Caso Almasri, tutti contro tutti: avvocato denuncia Lo Voi e Li Gotti. Vittima del generale libico accusa: «Giustizia negata»

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Il magistrato Raffaele Cantone

di Mary Liguori


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Mentre s’attende che la questione arrivi in Parlamento dove, da più parti, Giorgia Meloni e i suoi vengono invitati a riferire, il caso Almasri continua a definirsi sulla scia di denunce. Un leit motiv ormai, visto che il premier, due dei suoi ministri e un sottosegretario si sono ritrovati accusati di favoreggiamento e peculato sulla base di un fascicolo aperto dalla procura di Roma in seguito all’esposto dell’avvocato Luigi Li Gotti, e adesso c’è chi denuncia Li Gotti e il procuratore di Roma Francesco Lo Voi e chi, di nuovo, denuncia Meloni e i suoi.

Tutte le notizie sul caso Almasri e sulla guerra Governo-magistrati

Ma andiamo per ordine e riannodiamo i fili di quella che è stata una delle giornate più intricate da quando è scoppiato il caso del generale libico arrestato a Torino, scarcerato e poi rimpatriato con volo di Stato (italiano) a Tripoli. La notizia, anticipata da Il Messaggero, riporta di un esposto presentato dall’avvocato Luigi Mele contro il suo collega, Luigi Li Gotti, e contro il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi. Mele ipotizza per Li Gotti i reati di calunnia aggravata, attentato contro organi costituzionali e vilipendio delle istituzioni mentre nei confronti di Lo Voi avanza l’ipotesi di omissione di atti d’ufficio aggravata e oltraggio a un corpo politico. L’avvocato Mele ha chiesto la trasmissione della sua denuncia alla procura di Perugia, deputata a dipanare le questioni che riguardano i magistrati capitolini. Cosa che nel pomeriggio è effettivamente avvenuta: la procura diretta da Raffaele Cantone ha aperto un fascicolo a modello 45, vale a dire senza ipotesi di reato o indagati.

«A CAUSA DEL GOVERNO ITALIANO NON AVRÒ GIUSTIZIA»
Sembrava finita, ma nel mentre s’è avuta contezza di un terzo esposto che è andato ad arricchire il già copioso fascicolo della vicenda. A firmare l’atto l’avvocato Francesco Romeo, per conto di Lam Magok, attualmente ospite di una struttura di Baobab Experience, che è stato detenuto nel penitenziario lager di Mittiga diretto da Osama Almasri e che è stato vittima delle violenze del Rada, la milizia della morte di cui l’ufficiale libico sarebbe a capo. Drammatico il racconto di Lam Magok. «Sono stato in prima persona vittima delle violenze e testimone di atrocità commesse su altre persone, ho già raccontato gli orrori vissuti a Mittiga alla Corte penale internazionale», si legge nell’esposto. «Quando il Governo italiano ha rilasciato Osama Almasri mi ha reso vittima una seconda volta, perché mi ha negato la possibilità di ottenere giustizia, e ha vanificato questa possibilità anche per tutte le altre persone che, come me, sono sopravvissute alle sue violenze. Lo stesso diritto alla giustizia vanificato sia per coloro che ha ucciso sia per coloro che continueranno a subire torture e abusi per sua mano o sotto il suo comando», ha detto Lam Magok.

Di qui le ipotesi di reato avanzate dal legale che rappresenta l’uomo che, nell’esposto destinato a finire all’attenzione della Procura di Roma, si parla di «inerzia di Nordio che avrebbe potuto e dovuto chiedere la custodia cautelare del criminale ricercato dalla Corte penale internazionale, ciò – secondo Romeo – insieme al decreto di espulsione firmato dal ministro dell’Interno, con l’immediata predisposizione del volo di Stato per ricondurre il ricercato in Libia, hanno consentito ad Almasri di sottrarsi all’arresto e di ritornare impunemente nel suo Paese di origine, impedendo così la celebrazione del processo a suo carico». L’avvocato Romeo sostiene che «esiste un comunicato ufficiale della Corte penale internazionale, con data 22 gennaio 2025, che dimostra che le autorità italiane erano state non solo opportunamente informate dell’operatività del mandato di arresto, ma anche coinvolte in una precedente attività di consultazione preventiva e coordinamento volta proprio a garantire l’adeguata ricezione della richiesta della Corte».

«SOFFERENZA STRUMENTALIZZATA», «MELONI SOTTO RICATTO»
Inutile dire che mentre si davano alle stampe i contenuti dei vari esposti, riesplodevano – semmai si fossero sopite – la fiamme delle polemiche tra le varie fazioni politiche. Nel tutto contro tutti che ha visto, nell’ordine, il Governo contro i magistrati, le opposizioni contro il Governo, senza dimenticare la pratica sottoscritta dai consiglieri laici di centrodestra del Csm che ipotizzano l’incompatibilità ambientale a carico di Lo Voi, si sono inseriti gli avvocati che, su un fronte e sull’altro, stanno arricchendo di esposti l’intera vicenda. La carne al fuoco è tanta e il tono del confronto politico sta raggiungendo toni sempre più aspri con scambi di accuse che vanno dalla strumentalizzazione all’accusa di scendere a patti con criminali di guerra. Tra gli altri, spiccano nella giornata infinita di denunce e commenti, le dichiarazioni di Siracusano e Appendino. «Esprimo solidarietà per quest’uomo che ha vissuto tante sofferenze. La sua sofferenza però, anche in questo caso, viene strumentalizzata contro il governo Meloni», ha detto Matilde Siracusano, sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento e deputata di Forza Italia, intervenendo a Tagadà.

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Violentissime le dichiarazioni di Chiara Appendino, vicepresidente del M5s. «Non siete un Governo, siete degli scappati di casa. Presidente Meloni, invece di fare video pieni di bugie spieghi in aula – ha detto -. Facevate più bella figura a dircelo subito: avete liberato e riportato a casa con un volo di Stato a spese dei cittadini un torturatore perché Meloni è sotto ricatto. Quindi sì, ormai ci pare evidente che sia una questione di sicurezza nazionale, e non ci stupisce. Vi siete rivelati per quel che siete: gente che scende a patti, anzi che si fa ricattare da un boia. E l’immagine di uno stupratore di bambini che scende sorridente da un volo di Stato con la bandiera italiana è un oltraggio al tricolore che danneggia l’immagine dell’Italia. Altro che onorare la patria, questo è un oltraggio alla patria».

LA VICENDA
Come si ricorderà, Almasri ha vagato per giorni in diversi Paesi europei, passando numerosi controlli, fino all’approdo in Germania dove ha noleggiato un’auto con la quale si è poi recato in Italia. Solo dopo che era giunto a Torino, la Corte penale internazionale ha formalizzato il mandato di cattura eseguito puntualmente dalla Digos del capoluogo piemontese. Il fermo di Almasri, avvenuto il 19 gennaio, non ha però avuto seguito e, due giorni dopo, il militare ritenuto responsabile di crimini di guerra e contro l’umanità, delle torture su decine di detenuti, di violenze sessuali su bambini e della morte di oltre trenta persone nel carcere di Mittiga, è stato messo su un volo di Stato e ricondotto a Tripoli. La notizia è ben presto diventata di dominio pubblico e il premier ha pubblicamente «incolpato» i magistrati della scarcerazione del generale libico. La replica dell’Anm è arrivata poche ore dopo: secondo l’associazione la liberazione di Almasri è da imputare al silenzio del ministro Nordio, unico deputato a dare seguito alla misura della Cpi. Al botta e risposta ha dato seguito l’avvocato Luigi Li Gotti che ha scritto alla Procura di Roma ipotizzando il favoreggiamento e il peculato a carico del primo ministro, Meloni, del guardasigilli Nordio e del titolare del Viminale, Piantedosi, nonché del sottosegretario alla Presidenza dei ministri, Mantovano. Lo Voi ha aperto un fascicolo a carico degli esponenti del governo che l’Anm ha definito «atto dovuto». Sono seguiti feroci confronti tra la maggioranza di governo e le opposizioni e per due volte i ministri sono stati invano attesi in Parlamento per riferire sul caso.

Al momento i lavori delle Camere sono ancora in stand by. Intanto sono sopraggiunte le due nuove denunce che, sommate a quella di Li Gotti, portano a tre il numero degli esposti inerenti un caso sul quale il governo, a detta di numerosi analisti, avrebbe potuto imporre il segreto di Stato. Si sarebbe in tal modo spenta sul nascere qualsiasi polemica. Ma è andata diversamente e, pubblicamente, è stato dichiarato che la liberazione del generale è stato frutto di una disposizione dei giudici mentre il rimpatrio immediato è stato disposto perché Almasri è un «soggetto pericoloso».

lunedì, 3 Febbraio 2025 – 20:54
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