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Migliaia di dataset statunitensi su clima e ambiente stanno sparendo per il volere di Trump

Nelle ultime settimane, migliaia di dataset governativi statunitensi sono spariti da “data.gov”, il portale ufficiale che raccoglie e rende accessibili le informazioni pubbliche negli Stati Uniti. Un’operazione “silenziosa”, che ha allarmato ricercatori, giornalisti e archivisti digitali che ora sono impegnati in una corsa contro il tempo per salvare ciò che ancora accessibile. Se l’eliminazione di dati pubblici è già di per sé un problema per la trasparenza democratica, lo diventa ancora di più quando si tratta d’informazioni essenziali per comprendere e affrontare le crisi globali. Molti dei dataset rimossi, infatti, riguardano il clima, la biodiversità, l’inquinamento e altre tematiche ambientali. Stiamo parlando di anni di dati sulle temperature, livelli di CO₂, qualità dell’aria, scioglimento dei ghiacci e cambiamenti negli ecosistemi, raccolti da agenzie federali come la NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) e l’EPA (Environmental Protection Agency). Durante il primo mandato di Trump, circa il 20% delle informazioni ambientali presenti sul sito dell’EPA furono rimosse e, con l’inizio del suo secondo mandato, si è registrata una nuova ondata di cancellazioni circa contenuti e dati sul cambiamento climatico e sulla salute dei cittadini. La cancellazione di questi dati rappresenta un esempio di censura “indiretta”, ossia sulle fonti per minare dal basso la creazione d’informazione oscurando evidenze scientifiche disponibili alla pubblica opinione, limitando la possibilità di denunciare l’impatto antropico sul Pianeta. Il disegno è chiaro. Senza dati ufficiali che siano facilmente accessibili, diventa molto più difficile per giornalisti e ambientalisti lavorare su decisioni politiche che favoriscono l’industria fossile. E il digitale sotto questo profilo è l’ideale. Un tempo infatti un documento cartaceo veniva deposto per anni in uno scaffale e rimaneva consultabile per un tempo infinito anche con un buon grado di sicurezza perché proprio negli Usa i documenti cartacei sono conservati in tre copie in tre biblioteche differenti affinché almeno una sopravviva anche alle catastrofi naturali.

 

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Sistema fragile

«Nell’era digitale, questo sistema di distribuzione/conservazione/accesso è crollato perché le pubblicazioni digitali non sono più distribuite alle biblioteche e gli enti governativi pubblicano molto di più su Internet; ma non hanno regolamenti o politiche chiare in materia di conservazione», ha detto James Jacobs, ricercatore di Stanford e attivista di Free Government Information, al magazine on line 404 Media. La fragilità del sistema digitale è chiara. È sufficiente anche solo un cambio d’indicizzazione su un sito come “data.gov”, che è un aggregatore di risorse, per mettere in crisi ricercatori, storici o giornalisti, per non parlare di sistemi automatici d’intelligenza artificiale che elaborano in base alla presenza di questi dati.

 

Nascondere i dati

Ed è un vizio tutto repubblicano quello della distruzione dei dati per negare evidenze. Oltre a Trump, che già durante il primo mandato distrusse oltre il 20% dei dati sul cambiamento climatico dell’EPA, anche George W. Bush manipolò e rimosse dati scientifici sul clima. Il caso di data.gov non è un’eccezione, ma il sintomo di un problema più grande. In tutto il mondo, infatti, i dati ambientali e scientifici stanno diventando sempre più difficili da reperire. Alcuni governi li nascondono dietro paywall, altri li limitano per ragioni di sicurezza nazionale o di copyright, altri ancora smettono semplicemente di raccoglierli, attraverso il taglio dei fondi. Si tratta di un fenomeno pericoloso. Se l’accesso ai dati è compromesso, il rischio è che le decisioni politiche e industriali vengano prese senza una base scientifica solida, favorendo interessi privati a discapito del bene comune. Per questo, proteggere i dati pubblici – soprattutto quelli ambientali – non è solo una questione di archivistica, ma una battaglia per la democrazia e per la salvaguardia del Pianeta. Ma sembra che siano in pochi ad essere sensibili a ciò.



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