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Nella casa circondariale di Ferrara è prevista la costruzione di un nuovo padiglione che andrà a sottrarre spazio a laboratori e occupazioni lavorative. Il progetto è uno degli otto previsti dal Pnrr, ma l’avanzamento dei lavori procede a rilento
Sette mila nuovi posti detentivi nelle carceri italiane. Lo prevede il Piano carceri annunciato dopo un incontro a Palazzo Chigi tra la premier Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il sottosegretario Andrea Delmastro e il commissario per l’edilizia penitenziaria Marco Doglio.
«In questa legislatura porremo fine al sovraffollamento carcerario», ha detto Delmastro. Ma queste strategie che puntano ad aumentare gli spazi detentivi non migliorano le condizioni delle persone detenute. Sulle carceri si continua a ragionare in ottica emergenziale, ma come fa notare Domenico Alessandro de Rossi, architetto e presidente di Cesp (Centro europeo studi penitenziari): «La costruzione di nuovi padiglioni è un intervento palliativo, non basta dare una camera dove dormire, bisogna pensare a tutta una serie di servizi».
Quello che avviene nella casa circondariale Costantino Satta di Ferrara ne è un esempio. In via Arginone, infatti, è prevista la costruzione di un nuovo padiglione detentivo che sottrarrà un’area per le attività all’aperto. Così le persone detenute sono private di uno spazio dignitoso dove vivere e sono messi a rischio laboratori e attività lavorative per il reinserimento sociale.
L’ampliamento occuperà una superficie di 5mila metri quadri e aggiungerà 80 posti ai 244 regolamentari, a fronte di 392 persone attualmente detenute. L’architetto de Rossi dice che «se gli spazi all’aperto sottratti sono parcheggi o parti di viabilità può essere presa in considerazione l’idea di edificare. È un problema se a venir meno sono zone dedicate alla socialità».
84 milioni del Pnrr
Il padiglione di Ferrara rientra nel piano nazionale 2021 dell’ex ministra della Giustizia Marta Cartabia, che prevede l’investimento di 30,6 miliardi per la realizzazione di 30 interventi di edilizia carceraria grazie ai fondi del Pnrr, a cui si aggiungono quelli del Pnc (Piano nazionale per gli investimenti complementari). Quest’ultimo assegna alla giustizia 133 milioni. Di questi, 84 sono destinati alla costruzione di 8 nuovi padiglioni carcerari.
Prima di approdare all’Arginone, il progetto era destinato al carcere di Asti. In entrambi i casi, la decisione del luogo in cui collocare il padiglione è stata calata dall’alto. «Dopo la nostra opposizione, nell’indicare un altro istituto e non Asti credo sia stato decisivo l’intervento della ministra e dei suoi collaboratori», dice Bruno Mellano, garante dei diritti delle persone detenute del Piemonte.
Dopo la valutazione d’impatto, il consiglio comunale ha dato l’ok. L’Impresa Devi Impianti srl si è aggiudicata la gara: costo dell’opera 15,5 milioni, soggetto attuatore il ministero Infrastrutture e trasporti.
Stefano Di Lena, ex direttore ad interim del carcere, ha detto di non avere avuto voce in capitolo: «Noi possiamo fare qualche proposta, ma la scelta è del ministero». Anche con il Comune di Ferrara nessuno ha mai discusso perché «la titolarità dell’opera – dice l’assessora Francesca Savini – è del Mit». Contattato da Domani, il referente Calogero Mauceri non ha risposto sullo stato di avanzamento.
Meno spazi per le attività
L’Italia deve spendere le risorse del Pnrr entro il 2026, ma l’avanzamento dei lavori degli 8 padiglioni procede a rilento. Secondo Roberto Cavalieri, garante dei diritti delle persone private della libertà personale dell’Emilia-Romagna, bisognava fare un investimento diverso: «Potenziare l’edilizia, creando spazi che non fossero quelli reclusivi tradizionali».
Il progetto del padiglione infatti rischia di sacrificare le attività all’aperto. «L’estensione dell’orto è di 250 metri quadri. Il nuovo padiglione ne sottrarrebbe una parte, rendendo le attività parziali. Non si sa neppure quando inizieranno i lavori», dice Domenico Bedin, presidente dell’associazione Viale K e coordinatore del GaleOrto. Un’altra attività a rischio è Raee in carcere, gestito dalla cooperativa sociale Il Germoglio. Come spiega Nicola Cirelli, membro del cda della cooperativa: «Rispetto al nuovo padiglione, non sappiamo se l’attività di lavorazione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche verrà ridimensionata».
GaleOrto e Raee in carcere sono solo due delle attività che si svolgono all’Arginone. Teresa Cupo, funzionaria dell’area pedagogica, racconta che la riuscita di laboratori, tirocini e percorsi di lavoro dipende da «fondi pubblici non gestiti dal carcere, ma dal comune o dalla regione». Negli ultimi anni i finanziamenti per le attività in carcere sono aumentati.
«C’è stata una crescita delle attività, ma la presenza di sette circuiti detentivi rende complessa la gestione», dice Annalisa Gadaleta, comandante della polizia penitenziaria. Manuela Macario, garante dei diritti delle persone detenute del comune di Ferrara, spiega che la gestione degli spazi è già complessa e si dice «preoccupata per la costruzione del padiglione di cui nessuno parla».
* Inchiesta realizzata grazie al contributo del progetto AwareEu
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