Così si potrà usare la rendita dei fondi per agevolare l’accesso alla pensione di base

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di Simona Palone*

La legge di Bilancio 2025 ha introdotto alcuni meccanismi di integrazione tra previdenza pubblica e previdenza complementare; questo con il duplice obiettivo di agevolare l’accesso alla pensione di base, sia di vecchiaia che anticipata, anche ai cosiddetti “contributivi puri” e di valorizzare, al contempo, il cosiddetto secondo pilastro pensionistico.

In particolare, i lavoratori assunti successivamente al 1° gennaio 1996 e quindi privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 (i “contributivi puri”), potranno considerare anche il valore delle prestazioni di rendita dei fondi pensione a cui hanno aderito, ai fini del raggiungimento degli “importi soglia” stabiliti per l’accesso alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata nel sistema pensionistico pubblico (cfr. art. 1, cc. 181-185, L. n. 207/2024).

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Secondo le attuali regole previste dal D.L. 201/2011, convertito nella L. 214/2011 (Legge Fornero), per questi lavoratori l’accesso ai trattamenti pensionistici è subordinato al raggiungimento di alcuni “importi-soglia”. Per l’accesso alla pensione di vecchiaia, oltre al requisito anagrafico di 67 anni, unito a un requisito contributivo minimo di almeno 20 anni, occorre aver raggiunto anche un “importo soglia” pari a quello dell’assegno sociale. Senza questo requisito, il lavoratore dovrà attendere il raggiungimento dei 71 anni, oltre i quali, in ogni caso, sarà sufficiente aver maturato almeno 5 anni di contribuzione effettiva per l’accesso alla pensione.

Per l’accesso alla pensione anticipata, oltre ad aver raggiunto un requisito anagrafico di 64 anni e un requisito contributivo di 20 anni, il lavoratore deve raggiungere un “importo-soglia” pari ad un trattamento pensionistico mensile che non risulti inferiore ad un importo pari a tre volte l’assegno sociale, ridotto a 2,8 volte per le donne con un figlio e a 2,6 volte per le donne con due o più figli.

Con le novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2025, i lavoratori con primo accredito contributivo post 1° gennaio 1996 e aderenti ad un fondo pensione possono utilizzare anche i contributi versati al fondo pensione per maturare i predetti “importi-soglia”. Tuttavia, per l’accesso alla pensione anticipata, in caso di concorso della previdenza complementare al raggiungimento degli “importi-soglia”, sono stati introdotti alcuni requisiti maggiormente restrittivi rispetto alle regole vigenti. Pertanto, il requisito contributivo minimo richiesto aumenterà, a partire dal 1° gennaio 2025, di 5 anni (da 20 a 25 anni) nonché di ulteriori 5 anni a partire dal 1° gennaio 2030 (da 25 a 30 anni).

La pensione anticipata, inoltre, non sarà cumulabile, fino alla maturazione dei requisiti generali di accesso alla pensione di vecchiaia (oggi 67 anni di età e 20 anni di contributi), con redditi di lavoro dipendente o autonomo, a eccezione di quelli da lavoro autonomo occasionale nel limite di 5.000 euro lordi annui. Inoltre, a partire dal 1° gennaio 2030, è previsto in via generale un aumento dell’“importo soglia” richiesto per la pensione anticipata, da 3 a 3,2 volte dell’assegno sociale.

Ai fini del computo dei predetti “importi-soglia”, il valore teorico delle rendite sarà ottenuto trasformando il montante effettivo accumulato nei fondi pensione con il valore dei coefficienti di trasformazione vigenti nel sistema Inps al momento del pensionamento. In questo meccanismo, i fondi pensione dovranno mettere a disposizione degli aderenti che ne facciano richiesta la proiezione certificata attestante l’effettivo valore della rendita mensile, secondo gli schemi di erogazione adottati. Per l’effettiva applicazione delle nuove misure, occorre attendere l’emanazione di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, a cui spetta la disciplina delle modalità di calcolo della rendita di previdenza complementare maturata e le modalità di certificazione della proiezione della rendita stessa.

Sicuramente le misure introdotte per “i contributivi puri” rappresentano una piccola rivoluzione nel nostro sistema di previdenza sociale, in quanto la previdenza complementare è chiamata non più solo ad integrare l’assegno di primo pilastro, ma anche, in senso più ampio, a garantire il raggiungimento dei requisiti “soglia” per ottenere la pensione di base.

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Il secondo pilastro recupera, dunque, ulteriore coerenza e concretezza, rispetto alla “funzionalizzazione”, alla realizzazione dello stesso interesse pubblico di cui alla previdenza obbligatoria, attribuitagli dalla Corte costituzionale ai fini dell’attuazione dell’art. 38, comma 2, Cost. ormai 25 anni fa (Corte cost. sentenza n. 393 del 2000; nello stesso senso, ordinanza n. 319 del 2001). Tuttavia, trattandosi di misure di cui possono e potranno fruire solo i lavoratori ad integrale regime contributivo di primo pilastro che hanno aderito e aderiranno ad un fondo pensione, si rendono necessari altrettanti interventi che incrementino in modo significativo le adesioni e la partecipazione al secondo pilastro a capitalizzazione.

* Avvocata giuslavorista, esperta in materia di previdenza complementare. Docente sulla tematica in Master Diritto del Lavoro presso Università La Sapienza di Roma e vari corsi in materia di diritto del lavoro e welfare contrattuale.



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