Test F1 2026: tempi più alti di 3 secondi, ma è un falso allarme – Analisi Tecnica

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Di Carlo Platella
A Barcellona si è conclusa la due giorni dei test Pirelli per lo sviluppo degli pneumatici 2026. La sessione ha visto protagoniste la McLaren 2023 e la Ferrari 2024 in una configurazione speciale per replicare il carico aerodinamico atteso con i prossimi regolamenti, inferiore del 15% all’attuale. Il ricorso alle gomme e ai valori di carico previsti nel 2026 invoglia al confronto con i tempi delle ultime qualifiche del Gran Premio di Spagna, ma paradossalmente gli oltre 3 secondi di ritardo rafforzano l’aspettativa di prestazioni molto vicine tra le due generazioni di vetture. Ecco perché.

Il confronto

Il miglior tempo della sessione spagnola porta la firma di Charles Leclerc, il cui 1’14’’971’’’ risulta di 3.2 secondi più lento del riferimento personale nelle qualifiche dell’ultimo Gran Premio di Spagna, disputate con la stessa vettura ma con pneumatici più larghi e valori di carico ben più alti. In ottica 2026 tuttavia un confronto più equo andrebbe fatto il primo anno dei regolamenti a effetto suolo, ossia il 2022. Un raffronto diretto però risulta impossibile, visto che al tempo a Barcellona si girava ancora sulla vecchia configurazione del circuito comprendente la chicane conclusiva.

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Negli ultimi tre anni comunque i tempi sul giro sono generalmente migliorati di 1.5 secondi, con una variazione di alcuni decimi a seconda della pista, rendendo possibile approssimare il miglior tempo degli ultimi test Pirelli a 1.5-2 secondi di ritardo dalle prestazioni del 2022. Si tratta in ogni caso di un confronto a spanne da contestualizzare opportunamente, a partire dalle differenze nelle condizioni ambientali e soprattutto nei programmi di lavoro. Inoltre, come da tradizione a Barcellona, Pirelli ha provato le mescole più dure della futura gamma 2026 -C1, C2 e C3-, ma dall’esterno si ignora se il tempo di Leclerc corrisponda al miglior giro sulla gomma più morbida tra quelle a disposizione, per quanto plausibile.

Copyright @ScuderiaFerrari

Gli aspetti non simulabili

Le differenze prestazionali tra le attuali e le future vetture non saranno le stesse ovunque. I circuiti ad alto carico come Barcellona sono quelli che penalizzeranno maggiormente le monoposto più scariche del 2026, che su altre piste invece si avvicineranno maggiormente ai tempi correnti. Ridurre del 15% il carico aerodinamico inoltre non basta a replicare le caratteristiche delle prossime Formula 1, che saranno molto più veloci in rettilineo anche senza tenere in considerazione l’utilizzo della doppia aerodinamica attiva all’anteriore e al posteriore. La larghezza complessiva passerà da 2 a 1.9 metri, migliorando la penetrazione aerodinamica, ma soprattutto si ridurrà la portata dell’effetto suolo, che sul dritto genera fin troppo carico aerodinamico e una resistenza eccessiva. “Oggi il carico aerodinamico arriva prevalentemente dal fondo. Più sei veloce, più acquisti carico, fino ad avere paradossalmente della deportanza inutile in rettilineo”, la spiegazione di Mario Isola a FormulaPassion.

Concept car model presentato dalla FIA per la stagione 2026 di F1
Copyright @FIA

A questo bisogna aggiungere la riduzione del peso minimo, che con le prossime monoposto scenderà di circa 30 kg. Le gomme più strette impiegate negli ultimi test Pirelli hanno consentito di risparmiare 4-5 kg, oltre a qualche chilogrammo rimosso dal resto della vettura. Si ignora comunque quanto Ferrari e McLaren siano riuscite ad alleggerire le proprie monoposto, considerate le difficoltà anche solo a raggiungere i 798 kg corrispondenti all’attuale peso minimo, lasciando per strada altri decimi nell’ipotetico confronto con le reali vetture del 2026.

Nel complesso quindi la situazione non appare drammatica. Al contrario, se opportunamente contestualizzati i tempi di Barcellona danno credibilità alla promessa di Tombazis dello scorso novembre: “Parlando di tempi sul giro, ci aspettiamo che siano molto vicini a quelli delle macchine di questa generazione”. Resta comunque ancora da valutare il rendimento delle power unit, che rappresenta la più grande incognita nell’equazione dei nuovi regolamenti.



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