Sassari Il clima in Sardegna nei prossimi decenni sarà caratterizzato da un aumento della temperatura e da una diminuzione delle precipitazioni, oltre a un contemporaneo aumento di fenomeni di piogge estreme, che pongono la regione a rischio siccità ed eventi distruttivi. Per la sua posizione al centro del Mar Mediterraneo, la Sardegna, considerata uno degli hotspot identificati dall’Ipcc per i cambiamenti climatici, è una delle regioni critiche, ad alto rischio climatico. Le proiezioni degli indicatori per il futuro mostrano un generale aumento della temperatura media, con un incremento fino a 1,6°C nel 2050. Questo valore coincide con quello atteso per la macro-zone dell’Italia centrale.
Lo scenario che si prefigura nei prossimi 25/30 anni mostra una riduzione generale dei periodi con giorni molto freddi, cioè con temperature massime e minime inferiori a 0°C e crescita dei periodi con giorni ad alta temperatura, caratterizzati da ondate di calore e notti tropicali, in aumento di circa 17 giorni, con variazioni maggiori lungo la costa orientale dell’isola. Sono alcuni dei dati elaborati dal Centro Studi per il Cambiamento Climatico, promosso da Greenway Group Srl ed Ecogest, che ha pubblicato recentemente il Report climatico della Regione Sardegna. Il report segue una serie di altri studi a carattere regionale che il Cscc ha recentemente prodotto, su gran parte del territorio nazionale, ma anche sull’intera area mediterranea, e pubblicato a beneficio anche degli Enti territoriali competenti. In Sardegna oltre 6mila chilometri quadrati di territorio sono a rischio di possibili frane, di cui circa 1.649 chilometri quadrati sono a rischio molto elevato e alto.
Sul territorio regionale poi ci sono circa 12mila edifici in forte pericolo (2% del totale) e più di 42mila sono minacciati da un rischio di frana medio (7% del totale), con il possibile coinvolgimento in frane rovinose di 9mila famiglie e circa 22mila persone, che attualmente corrono un rischio elevato. Allo stesso modo, sono a rischio frane e smottamenti più di mille imprese e 324 centri culturali. Anche il rischio alluvionale è alto con circa 823 chilometri quadrati di territorio che rientrano nello scenario di elevata probabilità (più del 3% del totale) e circa 29mila edifici sono ad alta pericolosità (5% del totale).
In uno scenario di pericolosità elevata vi sono anche 6.600 aziende, 32.202 famiglie, 78.500 abitanti e 352 beni culturali. Infine, un ultimo motivo di allarme nella regione Sardegna legato ai cambiamenti climatici è l’aumento degli incendi e delle aree forestali a rischio. La situazione nella regione è considerata sempre più grave, poiché l’aumento delle temperature oltre le soglie stagionali, e la prolungata mancanza di precipitazioni, hanno messo in crisi le aziende agricole e zootecniche. Infatti, nel 2024, migliaia di ettari di pascoli e foreste sono stati colpiti da incendi. «La temperatura – dichiara Valerio Molinari, presidente del Cscc e azionista di riferimento di Ecogest Spa cofondatrice del Centro Studi – è il parametro climatico che mostra più chiaramente i cambiamenti del clima nella regione Sardegna, con un significativo aumento che ci aspettiamo da qui ai prossimi 30 anni. È necessario che dalla diagnosi si passi alla cura».
Gli effetti del cambiamento climatico sono sempre più evidenti e incidono in maniera significativa sulla nostra vita. Tra i settori più colpiti senza dubbio troviamo quello delle infrastrutture di trasporto. Dall’evidenza dei numeri appena riportati risulta evidente che la manutenzione delle reti infrastrutturali sia fondamentale quando si parla di infrastrutture stradali e della loro capacità di essere resilienti agli effetti del cambiamento climatico. «Le soluzioni esistono, e sono molteplici – continua Valerio Molinari -. Innanzitutto, bisogna pianificare e rimodulare la manutenzione supportandola attraverso soluzioni come telecamere online, stazioni meteorologiche, sensori di carico stradale, sistemi telematici avanzati in grado di regolare il flusso del traffico e di evitarne la congestione. Importante anche la scelta di nuovi impianti a verde, che influisce sullo stato di conservazione delle infrastrutture stradali e autostradali. Tra le soluzioni potremmo pensare, per l’esempio, a piante ed alberi autoctoni nei nuovi impianti, razionalizzazione e adeguamento della pianificazione degli interventi di manutenzione, applicazione di nuove tecnologie di studio e controllo alla manutenzione del verde, a partire dai droni e dal monitoraggio continuo dello stato della vegetazione».
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