Alessandra Todde, nel suo primo intervento ripercorre la sua vicenda, mostrando il suo punto di vista, ma anche quello della maggioranza, per la vicenda che la vede protagonista.
«Oggi sono qui, dinanzi alla massima assemblea del Popolo Sardo, in una seduta del consiglio statutaria, per riferire su una vicenda che vuole stravolgere, attraverso un procedimento amministrativo, l’essenza stessa del governo regionale, modificando il risultato elettorale».
Todde ricorda che il «provvedimento del collegio regionale di garanzia elettorale, non riguarda me sola ma l’intera forma di governo della Regione: gli assessori, i Consiglieri di maggioranza e di minoranza e, fatto ancora più grave, riguarda tutti i cittadini sardi, sul loro inviolabile diritto, in quanto cittadini, di votare e di affidare al Governo regionale che hanno democraticamente e liberamente eletto, la guida della Sardegna sino al 2029».
La governatrice ricorda il susseguirsi degli eventi dal 19 novembre in poi quando «mi viene notificata a mezzo pec una richiesta di chiarimenti firmata dalla Presidente del Collegio regionale di Garanzia elettorale della Regione Sardegna, nella quale venivano sollevati 7 rilievi di irregolarità relativi alla rendicontazione delle spese elettorali sostenute durante la Campagna elettorale. Nessuno di questi rilievi segnalava alcun utilizzo improprio di risorse, ma semplicemente degli errori di forma nella predisposizione e nella presentazione della rendicontazione. Nello stesso atto veniva richiesto di fornire spiegazioni sulle contestazioni ivi descritte entro 15 giorni dalla notifica, pena la decadenza dalla carica di Consigliere regionale eletto ai sensi della legge n.515 del 1993». Nei giorni successivi, Todde deposita «le memorie come richiesto, all’interno delle quali venivano analizzati e confutati tutti i rilievi del Collegio, spiegando come in realtà i punti contestati si basavano su assunti non corretti o, in altri casi, travisavano dichiarazioni contenute nel rendiconto presentato in quanto all’interno dello stesso, sin dal primo atto, si attestava che non avevo ricevuto alcun contributo né sostenuto personalmente alcuna spesa. Ad ogni buon conto i miei legali hanno ritenuto opportuno in quella sede chiarire definitivamente, con una presentazione del rendiconto sulla base del modello richiesto dalla Commissione elettorale, che io non avessi sostenuto personalmente alcuna spesa inerente alla campagna elettorale nel periodo del rendiconto e che tali spese fossero state sostenute dal Comitato elettorale appositamente costituito a Gennaio 2024 dal mio partito, il M5S. Tutta la documentazione delle spese effettuate e dei fondi ricevuti dal Comitato, incluso l’estratto conto del conto dedicato dal comitato in Banca Intesa e l’elenco dei beneficiari Paypal, è stato allegato alla rendicontazione inviata dal Comitato alla Corte dei Conti».
La presidente precisa che «nessuna spesa rendicontabile è stata direttamente sostenuta, come peraltro avvenuto per decine di consiglieri, eletti e non eletti, i quali non hanno nominato un mandatario e non hanno avuto un conto corrente dedicato, hanno rendicontato con una dichiarazione analoga, i cui fascicoli sono stati regolarmente archiviati. Nessuna spesa direttamente sostenuta come già avvenuto in altre regioni, per Presidenti di regione di altre appartenenze politiche, come Luca Zaia che per la campagna elettorale del 2015 in Veneto ha dichiarato di non aver sostenuto spese né ricevuto alcun contributo poiché le spese sono state sostenute direttamente dal suo partito ed il suo fascicolo è stato regolarmente archiviato e nessuna richiesta di decadenza è stata predisposta». Poi Todde ricorda cosa è accaduto il 3 gennaio, quando il «Collegio regionale di garanzia elettorale invece mi notificava un’ordinanza di ingiunzione contenente rilievi sulla memoria da me presentata comminando delle sanzioni amministrative di natura pecuniaria e, contestualmente, in assoluta assenza di adeguata motivazione, disponeva, in termini generici e non chiari, la richiesta al Presidente del Consiglio Regionale di procedere, per quanto di sua competenza, in ordine al provvedimento per la mia decadenza dalla carica di Presidente. Nell’ordinanza del 3 gennaio il Collegio Elettorale affermava che io avessi sostenuto spese per la campagna elettorale contestandomi, per la prima volta, una bolletta della luce del valore di 153 euro per il mio ufficio di rappresentanza parlamentare, affittato da me a gennaio 2023 e poi adibito a sede elettorale per l’intera coalizione dal 15 dicembre 2023 al 24 febbraio 2024».
E’ la famosa bolletta contestata dal collegio, a cui Todde ricorda che «tale bolletta è riferibile al bimestre di novembre e dicembre 2023, e quindi per soli 17 giorni insisterebbe nel periodo di rendicontazione. Tale bolletta, che, ribadisco, non mi è stata mai contestata prima del 3 gennaio 2025, non andava secondo i miei legali rendicontata in quanto le spese per la sede elettorale devono essere rendicontate in modo forfettario e non elencando le singole voci».
Alessandra Todde ritiene che la richiesta di decadenza non abbia alcuna motivazione. «Le fattispecie di decadenza per ineleggibilità per un consigliere eletto sopravvenute ai sensi dell’articolo 15, commi 7, 8 e 9, oltre che essere chiaramente tassative, sono insussistenti nel mio caso, per espressa pronuncia del Collegio all’interno dell’ordinanza di ingiunzione stessa. Pertanto, il Collegio non motiva adeguatamente o, meglio, non motiva in alcun modo l’avvio della procedura di decadenza. In buona sostanza, un organo amministrativo, ha emanato un provvedimento dove in assenza di alcuna motivazione giuridica, senza che si siano verificate le condizioni di legge, ha richiesto a questo Consiglio l’avvio di una procedura di decadenza della Presidente della Regione».
La chiusura però è politica. «Questo provvedimento però un effetto lo ha avuto. Un attacco senza precedenti alla mia persona e al mio ruolo istituzionale. Articoli di stampa locale e nazionale che mi dichiaravano decaduta mettendo in discussione atti della mia giunta e le attività del consiglio regionale senza minimamente sottolineare che il provvedimento è definitivo a seguito di un pronunciamento di questo Consiglio che non è un “passacarte” di un organo statale. In queste settimane, abbiamo assistito poi alla sfilata di chi, per becero interesse politico, ha voluto iniziare la campagna elettorale, spacciando per atto definitivo un atto che definitivo non è, tanto che sia i giudici che il consiglio si devono ancora pronunciare. Incuranti dell’effetto sui cittadini sardi al cui destino si dicono interessati, le cui priorità si sono dimenticati nei cinque anni che ci hanno preceduto. Dobbiamo dire invece ai cittadini sardi che qui in gioco c’è la stabilità delle nostre istituzioni. Qui c’è in gioco la nostra autonomia. Qui in gioco c’è la Sardegna».
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