Corano bruciato, in Svezia le religioni si possono offendere

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Salwan Momika e Salwan Najem sono i due iracheni residenti in Svezia che nel 2023 in quattro diverse occasioni hanno bruciato delle copie del Corano scatenando collera e indignazione e violente manifestazioni di protesta in tutto il mondo islamico. Lo scorso agosto erano stati entrambi rinviati a giudizio. Salwan Momika è stato ucciso il 29 gennaio, il giorno prima che i giudici pronunciassero la sentenza, rinviata per questo al 3 febbraio. Salwan Najem è stato condannato a due anni di libertà vigilata e al pagamento di una sanzione.

Le copie del Corano erano state bruciate nel corso di eventi pubblici per i quali Momika e Najem avevano chiesto e ottenuto l’autorizzazione delle autorità. Uno, che gli organizzatori avevano scelto di tenere davanti alla principale moschea della capitale Stoccolma, si era svolto il 28 giugno, giorno in cui in tutto il mondo i musulmani stavano celebrando Eid al-Adha, la festa del sacrificio, una delle loro due ricorrenze più importanti. Prima di bruciare il Corano Momika aveva messo per spregio tra le sue pagine una fetta di pancetta (per i musulmani il maiale è un animale impuro) e ne aveva strappato e calpestato alcune pagine. Le autorità avevano valutato che il rischio di reazioni, di attentati terroristici era basso.

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Avevano anche messo in conto il fatto che potessero esserci delle conseguenze “di politica estera”, decidendo tuttavia che anche a questo proposito la tutela della libertà di espressione avesse più importanza. Piuttosto il problema era stato che dal 12 giugno era entrato in vigore il divieto di accendere fuochi all’aperto in tutta la città, ma si decise di fare un’eccezione. La portavoce della polizia di Stoccolma, Helena Bostrom Thomas, aveva spiegato ai mass media: «la libertà di espressione ha un peso maggiore rispetto alla eventuale violazione del divieto di accendere un fuoco».

Di sicuro per le autorità svedesi ha anche un peso maggiore del rispetto dovuto alle religioni, a quella islamica in quel caso, e ai sentimenti dei loro fedeli, dal momento che hanno autorizzato, e più di una volta, un grossolano, estremo oltraggio a un libro sacro e la sua distruzione in pubblico, ostentata: un gesto che non poteva non suscitare nei credenti dispiacere, costernazione e giusta collera.

Per arrivare a tanto probabilmente bisogna credere che la religione sia un fattore secondario, marginale nella vita delle persone o almeno di gran parte di esse, qualunque sia la fede che professano. Sarebbe interessante sapere, allora, che cosa le autorità svedesi pensano delle persecuzioni religiose: quelle dei regimi comunisti che limitano la libertà di culto, quella della dittatura nordcoreana che vieta di pregare e leggere testi sacri persino in privato; e che cosa pensano dei 380 milioni di cristiani perseguitati: le loro Bibbie requisite e mandate al macero, le chiese date alle fiamme, le statue di santi e i crocifissi vandalizzati, le ostie consacrate rubate, gettate via, calpestate. Devono ritenere che non sia poi così grave e questo probabilmente, o soprattutto, perché hanno come riferimento le moltitudini di cristiani poco o per niente praticanti e le società europee secolarizzate in cui vivono. Spariscono i crocifissi dai luoghi pubblici, si omette o addirittura si falsifica il significato delle feste cristiane, attribuendone l’origine a epoche pagane, gli alberi di Natale sostituiscono i Presepi: questo e altro succede, e tanti cristiani non si risentono, non se ne accorgono nemmeno perché magari ricorrono alla Chiesa, e non necessariamente alla Fede, solo per battesimi, matrimoni e funerali.

Le autorità svedesi che hanno autorizzato gli eventi irriverenti di Momika e Najem non hanno sotto gli occhi i cristiani, i musulmani, gli ebrei, gli indù, i fedeli di tutte le altre religioni praticate nel mondo per i quali invece la religione è l’essenza, la speranza e il senso dell’esistenza, irrinunciabile tanto da accettare il rischio della persecuzione e del martirio. La religione permea la loro esistenza, e ancora sono la maggior parte dell’umanità. La profanazione del Corano autorizzata in Svezia ha offeso i musulmani, due miliardi di persone, quasi un quarto della popolazione mondiale. In realtà ha offeso i fedeli di ogni religione e anche chi, sebbene agnostico, crede nelle libertà personali, una delle quali è la libertà di religione. Fece bene il consiglio per i diritti umani a indire subito una riunione urgente per discutere «l’allarmante aumento di atti premeditati e pubblici di odio religioso come dimostra la profanazione del sacro Corano in alcuni Paesi europei e non solo».

Alla fine però Momika e Najem sono stati incriminati; Najem è stato condannato. Ma la condanna non è stata per blasfemia, per oltraggio alla religione, bensì per incitamento all’odio razziale. Il procuratore Daniel Suneson il 3 febbraio, dopo la pubblicazione della sentenza, ha spiegato che i due iracheni, mentre bruciavano il Corano, hanno espresso commenti sprezzanti e denigratori sui musulmani, questa è stata la loro colpa. «Non è il fatto di bruciare il Corano in sé – ha detto – ma il fatto di averlo bruciato esprimendo giudizi negativi su che cosa si fa in nome del Corano e in relazione ad esso».




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