Elon Musk ha rilanciato, nella notte fra sabato e domenica su X, l’idea di un movimento nazionalista europeo «per rendere l’Europa più migliore» riciclando lo slogan Mega (Make Europe Great Again) sfruttato da Viktor Orbán per i sei mesi della presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea che gli sono stati consentiti dall’ignavia di tutte le istituzioni europee (Consiglio europeo, Commissione e Parlamento europeo) con la sola eccezione della Corte di Giustizia che ne aveva sottolineato i rischi ma che non ha il potere di togliere i poteri a uno Stato membro che viola lo stato di diritto.
Come sappiamo, lo slogan intende scimmiottare il messaggio Make America Great Again (Maga) al centro della campagna presidenziale di Ronald Reagan che governò gli Stati Uniti dal 1981 al 1989 durante una fase politica caratterizzata da una politica economica conservatrice basata sull’offerta (Reaganomics) e dall’aumento delle spese militari (Strategic Defense Initiative) e che è stato rilanciato da Donald Trump nel 2018 e poi nel 2024.
L’idea di un’alleanza mondiale dei movimenti nazionalisti a partire dall’Europa è stata perseguita prima di Elon Musk da Steve Bannon che lavorò per la creazione di una rete di partiti di estrema destra, che fu consigliere di Donald Trump nel 2017, che fu arrestato e accusato di cospirazione e di riciclaggio di denaro e che da Donald Trump fu graziato a poche ore dalla scadenza del suo mandato.
Non ci rendiamo sufficientemente conto che il nazionalismo degli Stati non può essere combattuto e vinto con una forma di nazionalismo geopoliticamente superiore immaginando un mondo controllato da organizzazioni di integrazione regionale in cui ciascuna difenda i suoi interessi (sopra)nazionali, la sua competitività economica e produttiva, la sua finanza, la sua sicurezza strategica e cioè in cui prevalga il principio della sovranità assoluta trasferito dall’interno degli Stati all’interno delle organizzazioni di integrazione regionale.
Dobbiamo riflettere attentamente a quel che ci disse a Strasburgo il 17 gennaio 1995 François Mitterrand un anno prima della sua morte quando ci invitò a «superare la nostra storia» avvertendoci che «se non riusciremo a superarla bisogna sapere che una regola si imporrà: il nazionalismo è la guerra, la guerra non è solamente il nostro passato ma può essere anche il nostro futuro».
L’immagine del mondo è oggi quella del caos e poiché la politica ha orrore del vuoto, la divisione del mondo fra l’imperialismo sovietico e l’egemonia americana ha lasciato il posto a un sistema bipolare sino-statunitense che mette in crisi il multilateralismo con una globalizzazione governata dal grande capitale e dalla finanza aggressiva di cui Elon Musk ne è l’esempio.
Finito definitivamente l’imperialismo sovietico con la Russia relegata progressivamente nel ruolo di potenza regionale, il bipolarismo è oggi strategicamente, politicamente, economicamente e tecnologicamente rappresentato dall’egemonia degli Stati Uniti e dalla potenza globale della Cina che usa lo strumento geopolitico imperialista nei confronti del Sud Globale e la forza del suo commercio e delle sue tecnologie per imporre al mondo il proprio modello di capitalismo di stato.
L’interdipendenza fra politica interna e politica estera negli Stati Uniti ci deve rendere consapevoli del fatto che la tradizionale tendenza all’isolazionismo statunitense si accompagna con Donald Trump all’ideologia sovranista che ha già esercitato una forte influenza nel mondo fra il 2016 e il 2020 e che la eserciterà ancora di più fino al 2028 perché le pulsioni sovraniste sono nel frattempo aumentate in tutto il mondo.
La risposta europea al programma di Donald Trump Make America Great Again non può essere dunque lo slogan uguale e parallelo Make Europe Great Again sostituendo al nazionalismo degli Stati un improbabile e pericoloso nazionalismo europeo e unificando il sovranismo dei vari patrioti con l’idea di una patria europea sovrana destinata ad aumentare il caos e la conflittualità internazionale.
La strada da percorrere è piuttosto quella di una crescente autonomia strategica europea nella ricerca, nello sviluppo delle nuove tecnologie a partire dalle energie rinnovabili e alternative e dall’infosfera, nella convergenza sociale e ambientale come obiettivo per garantire la competitività, nella cooperazione internazionale con i Paesi esportatori di materie prime e mano d’opera che includa una politica migratoria di accoglienza e di inclusione, nella formazione durante tutto il corso della vita e nella solidarietà intergenerazionale. Tutto ciò richiede un sostanzioso bilancio pluriennale finanziato da risorse proprie e da debito comune per investire in beni pubblici europei e non in un insieme di progetti nazionali come è avvenuto con il Ngeu.
Nel quadro della autonomia strategica si colloca anche la creazione di uno strumento militare comune così come fu immaginato dal Consiglio europeo nel 1999 per raggiungere tutti gli obiettivi delle Missioni di Petersberg di carattere umanitario e di soccorso, di mantenimento della pace e di gestione delle crisi comprese quelle di ristabilimento della pace (peace-keeping, peace building e peace enforcement), di ispezione sul rispetto dei trattati internazionali e di lotta al terrorismo.
La creazione di questo strumento non richiederà maggiori spese con l’eccezione degli investimenti industriali in nuove tecnologie ma un’efficace interoperabilità fra le forze armate nazionali e fra i servizi di intelligence.
Dando sostanza a un progetto sostenibile di governance internazionale e di sovranità condivisa – che si ispiri all’Agenda 2030 e che abbia come base il Patto per il futuro adottato dal Summit delle Nazioni Unite del 22 settembre 2024 colmandone i silenzi nella lotta alla disinformazione, nella priorità alla finanza etica, nel governo equo dei flussi migratori e nella lotta al cambiamento climatico – la risposta europea al sovranismo di Donald Trump e all’imperialismo di Xi Jinping deve riscoprire e rilanciare il valore politico e culturale del Manifesto di Ventotene nella sua dimensione internazionale di lotta alle sovranità assolute.
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