Alluvione 2023 in Toscana, ecco perché Biffoni e Calamai sono indagati per disastro e omicidio colposo

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di Antonella Mollica

Piani mancanti, misure inadeguate: l’allora sindaco di Prato e il collega di Montemurlo sotto accusa
per la morte di Ciolini e Tumolo. Altri tredici indagati tra amministratori ed ex, tecnici e dirigenti

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La pioggia torrenziale caduta in Toscana la sera del 2 novembre 2023 fu un evento eccezionale. In appena 3 ore caddero 180 millimetri di acqua che provocarono l’allagamento di Prato, a causa dell’esondazione del Bisenzio e del torrente Bardena, di Montemurlo, per l’esondazione del torrente Bagnolo e di Campi Bisenzio. Case e negozi finirono sott’acqua mentre le strade si trasformarono in veri e propri fiumi. Il bilancio di quel nubifragio nel Pratese fu di due anziani morti e due uomini salvati per miracolo, un cinese finì sommerso nelle acque del Bisenzio dopo che crollò il manto dell’autostrada all’altezza del casello di Prato est, e un italiano fu salvato da un uomo dell’Honduras che attraversò le acque del torrente legandosi una corda intorno al corpo per andare a recuperarlo. Il danno complessivo, tra famiglie e aziende, fu stimato dalla Regione in oltre 2,7 miliardi.

Anche a Campi Bisenzio morì un uomo di 69 anni ma dell’inchiesta aperta dal procuratore capo Filippo Spiezia un mese dopo il suo arrivo a Firenze non si sa nulla. A distanza di un anno e tre mesi invece la Procura di Prato guidata da Luca Tescaroli, che si è avvalso di quattro consulenti tecnici, ha chiuso l’inchiesta. E ieri ha recapitato 15 avvisi di conclusione delle indagini ad amministratori e tecnici della protezione civile con accuse che vanno dall’omicidio colposo al disastro colposo. Tra loro ci sono l’ex sindaco di Prato Matteo Biffoni, indagato per la morte di Antonio Tumolo, 82 anni, travolto dall’onda di piena mentre era nella sua auto e ritrovato dopo una settimana in un vivaio a Iolo. Stessa accusa anche per il sindaco di Montemurlo Simone Calamai, in relazione alla morte di Alfio Ciolini, 85 anni, annegato in mezzo metro d’acqua nel salotto di casa sua a Bagnolo.




















































Sono in totale cinque gli amministratori ed ex amministratori di Prato e Montemurlo indagati. Oltre a Biffoni e a Calamai c’è l’ex assessore all’urbanistica Valerio Barberis, l’attuale vicesindaco Simone Faggi e l’assessora alla protezione civile di Montemurlo Valentina Vespi. Per non avere adottato procedure di sorveglianza idraulica e per non avere chiuso il tratto autostradale finito sott’acqua sono stati indagati anche i due direttori protempore del quarto tronco autostrade e il dirigente settore difesa del suolo del Genio civile.

Secondo l’accusa delle pm Valentina Cosci e Alessia La Placa, l’amministrazione di Prato pur essendo a conoscenza della pericolosità del torrente Bardena-Iolo, già esondato nel 1992, non avrebbe fatto mappare e aggiornare l’area Fornaci di Figline come zona ad elevato rischio idraulico e durante l’emergenza non avrebbero adottato misure come limitare il traffico nella via di Cantagallo dove Tumolo, sulla sua Mini Cooper, venne risucchiato nella cassa di espansione del torrente in un punto in cui peraltro mancava anche il guardrail. Indagati a Prato anche la dirigente dell’urbanistica, il responsabile della protezione civile e il dirigente del Genio civile Valdarno centrale.

Per la morte di Ciolini sono indagati in cinque: oltre al sindaco Calamai e all’assessora Vespi ci sono la coordinatrice della protezione civile, la responsabile del servizio ambiente, l’assessora con delega alla protezione civile, il responsabile della protezione civile e sempre il dirigente del genio civile Valdarno centrale. Secondo l’accusa non avrebbero aggiornato il piano di protezione civile risalente all’ottobre 2012, durante l’emergenza non avrebbero avvisato anche con i megafoni i cittadini e non avrebbero provveduto a sistemare gli argini: a Bagnolo di sotto, è stato accertato, mancava per 30 metri il muro di argine. Tra i 15 indagati c’è anche il direttore del Consorzio di bonifica medio Valdarno e il direttore dei lavori. Proprio in merito all’argine sono accusati di falso ideologico in atto pubblico per aver dichiarato nella perizia giustificativa dei lavori di somma urgenza per il consolidamento della sponda del torrente che il muro era crollato sotto l’effetto della piena mentre, secondo l’ipotesi della Procura, il muro era già mancante prima dell’alluvione.

«Al Consorzio viene contestate un’inesatta descrizione dell’opera oggetto di ricostruzione contenuta all’interno della perizia giustificativa descrittiva dei lavori da realizzare — è il commento del presidente del Consorzio Paolo Masetti, in carica dallo scorso dicembre — Piena fiducia nell’operato del direttore e dei tecnici del Consorzio che tanto si sono spesi all’indomani dell’evento. Abbiamo piena fiducia nel lavoro della magistratura e siamo certi che alla fine saremo dichiarati estranei anche a questo tipo di contestazione, a nostro avviso più formale che altro». 

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5 febbraio 2025 ( modifica il 5 febbraio 2025 | 07:22)

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