volta perĂ² la merchant bank milanese, sotto l’Ops lanciata da Banca Mps, non potrĂ mettere in campo nessun espediente per arrotondare l’entitĂ dei propri diritti di voto in assemblea. Chi è sotto Ops deve infatti sottostare alla cosiddetta passivity rule che, in base all’articolo 104 del Tuf, è volta a salvaguardare la contendibilitĂ delle societĂ quotate impedendo alla societĂ target di mettere in atto operazioni che ne possano alterare il patrimonio e quindi il valore di mercato. Stando a quanto appurato dal Giornale, tra le attivitĂ che una societĂ sotto passivity rule non puĂ² mettere in atto figura anche quella del «prestito titoli» che tre anni fa consentì a Mediobanca di presentarsi in assemblea forte di una robusta dote aggiuntiva di diritti di voto.
Riavvolgendo il nastro di tre anni, ossia ai mesi antecedenti l’assemblea di Generali chiamata a rinnovare il board, si ricorda che la merchant bank non si fece scrupoli nell’aumentare il suo peso in assemblea, facendo quindi prevalere la lista di maggioranza presentata dal cda uscente, attraverso quella pratica. In breve, attraverso un’operazione di «prestito titoli» fatta con Bnp Paribas su ben 10 milioni di azioni, pari al 4,42% del capitale della compagnia, Piazzetta Cuccia si assicurĂ² il 17,22% dei diritti di voto nell’assemblea del 29 aprile 2022 che alla fine vide la lista capitanata da Philippe Donnet prevalere di misura, con poco meno del 56% dei voti, rispetto a quella appoggiata dalla coppia Caltagirone-Del Vecchio. La quota aggiuntiva di diritti di voto influì quindi in maniera decisiva sull’esito finale di un’assemblea che vide la partecipazione record del 70% degli aventi diritto.
L’escamotage utilizzato dall’istituto guidato da Alberto Nagel non mancĂ² di sollevare piĂ¹ di un dubbio e la stessa Consob chiese lumi a riguardo. Mediobanca tirĂ² dritto affermando di essere «pienamente legittimata» a esercitare in assemblea i diritti di voto legati alle azioni prese a prestito. Ai tempi l’operazione finì sotto la lente anche dell’International Securities Lending Association (Isla), associazione leader in Europa nella valutazione dell’attivitĂ di prestito-titoli, che a mezzo mail mise in guardia i vertici dell’istituto dall’abuso di tale pratica, senza perĂ² ottenere risposta (quantomeno non pubblica). Di quella mail, mai venuta alla luce, il Giornale è ora entrato in possesso. Dalla sua lettura emerge che la pratica del prestito-titoli effettuata al solo scopo dell’esercizio del diritto di voto, è «severamente proibita» allorquando vengono intraprese transazioni disciplinate dal Global Master Securities Lending Agreement, associazione di cui la stessa Mediobanca faceva parte. In aggiunta, Isla ammoniva Piazzetta Cuccia facendo presente che l’operazione metteva fortemente a rischio anche le strategie di sostenibilitĂ e di corporate governance del settore. Insomma, se c’erano dubbi allora sul ricorso a quella pratica, oggi non dovrebbero essercene, visto che Piazzetta Cuccia è in piena passivity rule.
Nè Mediobanca – sulla quale ieri Moody’s ha ridotto a «negativo» da «stabile» l’outlook sul rating a lungo termine in seguito all’Ops lanciata da Mps, cui invece è stato alzato a «positivo» – puĂ² fare affidamento sul precedente di Anima Holding che lo scorso novembre ha messo le mani sul 3% di Mps nonostante fosse sotto Opa da parte di Bpm: quell’operazione fu deliberata prima dell’arrivo dell’Opa, come esplicitato nelle dichiarazioni della Sgr al mercato.
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