Il Consiglio europeo si sposta a destra. E ora Ecr peserà quanto i Socialisti

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Dopo che le elezioni europee del giugno 2024 hanno spostato gli equilibri del Parlamento Ue verso destra come mai era successo prima, febbraio 2025 sarà il mese in cui si consoliderà il lento mutamento delle simmetrie politiche anche all’interno del Consiglio europeo, dove siedono i capi di Stato e di governo dei Ventisette.

Un processo che va avanti da diversi anni, tanto che rispetto all’inizio della scorsa legislatura (2019) gli equilibri oggi sono decisamente cambiati. E si sposteranno ancora nelle prossime settimane. In Belgio, infatti, dopo mesi di negoziati si è trovato l’accordo per dare vita a un nuovo esecutivo guidato dal nazionalista fiammingo Bart De Wever, che prenderà il posto dell’attuale premier Alexander De Croo. Nel Consiglio Ue, dunque, entra un’esponente dei conservatori di Ecr e esce uno dei liberali di Renew. In Germania, invece, si andrà al voto il 25 febbraio con la scontata sconfitta della Spd che oggi è al governo con il cancelliere Olaf Scholz. Al suo posto, i sondaggi sembrano lasciare pochi dubbi in proposito, andrà Friedrich Merz, esponente della Cdu e quindi del Ppe. Anche non dovesse toccare a lui, è comunque esclusa una conferma di Scholz. Il che significa che a Palazzo Europa la delegazione dei socialisti di S&D è destinata a restare con soli tre capi di Stato e di governo: lo spagnolo Pedro Sanchez, la danese Mette Frederiksen e il maltese Robert Abela. Con un dettaglio non indifferente, perché se è vero che in Consiglio Ue i voti hanno tutti lo stesso peso, non c’è dubbio che perdere il sostegno del cancelliere tedesco (la Germania rappresenta il 18,5% della popolazione dell’Ue) per S&D sarà un discreto scossone. A cui va aggiunto che dentro Palazzo Europa i socialisti sono destinati a essere «agganciati» da Ecr. Alla premier italiana Giorgia Meloni e al primo ministro della Repubblica Ceca Peter Fiala, infatti, andrà presto aggiunto il belga De Wever. «I Conservatori europei continuano a crescere nella loro dimensioni di governo», dice Carlo Fidanza, vicepresidente di Ecr e capo-delegazione di Fdi al Parlamento Ue. «De Wever – aggiunge – potrà dare man forte a Giorgia Meloni nel riportare buon senso nella transizione green e nella gestione dell’immigrazione».

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Ma nella contabilità delle novità che arriveranno da Belgio e Germania (dopo le elezioni ci vorranno comunque settimane prima che nasca il nuovo esecutivo) non c’è solo il pareggio tre a tre tra S&D e Ecr (anche se i primi hanno comunque dalla loro il presidente del Consiglio Ue, lo spagnolo Antonio Costa). Oltre a Renew che è destinata a perdere un posto (passando dagli attuali cinque a quattro), il Ppe quasi certamente salirà da undici a dodici. Confermando un deciso spostamento verso il centrodestra degli equilibri politici dell’Ue. Uno scenario che solo qualche anno fa era impensabile. Basti dire che all’inizio della precedente legislatura i socialisti di S&D contavano ben sette capi di Stato o di governo europei, come pure ne avevano sette i liberali di Renew, con i popolari del Ppe a dieci e i conservatori di Ecr fermi a uno (nel 2019 il governo Meloni non era ancora nato).

Una crescita, quella dei Conservatori e riformisti, che non è solo a livello di governi. Se fino allo scorso anno erano quattordici i partiti dei Paesi Ue che aderivano a Ecr, oggi sono infatti ben diciannove. Con sei nuovi ingressi che sono stati approvati il 13 gennaio scorso, proprio il giorno prima del passaggio di consegne alla presidenza tra Meloni e il polacco Mateusz Morawiecki. «Giorgia – spiega Antonio Giordano, segretario generale di Ecr e deputato di Fdi – ha capitalizzato il lavoro fatto in questi anni alla guida dei Conservatori e la sua capacità di attrarre con il suo lavoro l’interesse di chi in Europa condivide i nostri valori».

Senza trascurare una prospettiva extraeuropea su cui molto ha investito in questi anni Meloni. Non a caso all’inauguration day di Donald Trump a Washington non era presente solo la premier italiana, ma anche una folta delegazione di Ecr (da Morawiecki a Fidanza, fino a Giordano).

E una ben più corposa – dovrebbero essere una trentina – parteciperà al Cpac (Conservative Political Action Conference), la riunione annuale cui prendono parte attivisti e politici conservatori che arrivano da tutti gli Stati Uniti e dal mondo e che è in programma a Washington dal 19 al 22 febbraio.



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