Polemica sulla separazione delle carriere. Una riforma che aveva tentato di realizzare, senza successo, Silvio Berlusconi e che è ora tra le priorità del governo guidato da Giorgia Meloni. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, è riuscito a fare approvare la legge alla Camera. Per tutta risposta i magistrati hanno abbandonato le sale ove si teneva l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Il dibattito, anche aspro, tra favorevoli e contrari, è destinato a continuare poiché l’iter è ancora lungo. La legge dovrà passare due volte al vaglio del Senato e ancora una volta a quello di Montecitorio e, poiché con ogni probabilità nella seconda lettura in entrambi i rami del parlamento non raggiungerà la maggioranza dei due terzi dei voti prevista dall’articolo 138 della Carta per le leggi costituzionali e di revisione costituzionale, dovrà essere sottoposta a referendum confermativo se ne faranno richiesta gli elettori, con 500 mila firme, o cinque consigli regionali o un quinto dei componenti di una delle due Camere. «Per una materia così complessa, delicata, e anche di grande sensibilità politica, è bene che si pronunci il popolo», dice Nordio.
Le proteste dell’Anm
L’Associazione nazionale magistrati ribatte: «La separazione delle carriere determina l’isolamento del pm e ne mortifica la funzione di garanzia. Nel pieno rispetto delle scelte del legislatore vogliamo lanciare nuovamente l’allarme per i rischi che questa riforma porterà con sé».
I partiti sono compatti nella divisione tra favorevoli e contrari: il centrodestra è schierato a favore, l’opposizione è contro. Ma a sinistra e nel Pd ci sono voci che approvano la separazione delle carriere, in dissenso con la linea ufficiale dettata da Elly Schlein. C’è pure chi ricorda che nel 2019 nel documento con cui Maurizio Martina si candidava alla segreteria Pd, firmato da molti esponenti del partito, tra i punti del programma c’era la separazione delle carriere. Il dietrofront di gran parte dei firmatari è stato giustificato col fatto che si trattava di un programma articolato che prevedeva una riforma complessiva della giustizia. Quindi acqua passata e ora il cosiddetto campo largo sta coi magistrati che contestano. Ma non tutti. Uno degli esponenti di punta di questo dissenso, Giuliano Pisapia, avvocato, ex sindaco di Milano, due legislature in parlamento e una da europarlamentare, dice:
«Riconoscere la sostanziale differenza tra la funzione requirente e quella giudicante equivale, diversamente da quanto alcuni temono, a garantire meglio la magistratura, la sua indipendenza e a prevenire il pericolo che ne sia inficiata la credibilità. «Non si può fare a meno di rilevare, peraltro, che la situazione italiana è del tutto anomala rispetto a quella della maggior parte degli altri paesi dove, seppure con forme diverse, è stata già operata una netta distinzione tra le due funzioni. Anche in Italia è positivo un intervento legislativo teso a rafforzare la differenza di funzioni tra i magistrati, e non già in una logica di emergenza, ma in ottemperanza al dettato costituzionale». Pisapia continua: «Giova ricordare, per evitare qualsiasi equivoco, che nel nostro ordinamento non vi è alcun rischio che una più netta separazione delle funzioni possa, in qualsiasi modo, determinare una dipendenza del pubblico ministero dall’esecutivo: lo impediscono (e sono questi argini insuperabili) l’articolo 112 della Costituzione, che prevede l’obbligatorietà dell’azione penale, l’articolo 104, primo comma (‘La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere’) e l’articolo 107,terzo comma (‘I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni’)».
Un altro dissenziente è Chicco Testa, in parlamento fino al 1994 con l’allora Pds, da sempre militante a sinistra. Dice: «La riforma sulla separazione delle carriere è sacrosanta e una parte del Pd in passato era favorevole. Non ci si può opporre solo perché è proposta dal centrodestra. In questo modo le argomentazioni sono solamente politiche e non entrano, come dovrebbero, nel merito della proposta». Gli fa eco Riccardo Magi, segretario di +Europa: «Con schiettezza e coraggio sostengo la separazione delle carriere, ritengo sia una riforma necessaria per l’ordinamento giudiziario. Per questo ho votato a favore della legge».
Violante: «Sì separazione, no 2 Csm»
Chi ha per molti anni dettato la linea giudiziaria del Pd è stato l’ex magistrato Luciano Violante, favorevole alla separazione delle carriere seppure critico verso un separato Consiglio superiore della magistratura: «Per non assumersi responsabilità, la politica ha delegato ai giudici non i processi ai singoli imputati di terrorismo, di mafia o di corruzione. Ma la stessa lotta al terrorismo, alla mafia, alla corruzione. E perciò i magistrati sono diventati, di fatto, compartecipi della sovranità. Per questo, l’Associazione che li rappresenta si muove a volte come titolare di una sovranità. La separazione delle carriere è un tentativo di riequilibrio dei rapporti tra politica e magistratura, a vantaggio della politica, dopo circa mezzo secolo di primato della magistratura». Violante aggiunge: «L’esigenza è fondata. Tuttavia non vanno sottovalutati i rischi della soluzione proposta di costruire per i 1500 Pm un apposito Csm, distinto dal Csm dei giudici. Significa creare una nuova corporazione giudiziaria del tutto autogestita. Una sorta di superpolizia, priva di controlli, separata dai giudici, autogovernata, dotata di formidabili poteri di ingerenza nella vita dei singoli, delle famiglie, delle imprese e della stessa politica, con rischi rilevanti per le libertà di tutti i cittadini. Si tratterebbe di una istituzione illiberale sconosciuta ai paesi civili. Per altro all’estero, dove le due finzioni di giudice e pm sono separate, come in Francia e Germania, il passaggio da una funzione all’altra non è vietato, come sarebbe da noi, anzi è ritenuto, soprattutto in Francia, un titolo di merito perché arricchisce l’esperienza professionale».
Concorda Enrico Morando, 5 legislature col Pd e già vice-ministro delle Finanze (coi governi Renzi e Gentiloni): «Sono d’accordo con Violante. Una sinistra moderna dovrebbe essere favorevole alla separazione delle carriere, anche perché questa riforma darebbe attuazione all’articolo 111 della Costituzione che dice: il processo penale contrappone, in condizioni di parità, accusa e difesa davanti a un giudice terzo. Ma se la carriera del giudice e del portatore dell’accusa è la stessa, come fa il giudice a essere imparziale?”.
Infine Goffredo Bettini e Giorgio Gori, esponenti di punta del Pd, che firmarono nel 2021 i referendum radicali che proponevano anche la separazione delle carriere. Gori: «La separazione è utile per evitare contiguità che rischiano di turbare l’equilibrio tra accusa e difesa». Bettini: «ritengo che \la separazione delle carriere nella magistratura garantisca una maggiore terzietà del giudice nel corso del processo, determinando un equilibrio paritario tra accusa e difesa».
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