Non solo mare e nemmeno alta montagna, non solo cultura e nemmeno manifestazioni: il territorio di Nizza e del suo arrière pays è molto altro, soprattutto agricoltura.
Il Pays Niçois, terra di cultura millenaria, ha saputo, nel corso dei secoli, appropriarsi dei vari apporti esterni pur consolidando le sue tradizioni.
Se il clima si è rivelato una risorsa importante per lo sviluppo del turismo e della Costa Azzurra, esso è rimasto a lungo un punto debole per l’agricoltura.
Lunghi periodi di siccità intervallati da violente tempeste, a volte devastanti, hanno sposso compromesso i raccolti e l’attività pastorale. L’uomo ha quindi dovuto adattarsi. E, ottima notizia, ci è riuscito! Oggi, una vasta gamma di prodotti e frutti coltivati qui provengono dall’agricoltura biologica.
Un’ eredità viticola e agricola
Le prime forme di coltivazione, il grano duro e l’orzo, apparvero nel territorio nizzardo 3 mila anni fa.
I greci svilupparono la viticoltura nel II secolo a.C. I romani modellarono i primi paesaggi agricoli coltivando olivi e fichi. Poi, per molto tempo, si stabilì una cultura di autosussistenza con basse rese, perché le condizioni ambientali erano difficili: il suolo era povero, l’acqua era scarsa e la configurazione del terreno richiedeva lo sviluppo di pendii terrazzati sostenuti da muri a secco, chiamati “planches” a Nizza e “restanques” in Provenza.
L’oliva di Nizza
L’oliva di Nizza è protetta da due denominazioni d’origine protetta: un “Huile d’olive de Nice DOP” per il suo olio dolce e fruttato e un “Olive de Nice DOP” per la sua oliva da tavola e la sua pâte d’olive de Nice DOP. Da più di due millenni, l’olivo è parte integrante del paesaggio nizzardo, e in alcuni uliveti ancora in attività, si possono trovare olivi pluricentenari.
Le denominazioni d’origine protetta (DOP) Olive de Nice e Huile d’olive de Nice coprono un territorio di 99 comuni, su colli e colline, dal Pays Grassois al Pays Mentonnais e dal mare alla montagna.
Il rispetto dei prodotti regionali
Oggi, il settore di attività si sta rinnovando. Le giovani generazioni perpetuano le tradizioni, producendo frutta e verdura che troviamo sulle bancarelle del mercato, ma con una differenza: la maggior parte di loro si è consacrato all’agricoltura biologica e sostenibile.
Dal grano usato per fare il pane e la pasta alle verdure – fagioli, piselli, lenticchie, fave, bietole, melanzane, porri, cipolle, zucche, cavoli, ravanelli e carote – molti giovani agricoltori si sono specializzati nella produzione di prodotti regionali.
Il vino di Bellet
Per molto tempo, la coltivazione della vite è stata parte integrante del paesaggio agricolo, per poi concentrarsi sulla produzione di vini prestigiosi. Così è nato l’appellativo “Vins de Bellet”, dal nome delle colline su cui si estendono i vigneti. Anche i vini di Saint Jeannet godono anche di una certa notorietà.
Oggi, il Bellet AOC è sostenuto da 9 produttori appassionati e prodotto interamente in modo biologico, il che lo rende così originale. Oggi, il vino Bellet è conosciuto in tutto il mondo e si può trovare sulle tavole più famose.
Con una vendemmia fatta a mano e con una bassa resa, le viti che crescono su piccoli terrazzamenti, danno un vino eccezionale che si sposa particolarmente bene con le specialità della cucina nizzarda.
La scelta è vasta: aromi di agrumi per i bianchi che assumono toni più minerali con l’invecchiamento, rosati dal gusto più fiorito di rose e persino violette, e rossi con note speziate.
L’allevamento
Prima in camion e poi la salita all’alpeggio prosegue a piedi. Questo è un momento cruciale: le pecore sono eccitate dalle grandi distese di prati verdi che vengono loro offerte. Gli agnelli e i capretti non si lasciano sfuggire l’occasione per correre e giocare fino allo sfinimento. Il suono delle campane e dei sonagli conferiscono un tocco di allegria ai pascoli.
In montagna, negli alpeggi, le mucche pascolano tranquillamente. Le vedrete sicuramente durante le vostre escursioni. Gli allevatori le mungono sul posto e preparano tome, brousse e altre delizie casearie. Questa è un’opportunità per conoscere gli animali e per fare qualche domanda al mandriano. Le tecniche di produzione, la vita in montagna, la nascita dei vitellini… c’è così tanto da scoprire.
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