Italia
Il provvedimento arriva in aula nel Consiglio regionale con un dibattito ancora aperto sulla legittimità e sui dettagli del testo. Tra modifiche, emendamenti e posizioni contrastanti, la legge potrebbe essere approvata l’11 febbraio
Le varie iniziative volte a introdurre il suicidio assistito nel nostro ordinamento – puntando a forzare la pronuncia della Corte costituzionale n. 242/2019 e gettando le basi per un percorso verso l’eutanasia – hanno scatenato un assalto senza precedenti alle istituzioni, sia dei tribunali che dei consigli regionali, con il risultato di un «regionalismo differenziato» in un ambito così delicato come il valore primario della vita, su cui non dovrebbero essere ammesse strumentalizzazioni né imposizioni.
In Toscana la proposta di legge d’iniziativa popolare sul fine vita l’11 febbraio sarà in aula del Consiglio regionale. Il titolo è «Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza n. 242/19 della Corte costituzionale»: è proposta dall’associazione Coscioni e fatta propria dalla maggioranza di centrosinistra, Pd in testa. Forza Italia ha presentato una serie di emendamenti e la pregiudiziale di costituzionalità . «La questione deve essere affrontata a livello nazionale dal Parlamento – sottolinea Marco Stella, capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale – in base ai dettami della Corte costituzionale, da un lato garantendo che non ci sia accanimento terapeutico e dall’altro tenendo conto che oggi già esistono le cure palliative che accompagnano il malato fino al trapasso, alleviando le sofferenze. Non è competenza delle Regioni legiferare su questo tema». In caso di approvazione della legge, Forza Italia ha presentato comunque emendamenti migliorativi, tra cui la garanzia dell’obiezione di coscienza per il personale medico e infermieristico. La Lega invece lascerà libertà di coscienza mentre Fdi per bocca del consigliere Diego Petrucci fa sapere che «il gruppo di Fratelli d’Italia non parteciperà al voto e non ha presentato emendamenti in commissione e non li presenterà in aula, altrimenti si legittimerebbe la potestà legislativa della Regione su questa materia che noi contestiamo. Personalmente ritengo che servirebbe invece un intervento normativo a livello nazionale». Il M5s invece, spiega la capogruppo Irene Galletti, crede «nel diritto di scegliere con dignità e libertà il proprio fine vita, sosterremo la proposta regionale dell’Associazione Luca Coscioni».
E ora vediamo la situazione nelle altre regioni italiane. Il Veneto è stata la prima Regione a discutere una proposta di legge sul suicidio medicalmente assistito, il 16 gennaio 2024, ma un singolo voto ha impedito il raggiungimento della maggioranza assoluta necessaria all’approvazione. In Piemonte, invece, è stata depositata una proposta di legge d’iniziativa popolare, sostenuta dall’Associazione Luca Coscioni, e, dopo aver ascoltato gli esperti in Commissione, il Consiglio regionale ha votato a maggioranza – nel marzo di quest’anno – una «questione pregiudiziale di costituzionalità » proposta dalla maggioranza guidata dal presidente Alberto Cirio (Forza Italia), dichiarando così l’incompetenza della Regione a intervenire in materia.
Un risultato analogo è stato raggiunto nel giugno dello stesso anno in Friuli Venezia Giulia, dove la maggioranza di centrodestra, dopo numerose votazioni contrarie sia in mozione sia in Commissione, ha respinto la proposta d’iniziativa popolare. Infine, il 30 ottobre 2024, il Consiglio regionale ha respinto per la quarta volta il tentativo di riconoscere un «diritto al suicidio assistito» mediante il cosiddetto «voto alle Camere e al Governo», volto a sollecitare l’intervento del legislatore nazionale in conformità alla pronuncia della Corte costituzionale n. 242/2019; in Parlamento, tra l’altro, sono già state presentate diverse proposte di legge sul tema (7 alla Camera e 4 al Senato).
La Regione Lombardia, dopo che la Commissione Affari istituzionali e sanità aveva espresso un parere negativo su un progetto di legge d’iniziativa popolare sul fine vita, il 19 novembre ha bocciato in Consiglio la proposta Cappato, votando a maggioranza la questione pregiudiziale di costituzionalità e ribadendo l’incompetenza del legislatore regionale in materia.
Nelle altre regioni l’iter legislativo non è mai partito, per mancanza di una proposta di legge, oppure si trova ancora alle fasi iniziali, con un panorama piuttosto eterogeneo. In Valle d’Aosta e in Abruzzo sono iniziate, già nello scorso periodo estivo, le audizioni degli esperti in Commissione salute, e sono tuttora in corso. Nelle Marche, prima Regione ad applicare le disposizioni della sentenza della Corte, ma senza garantire né la presenza di medici né strumenti adeguati, è ferma in Commissione una proposta di legge presentata congiuntamente da un consigliere del Pd e da uno della Lega. Nel Lazio è stata depositata una proposta di legge d’iniziativa trasversale, mentre in Sardegna l’attuale maggioranza – fino a pochi mesi fa all’opposizione – non ha presentato alcuna proposta legislativa, diversamente dalla precedente legislatura.
In Campania è stata presentata la proposta di legge Cappato e, nel mese di aprile, in Commissione è stato istituito un tavolo tecnico-giuridico per approfondire la materia. In Umbria e in Calabria, invece, è stata depositata e attualmente rimane ferma una proposta di legge firmata dal Pd, distinta da quella per cui l’Associazione Coscioni ha raccolto firme, che si concentra esclusivamente sui malati terminali. In Liguria, l’iter di una proposta di legge trasversale si è interrotto con le dimissioni del presidente Toti, che in passato aveva dichiarato il suo appoggio. La Regione Puglia, poi, ha approvato nel gennaio 2023 una delibera di Giunta, la quale però non ha incontrato il favore degli esponenti come Cappato poiché non è stato fissato un termine entro il quale intervenire sulla richiesta di praticare il suicidio medicalmente assistito, né sono state indicate le modalità per costituire una Commissione medica interdisciplinare incaricata di verificare le condizioni.
Anche in Emilia Romagna, per superare l’impasse della proposta di legge d’iniziativa popolare, l’ex presidente Bonaccini ha emanato una delibera di Giunta atta a regolamentare l’iter del suicidio medicalmente assistito, delibera tuttavia attualmente soggetta a ricorso al Tar e ancora pendente.
Il quadro complessivo delle Regioni, oltre alle motivazioni giuridiche – ribadite anche dall’Avvocatura dello Stato nel parere fornito alla Regione Fvg – dimostra innanzitutto che non spetta ai Consigli regionali legiferare sul fine vita. Non vi è nemmeno l’obbligo per il Parlamento di intervenire, poiché la Corte costituzionale, con la sentenza 242, non impone vincoli al legislatore, ribadendo «il valore sociale della vita e il dovere costituzionale di solidarietà , e limitandosi a stabilire che, in specifici e particolari casi, il reato di aiuto al suicidio non sia punibile, affidando alla Sanità pubblica il compito di accertare l’esistenza dei requisiti necessari e di vigilare sulle modalità di esecuzione».
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