Quando le badanti diventano di famiglia


Hanno alle spalle storie difficili, in cui il denominatore comune è la necessità di trovare i mezzi necessari per la sussistenza della propria famiglia e far studiare i figli nella speranza che possano avere un futuro migliore.

Prendiamo Viola, ad esempio. Un volto sereno, sorridente che si vela di malinconia e preoccupazione quando parla di Tbilisi e della sua Georgia che ha lasciato ormai 6 anni fa quando, rimasta vedova a 54 anni, con due figli di allora 23 e 19 anni da mantenere e voler far continuare a studiare, senza possibilità di trovare lavoro come maestra d’asilo nel suo paese che ha un tasso di disoccupazione del 13,8% (contro il 5,8% dell’Italia ndr) accoglie il suggerimento di una connazionale e viene in Italia in cerca di lavoro.

Prima a Bari, poi Reggio Emilia, Milano e ora a Castello di Fiemme. Occuparsi degli altri le viene facile, nonostante parli poco la nostra lingua e il georgiano sia una famiglia linguistica a sé (cd cartvelica, da Kartli, regione centrale della Georgia storica, cuore culturale del Paese), senza somiglianza alcuna con altre famiglie linguistiche e con un alfabeto proprio: ancora più difficile, quindi, imparare l’italiano. Per fortuna, in questo caso, la tecnologia aiuta e grazie a Google Traduttore siamo riusciti a farci raccontare la sua storia, i suoi progetti, le sue speranze, una su tutte: ritornare a casa dai suoi figli in una Georgia pacifica.

“Mio marito era un professore universitario. Quando all’improvviso è mancato, mi sono ritrovata con una mamma anziana e due figli, Sandro e Levan che stavano ancora studiando. Non avevamo un’assicurazione privata e gli aiuti statali erano insufficienti per mantenerci tutti” spiega Viola. Da qui la decisione di seguire il consiglio di un’amica e raggiungerla in Italia per lavorare come badante.

Pesa molto la vita lontano da casa? La nostalgia della propria famiglia è tanta, specie durante le feste – sono Cristiani-Ortodossi – ma riescono a mantenere i contatti e fare videochiamate con Whatsapp. Non è la stessa cosa, certo, ma rende meno pesante l’assenza di 6 anni “il biglietto costa troppo e i soldi servono là. Almeno per altri 3 anni, quando anche il piccolo avrà finito gli studi, tornerò a casa”. Nel tempo libero si mantiene in contatto con le amiche connazionali conosciute in Italia, ama leggere e fare camminate “Qui è bellissimo! Vado tutti i giorni, anche con la signora“ e, pian piano, imparare l’italiano.

Coraggio e motivazione hanno spinto anche Raissa a lasciare nel 2003 la Moldavia per trasferirsi in Val di Fiemme, dove già sua sorella lavorava come badante. Una destinazione raggiunta a fatica, dopo aver fatto – letteralmente- carte false costate 6 mila euro per raggiungere l’Austria dove, scoperta, ha trascorso un mese in prigione. Da lì in Germania poi in Romania e infine in Italia, dove finalmente ha potuto regolarizzare la sua posizione.

Cosa l’ha spinta a vivere tutte queste traversie?

“La povertà. Tanta. Lavoravamo in campagna, abbiamo una casa con pochi animali. Mio marito è rimasto ferito nella guerra in Afganistan; lo stato gli passa una pensione di soli 7 euro al mese che non bastano per vivere. Abbiamo due figli, un maschio di 39 anni invalido e una ragazza di 38, sposata con tre bellissimi bambini” Ogni anno riesce a tornare a casa per un paio di mesi e veder crescere non solo i nipotini, ma anche la casa che con i soldi guadagnati sta riuscendo a costruire per la sua famiglia.

Ha fatto fatica ad integrarti qui in Val di Fiemme?

“Qui sono tutti accoglienti e con la maggior parte delle famiglie in cui ho lavorato sono ancora in contatto, mi considerano come una di famiglia, una zia. Mia sorella, poi, era già qui e ora abita a Cavalese. Riusciamo a vederci spesso, fare due passi, andare a Trento o a Bolzano a pregare alla chiesa Ortodossa, insomma ormai questa dopo tanti anni è anche un po’ casa mia”

Cemin Sport

Ha mai pensato di farsi raggiungere dai suoi famigliari?

“una volta sono venuti a trovarmi, ma per loro sarebbe più difficile trovare lavoro. Se la salute mi assiste, fra una decina d’anni tornerò io a casa”.

Sempre dalla Moldavia, anche Cristina è venuta in Italia per cercare un lavoro stagionale con cui mantenere i figli piccoli dopo essere stata lasciata dal compagno. Laureata in agronomia, per anni ha lavorato in una ditta che qualche anno fa ha chiuso, lasciandola senza lavoro.

Scaduto il permesso di soggiorno e in attesa del suo rinnovo è rientrata in Moldavia, sperando di riuscire a trovare un posto di lavoro che le consenta di stare vicino ai figli. La porta italiana, però, rimane sempre aperta.

Elisa Zanotta

Martino Vanzo





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