Prospettive del movimento di solidarietà con il popolo palestinese • Partito dei CARC

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Le evoluzioni della situazione in Palestina, la tregua nella Striscia di Gaza e l’aggressione sionista in Cisgiordania hanno ripercussioni anche nel movimento italiano in solidarietà con il popolo palestinese. Il bivio di fronte a cui si trova è il seguente: concentrarsi, moltiplicandole, sulle iniziative di sostegno alla ricostruzione della Striscia di Gaza oppure combinare le iniziative di sostegno alla ricostruzione con la mobilitazione per sviluppare il ruolo politico contro l’entità sionista e i suoi servi in Italia, contro il governo Meloni e contro la Nato.

Benché le due strade sembrino simili ed abbiamo effettivamente delle similitudini, sono diverse nella forma, nel contenuto e nei risultati.
La ricostruzione della Striscia di Gaza è urgente – gran parte del territorio è stato raso al suolo e la popolazione di intere aree non ha, letteralmente, un posto dove stare –, è un’opera enorme sul piano materiale ed economico ed è una lotta durissima sul piano politico.
Gli occupanti sionisti e i loro complici internazionali puntano a impedire che la ricostruzione inizi per mano dei palestinesi, puntano a fare anche della Striscia di Gaza un insediamento di coloni. Lo dimostra Trump, che dopo aver millantato un ruolo decisivo ai fini della tregua, sostiene la deportazione di tutti i palestinesi in Giordania e in Egitto.
Anche l’Anp ha specifiche mire sulla ricostruzione per (cercare di) allargare la sfera della sua influenza e del suo sistema di potere.
Ovviamente, per le forze del fronte della Resistenza la ricostruzione è strettamente legata alla lotta per mantenere il ruolo politico nella Striscia di Gaza e allargare quella per la costruzione dello Stato palestinese, è parte della guerra di liberazione. È chiaro, dunque, che il fronte della Resistenza ha bisogno di sostegno materiale, economico e politico e pertanto la mobilitazione per sostenere la ricostruzione, anche dall’Italia, è un modo per sostenere il fronte della Resistenza nella lotta per una Palestina libera. Ma c’è un ma.
Dedicarsi interamente alle iniziative a sostegno della ricostruzione significa illudersi che la tregua, una vittoria tattica importante, equivalga alla pace. Ma la pace non è possibile finché esisterà lo Stato coloniale, teocratico e razzista di Israele. Quale ricostruzione è realistica e possibile sotto la minaccia di uno Stato che letteralmente scalpita per violare gli accordi e riprendere i massacri e le distruzioni su ampia scala?
Non tutti quelli che in Italia promuovono la necessità di sostenere la ricostruzione sono illusi, ma esistono, sia fra gli italiani che fra i palestinesi in Italia, degli opportunisti che manovrano per smorzare la combattività del movimento in favore dell’approccio umanitario e “caritatevole”.
La loro argomentazione di punta suona così: i solidali italiani possono appoggiare il popolo palestinese innanzitutto se sostengono la ricostruzione e alimentano le iniziative umanitarie.
La verità è che oggi, come nel corso degli ultimi quindici mesi, come dal 7 ottobre 2023 e come per tutti i mesi e gli anni prima del 7 ottobre 2023, la più efficace forma di sostegno che le masse popolari italiane possono dare al popolo palestinese è rovesciare il sistema politico dei sostenitori e complici dei sionisti, di chi fa affari con l’occupazione, degli agenti dell’entità sionista che operano in Italia.
È la strada migliore per sostenere ANCHE la ricostruzione della Striscia di Gaza, senza cedere all’illusione che i passi indietro a cui la Resistenza costringe gli occupanti siano sufficienti a scoraggiarli.
Benché siamo promotori di questa seconda strada – contro l’entità sionista in Italia, contro il governo Meloni, contro gli altri servi dei sionisti e contro la Nato – ovviamente non dipende solo da noi la direzione che il movimento imboccherà.
Ma possiamo e vogliamo dare un contributo politico e pratico, principalmente su tre aspetti.

1. Coltivare e praticare gli spazi di dibattito che faticosamente sono stati conquistati dopo le contraddizioni che hanno portato alle spaccature nel movimento, in particolare dopo la manifestazione del 5 ottobre e del 30 novembre scorsi a Roma.

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2. Alimentare sempre e comunque la tendenza all’unità contro i settarismi e lo spirito di concorrenza per consolidare l’autorevolezza che il movimento ha conquistato fra ampi settori delle masse popolari, dalla classe operaia agli studenti.

3. Valorizzare e far valere le posizioni conquistate nel corso di quindici mesi di mobilitazione, ad esempio far valere la spinta che l’Intifada studentesca ha impresso al più generale movimento giovanile e studentesco; far valere le posizioni conquistate contro il legalitarismo con la manifestazione del 5 ottobre a Roma (Meloni e Piantedosi si sono ben guardati dal vietare nuovamente cortei e manifestazioni!); far valere le importanti convergenze con il movimento contro la guerra e la Nato, contro il razzismo di Stato e, più in generale, contro il governo Meloni, i suoi amici e i suoi lacchè.

Come ogni mobilitazione popolare, anche il movimento in solidarietà con il popolo palestinese ha avuto picchi di ascesa nel coinvolgimento popolare e ora ha di fronte una inevitabile fase di riflusso (almeno parziale) in termini di partecipazione alle manifestazioni di piazza.
Sta agli organismi, ai coordinamenti, ai partiti del movimento comunista, antimperialista e rivoluzionario italiano curare ciò che è stato seminato affinché offra i migliori frutti, fare in modo che l’esempio dell’indomabile resistenza del popolo palestinese sia da guida per i lavoratori e le masse popolari italiane.
Dobbiamo fare dell’Italia un affidabile alleato di chi conduce la guerra di liberazione in Palestina e un incrollabile sostenitore della lotta per l’autodeterminazione del popolo palestinese.

Bisogna unire quello che lo spirito di concorrenza divide
Il grosso delle manifestazioni in solidarietà con il popolo palestinese che si sono svolte a gennaio sono “confluite” in due direzioni principali.
Quelle promosse dall’area che sta promuovendo la costruzione della Rete Antisionista si sono svolte a Brescia, Bologna, Pisa, Roma, Napoli, Bari (il 17 gennaio), Torino, Vincenza (qui c’è stato un corteo con un’ampia lista di promotori), Milano, Firenze, Catanzaro (il 18 gennaio).
Quelle promosse dai Giovani Palestinesi e da un’ampia rete di altri organismi si sono svolte a ridosso della Giornata della Memoria, con la parola d’ordine “Aggiornare la memoria”: a Bergamo (il 24 gennaio), Milano, Torino, Bolzano, Trento, Trieste, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Sassari, Cagliari, Napoli, Cosenza (25 gennaio).
Presidi, piazze con microfono aperto e iniziative di dibattito si sono svolte in moltissime città il 27 gennaio.
Segnaliamo qui il presidio organizzato dal P.Carc della zona 3 di Milano, in Piazza Novelli, per denunciare la recente “inaugurazione” della nuova struttura organizzativa del Comando della Squadra Aerea e 1° Regione Aerea che ha preso sede nell’edificio dell’Aeronautica, già esistente.
Ha combinato mobilitazione contro la guerra e la Nato con la solidarietà al popolo palestinese: un piccolo, ma significativo esempio di cosa intendiamo con “far valere le convergenze del movimento in solidarietà al popolo palestinese con il movimento contro la guerra e la Nato, contro il governo Meloni, i suoi amici e i suoi lacchè”.





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