L’analisi di Movimprese: le realtà attive sono 13.900, il 15% in meno rispetto al 2014. Vivacità solo per i servizi
Duemilatrecento imprese manifatturiere in meno in dieci anni. Accade anche a Brescia, provincia del ferro e del tondino per eccellenza nonostante le ambizioni culturali. Il mondo sta cambiando, le produzioni si spostano, imprese nascono, muoiono, si aggregano. E se negli ultimi anni le tempeste sono state violente, dal Covid all’inflazione a doppia cifra passando per guerre e imbuti sulla logistica, la storia della ritirata della manifattura è ovviamente di lunga data. C’entra poco l’automotive, men che meno l’auto elettrica, a cambiare sono la struttura produttiva e le forme d’impresa.
I dati di Movimprese del 2024 dicono che le imprese manifatturiere bresciane attive nell’industria sono 13.900, il 15% in meno rispetto al 2014 (quando erano 16.264). Nel 2019, anno pre-Covid, le imprese manifatturiere erano 15.147. Gli ultimi cinque anni hanno quindi confermato una tendenza di più lungo periodo. L’analisi del decennio fotografa diverse altre tendenze, non solo nel bresciano peraltro. Una di queste è che sono diminuite le imprese agricole (da 10.500 circa a 9,200) e, soprattutto sono calate anche le costruzioni, in agonia per oltre un decennio e che solo grazie ai fortissimi incentivi che hanno interessato il settore hanno dato cenno di resistenza. Nel 2014 le imprese di costruzioni erano 19.221, nel 2024 sono diventate 17.478. In calo continuo anche il commercio, sceso in un decennio da quasi 27mila attività a poco meno di 23.500.
L’unico settore che ha mostrato vivacità è stato quello dei servizi (non di rado servizi alle imprese), cresciuti in un decennio da circa 43 mila attività a quasi 48 mila. Il quadro complessivo fotografa anche un calo del numero di imprese registrate e attive. Nel 2018 quelle registrate erano 120 mila, nel 2024 poco più di 116mila. Quelle attive nel 2014 erano invece 108 mila circa, nel 2024 sono diminuite a 104 mila. Nel decennio è cambiata molto anche la forma giuridica. Le società di capitale sono cresciute di quasi dieci punti percentuali, dal 26% circa del totale a oltre il 35%.
In calo tutte le altre forme giuridiche: le società di persone sono calate dal 20,6% al 16%, quelle individuali dal 51% circa a poco più del 46%. Molti servizi, meno imprese individuali, situazioni mediamente un po’ più strutturate (e anche con una struttura patrimoniale più solida, come hanno osservato alcune analisi fatte dal centro studi Confindustria Brescia), regge meglio chi si aggrega o si unisce a realtà maggiori. Non necessariamente è un male, insomma, questo calo del numero assoluto di imprese sul territorio, anche se talvolta e in alcuni settori sembra più figlio di una globalizzazione subita che non di una scelta voluta. E di sicuro non fanno piacere quei 103 Comuni lombardi, una decina dei quali nel bresciano, che nel 2024 non hanno registrato nemmeno una nuova attività.
La tendenza, ad ogni modo, non è solo bresciana, come osserva Unioncamere in un’indagine condotta a livello nazionale: «Oltre all’aspetto della denatalità di impresa di alcuni territori – ha sottolineato a riguardo il presidente di Unioncamere, Andrea Prete -, vanno valutate ed approfondite le cause che stanno portando a una riduzione della base imprenditoriale di alcuni settori cardine della nostra economia, come il commercio, l’agricoltura e il manifatturiero».
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