«Tregua umanitaria» a Goma. I militari ruandesi in città

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Dopo le violenze della scorsa settimana nella città di Goma c’è una certa tranquillità. Emergono, tuttavia, i danni umani (900 morti e circa 3mila feriti come conseguenza dell’uso dell’artiglieria in aree densamente popolate) e materiali della battaglia tra Movimento 23 marzo (M23) e l’esercito regolare (attività danneggiate e saccheggiate – in un grande concessionario sono state portate via oltre 900 motociclette). Si vedono anche alcuni cittadini riportare spontaneamente nei negozi merce di cui si erano appropriati, ma anche uomini armati in abiti civili taglieggiare la popolazione.

Il campo profughi di Kanyaruchinya, a nord di Goma, non c’è più: le tende e tutto ciò che vi era dentro è stato rubato. Non avendo alternative, spiega un testimone locale contattato dal manifesto, «alcuni sfollati hanno deciso di tornare nei loro villaggi (anche se lì loro case sono state distrutte), altri sono ospitati da famiglie a Goma e altri ancora trascorrono la notte sotto le stelle».

L’AFC (Alleanza Fiume Congo) braccio politico dei ribelli dell’M23 ha organizzato lavori di pulizia delle strade e dichiarato una tregua per «ragioni umanitarie». Una sospensione necessaria sollecitata anche dalle Nazioni Unite. Infatti, vi sono vie di accesso bloccate dal 18 gennaio. Dalla sede di Ginevra l’Ufficio Onu per gli affari umanitari evidenzia che «sono in corso trattative per istituire un corridoio umanitario che garantirebbe forniture di assistenza per l’emergenza». In particolare viene segnalata la necessità di riaprire l’aeroporto di Goma.

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Il leader dell’Alliance Fleuve Congo, Corneille Nangaa (foto Ap)

L’Afc in una nota ha espresso la propria condanna contro «l’uso continuato da parte delle Fardc (esercito congolese) di aerei militari dall’aeroporto di Kavumu che bombardano le zone liberate. È importante chiarire che non abbiamo alcuna intenzione di prendere il controllo di Bukavu o di altre località. Riaffermiamo tuttavia il nostro impegno a proteggere e difendere la popolazione civile nonché le nostre posizioni». Sul campo la situazione sembrerebbe più fluida e gli M23 si starebbero dirigendo proprio verso Kavumu (e poi Bukavu, dove diversi diplomatici avrebbero lasciato la città). Il portavoce dell’esercito congolese Sylvain Ekenge ha dichiarato alla Reuters che «M23 dice una cosa e fa sempre il contrario, chiedono un cessate il fuoco per riorganizzare e rafforzare i loro ranghi». In effetti, sono comparsi sui social media video che segnalano l’arrivo a Goma di centinaia di militari ruandesi.

Il premio Nobel per la pace Denis Mukwege ha emesso un comunicato in cui afferma che «questo orribile massacro umano si aggiunge agli oltre sei milioni di uomini, donne e bambini uccisi in tre decenni in questa guerra (…). Ancora una volta la comunità internazionale non potrà dire che non sapeva. Per anni i rapporti delle Nazioni Unite hanno sottolineato le responsabilità del Ruanda nell’organizzare e condurre questa guerra, ma fino a oggi nulla di significativo è stato fatto. Quella del Congo – scrive Mukwege – è una guerra trascurata e le vite dei congolesi non hanno oggettivamente un valore sufficiente per meritare attenzione. C’è una politica dei doppi standard e un umanesimo a due velocità . È urgente tagliare gli aiuti militari e finanziari al Ruanda e imporre sanzioni economiche».

SUL PIANO DIPLOMATICO i presidenti di Ruanda (Kagame) e Congo (Tshisekedi) si sono detti disponibili a partecipare a un vertice congiunto sulla crisi, che si terrà da venerdì a Dar es Salaam, fra la Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale (Sadc) e la Comunità dell’Africa orientale (Eac). Anche i Vescovi in un incontro con il presidente congolese Tshisekedi hanno presentato una proposta per mettere fine alla crisi di sicurezza nell’Est del Paese.

Nel pomeriggio di ieri sono tornate di nuovo le merci nel mercato di Goma, ma come spiega un abitante a Radio Okapi «anche se le cose non costano care, se non hai i soldi non serve a niente. Questo perché le banche sono chiuse, molti servizi non sono operativi e molti residenti sono rimasti senza lavoro, aspettiamo la volontà di Dio».

È in gioco, secondo lo storico Achille Mbembe, l’ordine che sancisce il principio d’inviolabilità dei confini. Kagame sta tracciando una neosovranità africana, vale a dire la messa in discussione, con la forza, del diritto internazionale. Da qui in poi «Paesi strutturati, organizzati e disciplinati saranno in grado di conquistarne altri, deboli e afflitti dalla corruzione. L’integrazione africana avrebbe dovuto passare attraverso altri percorsi».



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