La presentazione del portafoglio della distribuzione CGV Cuzziol Grandi Vini è stata l’occasione per intervistare Luca Cuzziol, Amministratore Unico, e fare con lui il punto sulla situazione dei consumi e del mercato italiano.
Le informazioni di stampa riportano un importante calo dei consumi del vino, dal tuo punto di vista come stanno le cose?
Cercando di contestualizzare, notiamo che i mercati esteri sono fermi, l’Europa è debole e quindi i produttori italiani hanno più vino da vendere; esiste poi il problema salutistico e quello delle etichette ambientali, il fattore che i giovani non bevono vino perché non lo trovano ‘cool’, e, per finire, la politica che non ha la capacità di coordinarsi e gestire le cose. Tutto questo considerato, in un momento, oltretutto, di contrazione economica come quella che stiamo vivendo, di salari fermi, sicuramente la tendenza è negativa. Il calo di costumi deriva anche, secondo me, da un calo di riassestamento del post Covid anche se bisogna notare che ci sono aree geografiche che, negli ultimi 5 anni, hanno aumentato del 40% i prezzi.
In sintesi, come sono andati i consumi nel 2024?
Il 2024 è stato un anno complicato: nei primi mesi, fino a maggio, il tempo meteorologico non ha aiutato e quindi tutta la stagione del Centro Sud è andata persa, la Pasqua cadeva in un periodo particolare dell’anno e questo non ha dato slancio: nei primi sei mesi il mercato è stato contratto, fino a luglio. Poi settembre e ottobre, finalmente, sono ripartiti molto bene, però, alla fine, se vogliamo, non c’è stata la ciliegina sulla torta, che qualcuno si aspettava, del Natale.
Quali sono i territori che risentono di più e quali di meno della crisi dei consumi?
Una forte contrazione c’è stata per il Piemonte, il Barolo ha sofferto moltissimo: una bottiglia che in carta vini al ristorante costa tra gli 80 e i 90 euro è chiaramente costosa. Hanno sofferto anche alcuni ‘fine wines’ che non erano proprio così validi… Le bollicine continuano a resistere, qualcuna performa bene: il Franciacorta che sembrava essere in difficoltà, invece, fortunatamente, regge; sta funzionando bene il Trento DOC. Per il primo anno ho visto l’Alto Adige in leggera contrazione sebbene non abbiano aumentato i listini, ho visto far capolino un po’ di più il Friuli; io spero che sia l’anno delle Marche soprattutto con il Verdicchio che è uno dei migliori bianchi che abbiamo in Italia e non sfruttiamo abbastanza. Le aree che hanno dei vini di territorio validi, che fanno vino bianco o che producono bollicine non hanno sofferto come altre zone.
I distributori possono fare qualcosa per intervenire sugli effetti prodotti dal nuovo Codice della Strada?
Noi distributori non facciamo politica però è palese che gestire una sparata, una boutade, senza declinare la normativa in modo corretto può portare, per un mese o due, a delle problematiche nei consumi.
Cosa si può fare per riavvicinare i giovani al mondo del vino?
Io penso che in Italia abbiamo una grande possibilità: l’enoturismo; occorrerebbe che i Ministeri dell’Agricoltura e del Turismo si coordinassero meglio. I giovani amano, vogliono vivere delle esperienze; ad esempio, se si incentiva che dei giovani di venti, trent’anni con compagni, fidanzati e fidanzate trascorrano del tempo in giro nell’area dell’Etna, questi si appassioneranno del territorio e dopo berranno Etna. È un po’ quello che ha fatto la mia generazione, quello che hanno fatto i milanesi quando andavano in Sardegna e poi tornavano a casa con due casse di vino.
Questo è un modo di avvicinare i giovani dando loro dei contenuti diversi dalla semplice degustazione. Il problema è che se ti limiti alla degustazione in cantina ma non hai qualcuno che li colpisce o con lo storytelling o perché ha gli occhi che gli brillano mentre parla di vino non riuscirai ad avvicinarli davvero a questo mondo. L’enoturismo, secondo me, è una strada decisamente importante per approcciare il mondo dei giovani.
I vini di alto livello, quelli definiti ‘premium’, soffrono di più o di meno rispetto agli altri?
Soffrono sempre di meno perché c’è meno disponibilità e il mercato di quel tipo di prodotto ha delle dinamiche diverse. Così come ci sono delle persone che scelgono dei luoghi di vacanza esclusivi perché non vogliono, io non sono d’accordo, avere a che fare con qualcuno di un ceto diverso dal loro, così i vini di alto livello seguono un po’ questa strada che a volte tocca anche livelli speculativi. Noto come, finalmente, stia calando il fenomeno del vino da investimento; il vino è un prodotto da bere e non, come l’oro, da accumulare.
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