L’Italia ha speso meno di un terzo dei soldi previsti dal Pnrr

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Secondo l’ultimo aggiornamento di Openpolis, al 13 dicembre 2024 è stato speso meno di un terzo dei fondi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). L’analisi dei dati, ottenuti dopo mesi di pressioni sulla trasparenza, solleva interrogativi sulla capacità di attuazione del piano e sulle sue reali ricadute economiche.

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A più di tre anni dall’approvazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) e con meno di due anni rimanenti alla sua scadenza, l’Italia ha speso solo il 30% (30,14 per precisione) delle risorse previste. Cioè meno di un terzo dei fondi.

Lo rivela Openpolis, fondazione indipendente che monitora costantemente l’andamento del Pnrr attraverso la piattaforma OpenPNRR. I dati mostrano che dei 194,4 miliardi stanziati per la ripresa economica del Paese, ne sono stati effettivamente spesi solo 58,6 miliardi. Un numero che conferma i ritardi denunciati da mesi da esperti e osservatori indipendenti, in contrasto con la narrazione ottimistica del governo.

Il rilascio di questi dati non è stato immediato: la fondazione sottolinea come la società civile abbia dovuto intraprendere un lungo percorso per ottenere informazioni dettagliate sulla spesa effettiva dei fondi. La prima richiesta di accesso civico risalirebbe addirittura al 12 febbraio 2024, quando il governo ha negato l’accesso, costringendo Openpolis e altre associazioni a una lunga battaglia legale e mediatica.

Come si legge dal rapporto, solo alla fine dell’anno, poco prima della scadenza del 31 dicembre, annunciata dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, i dati sono stati finalmente resi pubblici grazie anche alla pressione esercitata da organizzazioni come Dati Bene Comune e Osservatorio Civico PNRR, che hanno chiesto maggiore chiarezza sull’utilizzo delle risorse pubbliche.

Dove si concentrano i ritardi

L’analisi di OpenPNRR permette di monitorare in dettaglio l’avanzamento dei quasi 270mila progetti finanziati dal piano. I dati rivelano che la spesa non è per niente omogenea tra le diverse misure e territori: alcune iniziative sono infatti avanzate più rapidamente, mentre altre restano completamente bloccate. Una lentezza che solleva parecchi dubbi sulla capacità del Paese di rispettare le tempistiche imposte dall’Unione Europea.

I settori che hanno impiegato la maggiore percentuale di fondi del Pnrr sono le infrastrutture (46,11%), il comparto impresa e lavoro (47,33%) e la giustizia (42,66%). Nonostante questi ambiti siano quelli più avanzati, rimangono comunque al di sotto della metà delle risorse stanziate, segnalando una progressione ancora estremamente incompleta.

Molto più indietro si trova il settore della digitalizzazione, con solo il 22,61% delle risorse utilizzate; per questo settore sono insomma stati spesi solo 3 miliardi di euro su 13 miliardi previsti. Un ritardo che risulta particolarmente evidente se si considera che tutte le riforme legislative necessarie per il settore sono già state attuate al 100%, dimostrando che il problema principale non sta tanto nella regolamentazione, ma nella concreta realizzazione proprio dei progetti.

Nel campo dell’istruzione, dell’università e della ricerca, l’utilizzo dei fondi ha raggiunto il 26,21%, pari a 7,4 miliardi di euro. Ancora più basso è il livello di spesa nel settore sanitario, dove è stato impiegato solo il 14,79% delle risorse disponibili: 2,3 miliardi su un totale di 15,6 miliardi. Un dato che evidenzia un ritardo significativo negli investimenti destinati al potenziamento della sanità pubblica, ambito che dovrebbe essere invece considerato prioritario soprattutto dopo l’emergenza pandemica.

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Anche i finanziamenti destinati alla cultura e al turismo sembrano procedere a rilento: al 13 dicembre 2024 risultavano spesi solo 552 milioni di euro, a fronte di un budget di quasi 5 miliardi. Un andamento simile si registra anche nel settore dell‘inclusione sociale, dove sono stati utilizzati 799 milioni di euro, pari al 13,69% delle risorse stanziate.

La situazione più critica riguarda però la transizione ecologica e la pubblica amministrazione: per quanto riguardo la prima, un settore chiave per la trasformazione sostenibile del Paese, è stato impiegato solo l’8,46% dei fondi disponibili, ossia 3,2 miliardi su un totale di 37,3 miliardi; la pubblica amministrazione ha utilizzato invece appena il 7,06% dei finanziamenti previsti, cioè 37,8 milioni su 535,5 milioni.

Questi numeri dimostrano in sintesi che la spesa effettiva del Pnrr procede estremamente a rilento in tutti i settori, con ritardi particolarmente gravi in ambiti strategici come la transizione ecologica, la sanità e la digitalizzazione. Se questa tendenza non verrà invertita, il rischio è quello di non riuscire a impiegare le risorse nei tempi previsti, compromettendo l’efficacia dell’intero piano.

Le implicazioni economiche e politiche

La difficoltà nell’impiegare i fondi rischia di ridurre poi anche l’impatto positivo del piano sulla crescita economica e sull’occupazione. Il Pnrr è stato pensato per rilanciare il Paese dopo la crisi pandemica, ma se i progetti non vengono attuati nei tempi previsti, i benefici rischiano di essere compromessi. Non solo, questa situazione finisce per alimentare sempre più il dibattito politico: mentre il governo Meloni, infatti, continua a difendere l’operato dell’esecutivo, l’opposizione e le organizzazioni indipendenti denunciano inefficienze e mancanza di pianificazione.

Critiche dall’opposizione: “Ritardo preoccupante”

Meloni insiste su centri in Albania e fa guerra alla magistratura per nascondere le difficoltà dell’economia italiana. La crescita è ferma, la produzione industriale è ferma. E mentre le aziende chiudono, l’occupazione ha smesso di crescere e le famiglie sono sempre più in difficoltà, il governo con atteggiamento irresponsabile si nasconde dietro alla propaganda”, ha dichiarato Matteo Ricci, europarlamentare Pd, in un post sui social.

Anche l’eurodeputata dei Verdi europei, Cristina Guarda ha detto la sua: “Questo ritardo rischia di farci perdere un’opportunità unica per rilanciare il Paese in chiave sostenibile”, si legge nella nota di Guarda.

“Non possiamo permettere che il Pnrr si traduca in un’occasione sprecata. Serve un cambio di passo immediato per accelerare gli investimenti, semplificare le procedure e garantire trasparenza”, ha ribadito l’europarlamentare Guarda che ha sottolineato l’urgenza di un controllo rigoroso: “ogni euro speso deve contribuire a un’Italia più verde, equa e resiliente. Il nostro Paese ha ricevuto la quota più grossa del Recovery fund, se vogliamo rendere strutturali gli strumenti fondati sul debito comune occorre dimostrare che siamo in grado di spendere queste risorse al meglio e nei tempi previsti”

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