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֎Dal 10 gennaio scorso e fino al 7 febbraio la Commissione Ue ha attivato un forum on line per ascoltare il parere dei cittadini europei su come applicare l’importante atto legislativo. Restore nature è un elemento chiave della strategia Ue sulla biodiversità, che stabilisce obiettivi vincolanti per ripristinare gli ecosistemi degradati, in particolare quelli con il potenziale maggiore di catturare e immagazzinare carbonio e per prevenire e ridurre l’impatto dei disastri naturali֎
Inizia la fase attuativa del regolamento Ue «Restore nature» (Restoration law). Dal 10 gennaio scorso e fino al 7 febbraio la Commissione Ue ha attivato un forum on line per ascoltare il parere dei cittadini europei su come applicare l’importante atto legislativo. Restore nature è un elemento chiave della strategia Ue sulla biodiversità, che stabilisce obiettivi vincolanti per ripristinare gli ecosistemi degradati, in particolare quelli con il potenziale maggiore di catturare e immagazzinare carbonio e per prevenire e ridurre l’impatto dei disastri naturali.
«La natura europea — afferma la Commissione — è in preoccupante declino, con oltre l’80% degli habitat in cattive condizioni. Ripristinare zone umide, fiumi, foreste, praterie, ecosistemi marini e le specie che ospitano aiuterà ad aumentare la biodiversità, a proteggere le cose che la natura fa gratuitamente, come la pulizia dell’acqua e dell’aria, l’impollinazione delle colture e la protezione dalle inondazioni, a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, a rafforzare la resilienza e l’autonomia strategica dell’Europa, prevenendo i disastri naturali e riducendo i rischi per la sicurezza alimentare».
Gli obiettivi specifici del regolamento per zone umide, foreste, praterie, fiumi e laghi, brughiere e macchia, habitat rocciosi e dune sono migliorare e ristabilire habitat ricchi di biodiversità su larga scala e riportare le popolazioni di specie migliorando e ampliando i loro habitat; per gli insetti impollinatori, invertire il declino delle popolazioni di impollinatori entro il 2030 e raggiungere un trend crescente per le popolazioni di impollinatori, con una metodologia per il monitoraggio regolare degli impollinatori; per gli ecosistemi forestali, il raggiungimento di una tendenza crescente per il legno morto in piedi e in giacenza, foreste di età irregolare, connettività forestale, abbondanza di uccelli forestali comuni e stock di carbonio organico; per gli ecosistemi urbani, nessuna perdita netta di spazi verdi urbani e di copertura arborea entro il 2030 e un aumento costante della loro superficie totale a partire dal 2030; per gli ecosistemi agricoli, l’aumento delle farfalle delle praterie e degli uccelli delle zone agricole, lo stock di carbonio organico nei suoli minerali delle coltivazioni e la quota di terreni agricoli con caratteristiche paesaggistiche ad alta diversità; ripristino delle torbiere drenate sotto uso agricolo; per gli ecosistemi marini, il ripristino di habitat marini quali praterie di fanerogame marine o fondali sedimentari che apportano notevoli benefici, anche per la mitigazione dei cambiamenti climatici, e ripristino degli habitat di specie marine iconiche quali delfini e focene, squali e uccelli marini; per la connettività fluviale, l’identificazione e la rimozione delle barriere che impediscono la connettività delle acque superficiali, in modo che almeno 25.000 km di fiumi siano ripristinati allo stato di flusso libero entro il 2030.
Vasto programma e tempistica velleitaria
Restore nature ha richiesto molti anni di discussione con fermate e ripartenze fino all’approvazione finale da parte del Consiglio europeo a giugno 2024 e la sua entrata in vigore ad agosto 2024. Ora gli Stati membri devono presentare alla Commissione i Piani nazionali di ripristino entro la metà del 2026, indicando come intendono raggiungere gli obiettivi. Saranno inoltre tenuti a monitorare e riferire sui loro progressi. L’Agenzia europea per l’ambiente redigerà relazioni tecniche regolari sui progressi verso gli obiettivi. La Commissione, a sua volta, riferirà al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del regolamento.
Il testo finale è caratterizzato da una serie di deroghe alle norme di tutela soprattutto per gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Deroghe assolutamente ingiustificate nell’ottica di protezione e ripristino degli habitat. Peraltro, proprio l’importante direttiva Ue per la conservazione degli habitat naturali (la direttiva «Habitat», appunto), che dal 1992 ha consentito al continente europeo di sviluppare per la prima volta una rete di siti tutelati per la presenza di specie e di ecosistemi a rischio di scomparsa, viene accantonata anziché sviluppata in modo migliore per lasciare spazio agli obblighi di risultato del regolamento Restore nature tutt’altro che di facile raggiungimento. È anche quello che eccepiscono i primi commenti inviati alla Commissione Ue nel forum on-line.
«La stragrande maggioranza dell’Europa — scrive un anonimo cittadino tedesco — è costituita da aree di insediamento e paesaggi culturali di ogni tipo. In tale contesto, è innanzitutto necessario determinare l’obiettivo di tale “ripristino naturale”. Come cittadino poco informato, devo presumibilmente supporre che le aree di insediamento e i paesaggi culturali vengano trasformati in aree naturali. Tuttavia, ciò può accadere solo se le persone si ritirano completamente da queste aree. È quindi assolutamente impossibile applicarlo alle aree di insediamento». Ed ancora «un equilibrio tra ripristino ecologico e preservazione delle attività rurali! — scrive un cittadino francese che si occupa di progetti nel campo della tutela della biodiversità —. Vorrei mettervi in guardia dal rischio di una visione dogmatica che limiterebbe o addirittura vieterebbe le attività umane essenziali per il mantenimento dei paesaggi e della biodiversità. Gli attori rurali, compresi cacciatori, agricoltori e gestori delle foreste, devono essere riconosciuti come partner nel ripristino ecologico e non come ostacoli. Mi oppongo fermamente a qualsiasi approccio di Rewilding che cerchi di escludere queste attività tradizionali a favore di una natura fissa e disconnessa dall’uso umano».
Piani di ripristino e logiche un po’ vecchie
Intanto per avviare la predisposizione del Piano di ripristino da consegnare alla Commissione Ue entro metà 2026, il ministero dell’Ambiente italiano ha chiesto alle Regioni, una decina di giorni fa, di trasmettere entro il 3 febbraio schede progettuali con definizione piuttosto avanzata. Potrebbe essere un ennesimo recupero di progetti custoditi nei cassetti da anni o da decenni che forse hanno molto poco di ripristino ecologico. Pnrr docet.
Fabio Modesti
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