Trump alza i dazi? L’Ue fa partire l’alleanza commerciale col Cile

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Protezione totale e reciproca per 234 bevande e prodotti alimentari tipici (indicazioni geografiche), con la possibilità di aggiungerne altri in futuro. Tutela giuridica per i diritti di proprietà intellettuale delle imprese dell’Ue e giro di vite alle violazioni del diritto d’autore. Costruzione di catene di approvvigionamento alimentare più sostenibili e resilienti. Contrasto all’Italian sounding, quote d’import e tariffe modulari in dogana per difendere le produzioni agroalimentari dell’Ue più a rischio. Sono i pilastri su cui poggiano le garanzie date agli agricoltori, che potrebbero essere colpiti dal nuovo trattato commerciale tra Cile ed Unione europea.

Mentre il mondo è distratto dalle invettive di Donald Trump, il patto tra Bruxelles e Santiago del Cile è entrato in vigore in sordina. Così, se a Bruxelles, gli stati membri provano a serrare i ranghi per far fronte alle minacce di dazi Usa, sempre nel continente americano, ma parecchi km più a Sud, il vento soffia in direzione opposta. Il nuovo accordo, noto come Ita, viene definito dagli uffici europei: «Di importanza geopolitica fondamentale». Firmato il 13/12/2023, è stato ratificato pochi giorni fa dal paese sudamericano. La sua messa a regime segue di pochi mesi alla firma “politica” di un trattato ben più dirompente, da parte della presidente della commissione, Ursula von der Leyen, quello col Mercosur (da ultimo si veda ItaliaOggi del 19/12/2024): sodalizio mercatista di cui fanno parte Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay. Non il Cile (che risulta solo associato), con cui l’Ue ha negoziato anche un upgrade rispetto all’Ita: l’Afa, anch’esso firmato a dicembre 2023, che include intese su politica, cooperazione e protezione degli investimenti. A differenza dell’Ita, l’Afa va ratificato dagli stati Ue. Quando accadrà, l’Ita cesserà di esistere. Andiamo con ordine.

Il capitolo agricolo nel patto commerciale

Secondo Bruxelles, per le comunità agricole europee sarà più facile accedere al mercato cileno e vendere i loro prodotti ai 20 mln di consumatori; i cileni hanno il secondo reddito pro capite più elevato in America Latina. L’intesa prescrive 162 liste tariffarie, soprattutto sui prodotti agricoli. Ma queste, dopo un periodo transitorio che durerà al massimo sette anni, verranno liberalizzate. Riguardano: formaggi, latticini, prodotti con zucchero e oli vegetali. Altre 34 liste, invece, decadono subito: la liberalizzazione tocca cereali e taluni oli vegetali. Il Cile, da parte sua, liberalizza l’ingresso a tutti i prodotti lattiero-caseari e le preparazioni alimentari dell’Ue, che per l’Unione costituiscono un rilevante veicolo d’export in Cile.

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Lo scudo sulle indicazioni geografiche

Per la prima volta, 216 Ig agroalimentari Ue (e 18 cilene) saranno protette in Cile, evitando su quel mercato l’usurpazione di nomi iconici come Parmigiano Reggiano, Bayerisches Bier o queso Manchego. Proibite anche espressioni come “genere”, “tipo”, “stile”, “imitazione” o simili. I prodotti europei verranno poi tutelati dall’uso fuorviante di simboli, bandiere o immagini che suggeriscono una falsa origine geografica. A tutto ciò si aggiunge un accordo già esistente con Santiago che protegge 1.745 Ig di vini e 257 Ig di liquori e vini aromatizzati Ue in Cile. Tra questi, Prosecco e Tokaji.

La clausola per i prodotti europei più sensibili

Vengono esentati dalla liberalizzazione: la carne (manzo, pollame, maiale e pecora), alcuni tipi di frutta e verdura (come aglio, succo di mela, succhi d’uva) e l’olio d’oliva. Per la carne, in particolare, l’intesa pone fine all’attuale aumento annuale automatico dei TRQ (Tariff Rate Quota, un meccanismo commerciale che combina quote di importazione con tariffe doganali differenziate). E punta su nuove TRQ, stabili e capaci di fornire accesso aggiuntivo al mercato, ma limitato e prevedibile a lungo termine per il Cile. Lo zucchero è escluso da ogni liberalizzazione.

Il capitolo commerciale

Stando alle proiezioni della commissione, l’Ita stimolerà la competitività delle imprese, fornendo una piattaforma condivisa per lo sviluppo delle reciproche economie “a zero emissioni nette”. E, al contempo, favorirà: «Lo sviluppo di catene del valore delle materie prime critiche, del litio e del rame, e la produzione di idrogeno verde in Cile».

In buona sostanza, gli uffici di Bruxelles riassumono così i vantaggi del patto Cile-Ue:

• elimina i dazi sul 99,9% delle esportazioni Ue, garantendo condizioni di parità per le merci europee sul mercato cileno;

• assicura il flusso efficace e sostenibile delle materie prime e dei prodotti derivati;

• prevede un capitolo sull’energia e sulle materie prime a sostegno degli investimenti;

• facilita la vita alle imprese europee nel prestare servizi in Cile (a partire da quelli finanziari, delle consegne, le tlc, i trasporti marittimi) e nel presentare offerte per gli appalti pubblici;

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• prevede parità di trattamento tra investitori Ue e cileni e garantisce alle piccole imprese di ambo le sponde di non essere escluse dai benefici del trattato.

La ricerca di sostenibilità nel commercio

Questa parte, inclusa nell’accordo, poggia su tre pilastri:

• un capitolo su commercio e sviluppo sostenibile, che impegna le parti a rispettare le norme dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) e l’accordo di Parigi sul clima (da cui Trump ha annunciato il ritiro);

• un secondo capitolo che prevede impegni per eliminare dal commercio le discriminazioni nei confronti delle donne;

• infine, un terzo capitolo sui sistemi alimentari sostenibili, mirante a rendere le catene di approvvigionamento alimentare più sostenibili e resilienti.

È la prima volta che in un patto commerciale internazionale vengono inserite intese sulla parità di genere e sulla sostenibilità degli approvvigionamenti.

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