Concessi i domiciliari al commercialista catanese Salvatore Virgillito

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L’amministratore giudiziario è accusato di concorso esterno all’associazione mafiosa e peculato

Salvatore Virgillito lascia il carcere di Bicocca e torna a casa. Il Tribunale della Libertà di Messina «in parziale accoglimento della richiesta di riesame presentata» dai difensori nell’interesse del commercialista catanese «sostituisce la misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari» da eseguirsi con l’applicazione del braccialetto elettronico.

L’amministratore giudiziario dell’azienda Carmela Bellinvia, confiscata da diversi anni, è finito dietro le sbarre a metà gennaio nell’ambito di un’operazione antimafia della squadra mobile messinese e dello Sco di Roma. Il gip, accogliendo il teorema accusatorio della procura, ha ritenuto il presidente dei commercialisti di Catania (ruolo da cui Virgillito non si è mai dimesso) «asservito alla famiglia mafiosa» degli Ofria di Barcellona Pozzo di Gotto. Città dove ha sede la ditta di trasporto e vendita di rottami.

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Tra le accuse mosse a Virgillito, difeso dagli avvocati Angelo Mangione e Alberto Gullino, ci sono quelle di concorso esterno all’associazione mafiosa e peculato. Il Riesame ha annullato l’ordinanza del gip per un caso di peculato (quello riguardante la concessione alla moglie di Ofria di usare un’auto della ditta anche dopo il suo licenziamento) e l’imputazione di trasferimento fraudolento di valori. L’amministratore giudiziario avrebbe permesso ai boss di fare cassa attraverso la vendita in nero dei pezzi di ricambio all’interno dell’azienda. Quadro che Virgillito, amministratore giudiziario (anche) di Sicula Trasporti, ha respinto già nell’interrogatorio di garanzia al gip. Fase in cui è stato anche documentato che la persona immortalata con Virgillito nelle foto all’interno della ditta non fosse Salvatore Ofria ma il fratello Domenico. Nel periodo delle captazioni video il capomafia era già dietro le sbarre.

Mangione e Gullino, nel corso dell’udienza al Riesame hanno parlato quasi due ore, per dimostrare l’infondatezza di quanto richiamato nell’ordinanza. Ed è nella stessa ordinanza, tra intercettazioni e anche dichiarazioni del collaboratore di giustizia Marco Chiofalo, che si evince la totale inconsapevolezza dell’indagato al fatto che venissero effettuate vendite in nero di pezzi di ricambio, attività marginale rispetto al “core business” della ditta che è quello relativo alla raccolta, profilazione e cessione del ferro (che mette in relazione commerciali la ditta con la Raffineria di Milazzo e le Acciaierie di Sicilia). Attività su cui «avrebbe avuto il focus l’amministratore giudiziario» considerando che le entrate principali sarebbero pervenute proprio da quel filone commerciale.

Il mistero

I difensori, inoltre, hanno evidenziato come ogni iniziativa di Virgillito sia stata sempre comunicata al giudice delegato della confisca. I legali, inoltre, hanno evidenziato che se ci fosse davvero stato un accordo con la famiglia mafiosa non si comprenderebbe il motivo per cui Virgillito si è opposto al «riconoscimento e al pagamento della somma di 295.026 euro in favore della signora Carmela Bellinvia», madre di Salvatore Ofria. Per i difensori poi «rimane un mistero e non si capisce perché Virgillito avrebbe deciso di buttare alle ortiche la sua reputazione, costruita nei decenni, con sacrifici e abnegazione, decidendo di aiutare illecitamente e dolosamente gli Ofria. Non si capisce perché l’amministratore giudiziario di imprese, quali la Sicula Trasporti, ‒ dovrebbe tradire la fiducia dei giudici e dello Stato». Interrogativi che sono frullate nella testa di molti in questi giorni a Catania.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA





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