Non c’è fine alla guerra in Congo / Notizie / Home

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 


l 27 gennaio Goma è caduta. I miliziani del M23 sostenuti dal Ruanda hanno preso il controllo della città collocata nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Per una settimana più di 2 milioni di abitanti sono stati chiusi in casa senza elettricità, acqua potabile e approvvigionamenti alimentari. La città è stata saccheggiata e negli ospedali, anch’essi colpiti, scarseggiano le medicine; persiste il reale rischio di un’epidemia di colera, con i cadaveri restati in strada per giorni e la stagione delle piogge in corso. Dal 4 febbraio vige il cessate il fuoco “per motivi umanitari”; M23 ne ha dato l’annuncio aggiungendo di non avere “alcuna intenzione di conquistare Bukavu o altre città”, intenzione che appariva invece lampante dopo la conquista di Goma, con l’esercito regolare congolese allo sbando e l’intervento del presidente congolese Félix Tshisekedi a dichiarare che i territori occupati verranno recuperati. Nel mentre, circa 4000 sfollati fuggiti da Goma sono diretti a sud sperando di trovare maggiore sicurezza. Secondo fonti Ocha, l’Ufficio dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha), i combattimenti delle ultime settimane hanno causato almeno 900 morti e quasi 3000 feriti.

Un dramma sotto gli occhi di tutti, anche della MONUSCO (già MONUC), la missione di peacekeeping dell’ONU per la stabilizzazione nella Repubblica Democratica del Congo, che dal 2000 opera ininterrottamente nel Paese. Proprio i caschi blu ONU hanno denunciato, anche dinanzi al Consiglio di Sicurezza, che la milizia armata è supportata dal Ruanda e ci sono circa 4000 militari ruandesi su suolo congolese. Le cancellerie internazionali convengono con questa analisi dei fatti e molte riconoscono pubblicamente che si tratta di una invasione della Repubblica Democratica del Congo da parte del Ruanda eppure… Eppure nulla accade a livello concreto: i media coprono limitatamente la notizia, non sono state attivate sanzioni al pari di quelle che hanno colpito la Russi all’indomani dell’aggressione all’Ucraina, non esistono piani di accoglienza agli sfollati o di intervento umanitario. Per questa ragione a fine gennaio, per richiamare probabilmente l’attenzione internazionale, dinanzi alla notizia dell’occupazione di Goma, a Kinshasa una folla inferocita di manifestanti ha attaccato diverse ambasciate di Paesi considerati complici con il Ruanda (e per questo inattivi dinanzi all’aggressione armata): gli occidentali Stati Uniti, Francia, Belgio, Olanda ma anche gli africani Uganda e Kenya.

M23 dichiara come propria “missione” la difesa della minoranza tutsi dinanzi agli hutu; una copertura etnica venduta pubblicamente nel mentre la milizia ha ampliato il controllo di estese zone del nord Kivu dove ha instaurato un’amministrazione parallela dedita all’esportazione diretta dei minerali verso il Ruanda. Ecco la verità dunque. L’occupazione armata è una vergogna chiamata dio denaro, in questo caso sostanziato nei minerali che sono straordinariamente abbondanti nella zona orientale del Congo Kinshasa usati per la costruzione della tecnologia odierna. Il coltan (lega di columbite e tantalite), ma anche il cobalto e il tungsteno consentono la messa a punto di smartphone, batterie di auto elettriche, tablet, airbag, e chi più ne ha più ne metta. Chi controlla il territorio controlla il traffico, per di più illegale, di questi minerali insanguinati. Anche papa Francesco lo sa e all’Udienza generale dello scorso 29 gennaio ha lanciato l’ennesimo appello per la pace; due 2 anni fa, nella visita ufficiale in Congo del gennaio 2023, dichiaròGiù le mani dalla Repubblica Democratica del Congo, giù le mani dall’Africa! Basta soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare”, un monito a quanti agivano (e agiscono) sulla pelle dei congolesi per impedire il raggiungimento della pace e della stabilità del Paese.

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Non c’è fine alla guerra nella regione congolese del Kivu. Nel podcast Africa di Radio Bullets del 31 gennaio scorso, la giornalista Elena Pasquini cita “Purtroppo la situazione a Goma è preoccupante. Concentrerò i miei pochi giorni rimanenti per esortare soprattutto i leader a smettere di combattere, a riconciliarsi tra i leader e i due Paesi, Repubblica Democratica del Congo e Ruanda”. Questa parole potrebbero essere pronunciate oggi, invece furono un ultimo appello per la pace lanciato dall’allora segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon nel 2008 e potevano valere anche 10 anni prima perché l’est della Repubblica Democratica del Congo non conosce la pace. La guerra in Congo è una guerra economica per impossessarsi delle sue materie prime, tanto abbondanti e così tanto a basso costo. Tuttavia proprio quest’ultimo elemento fa sì che l’Unione Europea ma anche tanti altri attori della comunità internazionale, Cina e Russia in primis, abbiano interessi nel conflitto. Un anno fa, il 19 febbraio 2024, l’UE ha stipulato un accordo con il Ruanda per l’accesso e il commercio dei “minerali critici” (per l’appunto il coltan e il tungsteno); peccato che Kigali non sia un Paese estrattore e non detenga questi materiali. Inoltre da decenni il Ruanda è criticato per alimentare il conflitto etnico nel vicino Congo e portare instabilità anche mediante il finanziamento a milizie armate così da controllare de facto il territorio dove si opera per l’estrazione illegale di minerali. Secondo fonti ONU, ogni mese M23 invierebbe al Ruanda 120 tonnellate di coltan: è per questa ragione che il Ruanda risulta il primo esportatore al mondo di coltan pur non avendo miniere. L’accordo tra UE e Kigali chiarisce l’ambiguità dell’Unione Europea e la politica di due e pesi e due misure dinanzi a una evidente (e riconosciuta) aggressione di un Paese sovrano.

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all’interno dell’Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Carta di credito con fido

Procedura celere