Artigiani di speranza e «restauratori di un’umanità spesso distratta e infelice»: così i cristiani sono chiamati a vivere la loro presenza nel mondo secondo papa Francesco. Uno stile che deve animare anche l’azione missionaria, come sottolinea con forza il Pontefice nel Messaggio per la 99ª Giornata missionaria mondiale 2025 diffuso oggi e dedicato al tema “Missionari di speranza tra le genti”.
Un tema, spiega il Papa, che «richiama ai singoli cristiani e alla Chiesa, comunità dei battezzati, la vocazione fondamentale di essere, sulle orme di Cristo, messaggeri e costruttori della speranza».
Modello per l’azione della comunità cristiana nel mondo resta Cristo: «Tramite i suoi discepoli, inviati a tutti i popoli e accompagnati misticamente da Lui, il Signore Gesù continua il suo ministero di speranza per l’umanità – nota il Pontefice –. Egli si china ancora oggi su ogni persona povera, afflitta, disperata e oppressa dal male, per versare “sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza”». Per questo la Chiesa «pur dovendo affrontare, da un lato, persecuzioni, tribolazioni e difficoltà e, dall’altro, le proprie imperfezioni e cadute a causa delle debolezze dei singoli membri, essa è costantemente spinta dall’amore di Cristo a procedere unita a Lui in questo cammino missionario e a raccogliere, come Lui e con Lui, il grido dell’umanità, anzi, il gemito di ogni creatura in attesa della redenzione definitiva. Ecco la Chiesa che il Signore chiama da sempre e per sempre a seguire le sue orme: “Non una Chiesa statica, ma una Chiesa missionaria, che cammina con il Signore lungo le strade del mondo”».
Seguendo Cristo, quindi, «i cristiani sono chiamati a trasmettere la Buona Notizia condividendo le concrete condizioni di vita di coloro che incontrano e diventando così portatori e costruttori di speranza».
In questo contesto un ruolo speciale spetta alle missionarie e ai missionari ad gentes, che con il loro impegno richiamano «la vocazione universale dei battezzati a diventare, con la forza dello Spirito e l’impegno quotidiano, missionari tra le genti della grande speranza donataci dal Signore Gesù».
In questo modo, prosegue il Pontefice, «le comunità cristiane possono essere segni di nuova umanità in un mondo che, nelle aree più “sviluppate”, mostra sintomi gravi di crisi dell’umano: diffuso senso di smarrimento, solitudine e abbandono degli anziani, difficoltà di trovare la disponibilità al soccorso di chi ci vive accanto. Sta venendo meno, nelle nazioni più avanzate tecnologicamente, la prossimità: siamo tutti interconnessi, ma non siamo in relazione. L’efficientismo e l’attaccamento alle cose e alle ambizioni ci inducono ad essere centrati su noi stessi e incapaci di altruismo. Il Vangelo, vissuto nella comunità, può restituirci un’umanità integra, sana, redenta».
Quindi il rinnovato invito a «compiere le azioni indicate nella Bolla di indizione del Giubileo, con particolare attenzione ai più poveri e deboli, ai malati, agli anziani, agli esclusi dalla società materialista e consumistica. E a farlo con lo stile di Dio: con vicinanza, compassione e tenerezza, curando la relazione personale con i fratelli e le sorelle nella loro concreta situazione. Spesso, allora, saranno loro a insegnarci a vivere con speranza».
La missione della speranza, aggiunge poi il Papa, ha come primo strumento quello della preghiera: «I missionari di speranza sono uomini e donne di preghiera, perché “la persona che spera è una persona che prega”, come sottolineava il venerabile cardinale Van Thuan, che ha mantenuto viva la speranza nella lunga tribolazione del carcere grazie alla forza che riceveva dalla preghiera perseverante e dall’Eucaristia. Non dimentichiamo che pregare è la prima azione missionaria e al contempo “la prima forza della speranza”».
E l’annuncio del Vangelo che nasce dalla preghiera, comunque, deve rimanere un processo comunitario: «Nella società moderna – scrive il Pontefice –, l’appartenenza alla Chiesa non è mai una realtà acquisita una volta per tutte. Perciò l’azione missionaria di trasmettere e formare la fede matura in Cristo è “il paradigma di ogni opera della Chiesa”, un’opera che richiede comunione di preghiera e di azione. Insisto ancora su questa sinodalità missionaria della Chiesa, come pure sul servizio delle Pontificie Opere Missionarie nel promuovere la responsabilità missionaria dei battezzati e sostenere le nuove Chiese particolari».
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