il governo Meloni e riforma del pre-ruolo dei precari, non rispettato il PNRR?

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L’Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia (ADI) ha presentato un esposto alla Commissione Europea per segnalare il rischio che il Governo italiano possa disattendere gli impegni assunti con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) in materia di riforma delle carriere accademiche. Questa iniziativa rappresenta una mossa estrema di fronte a una situazione che vede il precariato nel mondo della ricerca ancora al centro delle politiche universitarie, invece di essere superato attraverso riforme strutturali efficaci.

Il Disegno di Legge 1240, promosso dalla Ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini e attualmente in discussione al Senato, è contestato da mesi da numerose società scientifiche, sindacati e organizzazioni studentesche. Il motivo principale del dissenso riguarda la riduzione delle tutele e dei diritti per i ricercatori, l’introduzione di nuove figure lavorative prive di adeguate garanzie e l’indebolimento del contratto di ricerca, un importante traguardo ottenuto nella legislatura precedente grazie a anni di battaglie nel settore accademico.

Una riforma che divide e penalizza il mondo accademico

Secondo Elisabetta Piccolotti, deputata di Alleanza Verdi e Sinistra e membro della Commissione Cultura alla Camera, il DDL 1240 rappresenta un evidente passo indietro, dettato unicamente dalla necessità di ridurre la spesa pubblica per l’istruzione e la ricerca. La parlamentare sottolinea come il provvedimento sia frutto di una scelta politica che penalizza l’università italiana, minandone il futuro e riducendo la competitività del sistema accademico a livello internazionale.

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Il disegno di legge introduce nuove figure lavorative para-contrattuali, con meno diritti e minori garanzie, rischiando di compromettere la dignità e le prospettive di carriera dei ricercatori. Inoltre, l’inserimento di questi strumenti contrattuali potrebbe costituire una violazione degli impegni assunti dall’Italia con l’Unione Europea nell’ambito del PNRR, con possibili ripercussioni economiche e istituzionali per il Paese.

Il ruolo dell’Unione Europea nella tutela della ricerca italiana

L’ADI ha richiesto alla Commissione Europea l’accesso ai documenti relativi ai rapporti tra le istituzioni europee e italiane sulla riforma della carriera accademica, oltre a una valutazione formale sulle possibili violazioni degli accordi del PNRR da parte del Ministero dell’Università e della Ricerca. Se la riforma dovesse essere giudicata non conforme agli impegni assunti, potrebbero verificarsi conseguenze significative per i finanziamenti destinati all’Italia nel quadro del piano di ripresa europeo.

Le prospettive future

In un momento di crescita economica incerta, la scelta di ridurre investimenti nella ricerca e nell’istruzione appare per molti osservatori una strategia miope e autolesionista. Gli esperti del settore sottolineano come il futuro del Paese dipenda dalla capacità di attrarre e trattenere talenti, garantendo condizioni lavorative adeguate ai ricercatori. Un eventuale passo indietro sugli impegni del PNRR rischierebbe non solo di indebolire il sistema accademico, ma anche di compromettere l’innovazione e la competitività italiana nel contesto globale.

L’appello rivolto al Governo è chiaro: ritirare il DDL 1240 e destinare una parte dei risparmi ottenuti dalla riduzione degli interessi sul debito pubblico al rafforzamento dell’università e della ricerca. Una scelta che non solo tutelerebbe il futuro delle nuove generazioni di studiosi, ma rafforzerebbe l’intero sistema Paese, garantendo sviluppo e progresso per gli anni a venire.

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