Unità europea alla prova, tra amici del tycoon e non

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Gli europei cercano una strategia comune nei confronti di Donald Trump e della guerra dei dazi che il presidente Usa sembra voler scatenare contro la Ue, definita «atroce» sul commercio. Per la Ue potrebbe essere un crash test sull’unità del blocco. Non è certo che la posizione pragmatica della Commissione, che ha il controllo della politica commerciale Ue, possa garantire l’unità dei 27. C’è una maggioranza che reagisce con fermezza, ma una forte corrente non vuole trascurare il dialogo e alcuni – Italia, Ungheria e anche Polonia, che ha la presidenza semestrale del Consiglio – mettono avanti la vicinanza con Trump. Anche l’esclusione della Gran Bretagna dai dazi, almeno stando a recenti dichiarazioni di Trump, contribuisce ad aumentare la confusione.

Tanto più che, ieri, la sospensione per un mese dei dazi del 25% imposti al Messico e l’apertura di discussioni con il Canada, lascia spazio a tutte le congetture.

IERI, I 27 SI SONO RIUNITI a Bruxelles per un «ritiro», non un Consiglio, neppure informale – è il nuovo metodo proposto dal nuovo presidente, il portoghese Antonio Costa – che, assieme alla Difesa europea, ha avuto al centro la questione della reazione alla minaccia di Trump sui dazi. Il senso del «ritiro» è stato di accelerare l’agenda europea, anche sul fronte delle relazioni Ue-Usa, compresa la questione della Groenlandia, che Trump vorrebbe conquistare per la «sicurezza» Usa. Per il momento, Bruxelles tiene i toni bassi. Prima del cambiamento di posizione di Trump, la Commissione si era detta «dispiaciuta» per i dazi imposti a Messico e Canada. Per l’Alta rappresentante della politica estera, Kaja Kallas, «nella guerra dei dazi non ci sono vincitori, chi se la ride è la Cina», Ue e Usa sono legati da bisogni reciproci, «i dazi non vanno bene né per l’occupazione né per i consumatori». «La nostra relazione commerciale e di investimenti con gli Usa è la più grande del mondo, c’è molto in gioco» sottolinea la Commissione, che aggiunge: «La Ue risponderà con fermezza contro dazi ingiusti e arbitrari imposti ai beni europei». Come tradurre in pratica questa fermezza? Per il presidente francese, Emmanuel Macron, «la Ue deve farsi rispettare, se saremo attaccati sul fronte commerciale, la Ue deve reagire». Per il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ci vuole reazione, ma è «importante non dividere il mondo con numerose barriere tariffarie». Ma il ministro delle Finanze tedesco mette in guardia: «Non reagire con il panico», ma vedere l’attacco come «l’inizio di un negoziato». Il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, si dice «sorpreso» dalle minacce, ma propone di non avere «paura».

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L’Italia è ambigua, cerca uno spazio per proporsi come «ambasciatrice» della Ue con Trump. Le presidenti della Commissione e della Bce, Ursula von der Leyen e Christine Lagarde, hanno proposto di aumentare gli acquisti di gas dagli Usa per calmare Trump. All’est, c’è chi pensa di aumentare l’import di armi.

I PAESI EUROPEI non sono tutti uguali nelle relazioni commerciali con gli Usa. Trump afferma che il deficit commerciale Usa rispetto alla Ue è di 300 miliardi, mentre in realtà è di 155,8 miliardi, per i beni. Invece, c’è un deficit europeo nei servizi, digitali in particolare. In attivo è soprattutto la Germania (auto), seguita dall’Italia. Nel 2018, Trump aveva aumentato i dazi del 10% sull’alluminio europeo e del 25% sull’acciaio, che aveva causato un calo del 53% dell’export. C’erano stati dazi su Airbus, su prodotti alimentari (vino, olio), più 25% sulle macchine utensili.

La rappresaglia della Ue aveva colpito dei prodotti Usa emblematici: bourbon, moto Harley, jeans, succo d’arancia. Adesso la Ue potrebbe persino utilizzare lo strumento anti-coercizione, varato nel 2023, per restringere l’accesso ai mercati Ue.

CON LA UE c’è anche la tensione sulla Groenlandia, che Trump considera necessaria alla sicurezza Usa, per le terre rare, l’uranio e altri metalli, oltre agli idrocarburi. Mette Frederiksen, prima ministra danese, è stata a Parigi e a Berlino, prima del «ritiro» di Bruxelles. Copenaghen resta prudente, per questo territorio associato alla Ue (da cui si è ritirato dopo un referendum del 1982).



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