SCUOLA/ “Paritarie penalizzate nonostante la Costituzione e la legge 62, ora serve una svolta”

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La lettera di Giuseppe Zola pubblicata recentemente su questa testata ha gettato un macigno nell’immobile stagno del dibattito sull’attuale condizione in cui si trova la scuola paritaria, le scuole del settore che vi operano, ma soprattutto i cittadini, per il mancato riconoscimento dei diritti costituzionali quando vogliono far valere un diritto fondamentale del loro essere genitori: la libera scelta educativa, ossia il diritto di ogni persona all’educazione, cioè ad educarsi e a essere educata secondo le legittime scelte dei genitori (cfr. Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, art. 26) cui la nostra Costituzione aggiunge all’educare l’altro diritto fondamentale, quello di istruire (art. 30).



Chi è stato nel tempo ed è ancora oggi ideologicamente schierato sulla posizione che porta a pensare che la scuola deve essere solo statale afferma che sicuramente i principi costituzionali sul diritto all’istruzione sono assolti perché è la scuola statale che li deve assolvere, ma dimentica un evento fondamentale: il 10 marzo 2000 il parlamento italiano ha approvato la legge 62/2000, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2000, che all’art. 1 stabilisce, senza dubbi di interpretazione: “Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall’articolo 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali”.

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Un’affermazione fondamentale e pesantissima che stabilisce che la scuola paritaria svolge, a tutti gli effetti, un servizio pubblico e, conseguentemente, i cittadini possono esercitare i loro diritti costituzionali non solo attraverso la scuola statale, ma anche presso una scuola paritaria.

Non mi soffermo sull’interpretazione dell’art. 33 Cost., su cui si sono spese milioni di parole, fiumi di articoli ed infiniti dibattiti, poiché sto parlando dei diritti in capo ad ogni cittadino e non dei diritti delle scuole che, comunque, come recita l’articolo (“Enti e privati hanno il diritto di istituire”) possono essere istituite.



Se è vero che chi opera nel settore della scuola paritaria da anni lamenta il fatto che a distanza di un paio di decenni la legge non ha ancora avuto il suo completamento, sia normativo sia economico, ritengo che il grave problema sollevato da Zola abbia fatto emergere un aspetto rimasto nascosto per anni che, se approfondito, può rimettere in discussione tutta la tematica del riconoscimento dei diritti di genitori, famiglie e studenti, anche da un punto di vista economico.

Proviamo ad incrociare, ad esempio, il contenuto degli articoli 30, 31 Cost. con quello dell’art. 3 Cost.

Se l’articolo 30, come abbiamo già visto, stabilisce il diritto di educare ed istruire i propri figli, evidentemente facendo scelte secondo la propria linea educativa, l’articolo 31 afferma che “la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze l’adempimento dei compiti relativi”, tra cui fondamentali sono l’educazione e l’istruzione dei figli.

Una lettura alla luce dell’articolo 3 evidenzia ancor più il manifestarsi di questo diritto, dato che si afferma: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.

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I tre articoli, complessivamente considerati, sembrano portare ad una logica conclusione: anche una famiglia meno abbiente ha il diritto costituzionale di poter educare ed istruire i propri figli secondo i valori educativi che vuole loro trasmettere ed ha il diritto di avere gli aiuti economici per poterlo fare.

Questo è il valore fondamentale su cui si è basata la battaglia democratica che ha portato all’approvazione della legge di parità e che ha fatto dire al suo padre politico, Luigi Berlinguer, che “la legge di parità è una legge di sinistra perché permette anche ai meno abbienti di poter disporre di offerte formative che altrimenti sarebbero riservate solo a chi ha possibilità economiche”. Credo che questa posizione sia stata utile per convincere i suoi compagni di partito a votare la legge di parità.

Se analizziamo l’articolo 33 nella parte in cui afferma, in riferimento alle scuole non statali, che la Repubblica “deve assicurare ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali” dobbiamo innanzitutto tenere in considerazione che questo articolo è stato scritto quando le scuole “paritarie” non esistevano e, pertanto, se questo diritto era riconosciuto agli studenti frequentanti una scuola non statale, per quanto detto sopra l’avvento della legge 62 lo rafforza, ed è difficile sostenere che un cittadino studente con difficoltà economiche riconosciute possa frequentare una scuola statale completamente a carico dello Stato, mentre debba provvedere personalmente (o con l’aiuto della scuola) a tali costi se frequenta una paritaria. Una discriminazione inaccettabile proprio perché incostituzionale.

La legge 62 fa il suo forte ingresso quando leggiamo l’articolo 34, secondo il quale “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita”. Prima dell’approvazione della legge 62 l’interpretazione era semplice: la gratuità doveva essere offerta attraverso le scuole di Stato quali erogatrici del servizio pubblico. Oggi non è più così! Il citato articolo 1 della legge 62 dice con chiarezza che il servizio pubblico di istruzione non è più erogato solo dalla scuola statale, ma dal “sistema nazionale di istruzione” di cui fanno parte a pieno titolo le scuole paritarie. Sembra un paradosso, ma credo di poter dire che la frequenza quanto meno della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado dovrebbe essere gratuita per i genitori i cui figli frequentano la scuola paritaria, perché è costituzionalmente previsto e perché il servizio pubblico di istruzione di cui fruiscono è già coperto dalle tasse pagate dai cittadini tramite il sistema fiscale.

So di aver gettato un secondo grande macigno nello stagno, ma ritengo che il modo migliore di celebrare la ricorrenza del 25esimo anniversario dell’approvazione della legge di parità sia ricordare i valori fondanti che hanno portato la politica a realizzare con una legge il desiderio fortemente sentito da un popolo.

Offro quindi le mie considerazioni ai politici per una riflessione sulla necessità di attuare la legge di parità sulla base dei valori costituzionali, civili e democratici che rappresenta; ai genitori ed agli studenti che frequentano la scuola paritaria perché acquisiscano consapevolezza dei loro diritti; agli operatori della scuola paritaria perché siano sempre più consapevoli della grande responsabilità che comporta l’aver scelto di offrire un servizio pubblico la cui qualità è base per il futuro dei giovani che frequentano le loro scuole; ai detrattori ideologici perché evitino di vedere la scuola paritaria come un nemico da distruggere, ma come un ricchezza con la quale lavorare in sinergia per avere un sistema scolastico che sappia offrire sempre di più un preparazione solida ai nostri figli, utile a poter dare loro la possibilità di costruirsi un futuro personale e lavorativo.

Siamo di fronte ad una nuova alba e l’augurio è che ciascuno sappia fare la propria parte perché possa trasformarsi in una buona giornata.

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PS: occorre vigilare, perché la disinformazione abbonda. È di questi giorni il grave intervento di un detrattore, che a fronte di uno stanziamento di 50 milioni per il sostegno ad alunni con disabilità gridava: non togliamo soldi alla scuola statale per darli alla scuola paritaria! Una fake news: i “soldi” erano per le famiglie.

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