Il Pd: «Per risollevare Stellantis servono auto da 100 euro al mese e un nuovo produttore»

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di
Gabriele Guccione

In un rapporto nazionale l’analisi e le proposte dei dem sull’automotive: «L’azienda è l’emblema di una mancanza di strategia, occorre un piano»

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Il giudizio su Stellantis è severo: «Mancanza di investimenti industriali, scelte errate in cui la distribuzione degli utili ha avuto spesso la priorità, obsolescenza dei modelli produttivi». 

In estrema sintesi: «L’emblema della mancanza di una strategia industriale seria». 
Il Pd si interroga di fronte alle sfide dell’industria dell’automobile. E, dopo aver analizzato la sconfortante situazione attuale, prova a mettere in chiaro una volta per tutte la propria posizione sul tema, avanzando alcune ricette: l’apertura ad altri produttori «non per sostituire Stellantis, ma per rafforzare le fabbriche italiane», nuovi incentivi alla classe media per l’acquisto di auto elettriche; un leasing sociale, come quello adottato in Francia, che con 100 euro al mese permetta a chi ha un reddito basso di guidare una vettura non inquinante; un fondo europeo, pagato con i proventi delle sanzioni previste per le case automobilistiche che nel 2025 non rispetteranno i limiti sulle emissioni, per attutire gli effetti (anche sociali) della transizione ecologica. 




















































Le proposte — ce ne sono anche altre — sono contenute in un dossier di 26 pagine curato da Demo, la fondazione presieduta da Nicola Zingaretti, che verrà presentato in anteprima nazionale domani mattina a Torino, nella sede del Pd piemontese in via Coppino, alla presenza del responsabile economico dem Antonio Misiani.

Il partito cerca in questo modo di mettere insieme una strategia politica complessiva sulla questione, dopo mesi, se non anni, dove spesso si sono confrontate visioni differenti sulla politica industriale: si vedano, per esempio, le perplessità del sindaco Stefano Lo Russo sull’apertura a un secondo produttore. Un piano che cerca di tenere insieme le istanze green e la conferma dell’opzione sulla mobilità elettrica non come «scelta ideologica, ma strategica» con la necessità di dare un futuro al lavoro e all’industria italiana.
I ricercatori di Demo sono partiti quindi dall’analisi della situazione attuale. Il giudizio su Stellantis è rigoroso: l’azienda ha adottato una strategia che «ha comportato un ridimensionamento significativo della produzione in Italia, con una riduzione drastica — si legge nel rapporto — dei volumi e, conseguentemente, dei livelli occupazionali». 

Come se non bastasse, il gruppo italofrancese «ha optato per un progressivo distacco dai canali istituzionali di dialogo industriale in Italia» e «questo ha indebolito il coordinamento con le politiche industriali nazionali». Non solo: «Stellantis ha registrato profitti significativi e crescenti, grazie a una strategia basata principalmente sulla riduzione dei costi, in particolare del lavoro». Ed «esercita un potere contrattuale molto elevato, sfruttando la minaccia implicita di delocalizzazione per ottenere agevolazioni e sussidi». Così l’Italia, «che nel 2000 era tra i principali produttori automobilistici al mondo», è finita «ora all’ottavo posto in Europa», fanno notare gli analisti. Un «declino accompagnato da una perdita del 20% degli occupati nel settore negli ultimi venti anni».

Dati allarmanti, insomma, di fronte ai quali il partito guidato da Elly Schlein ritiene che «la tutela dell’occupazione deve essere considerata una priorità». Soprattutto alla luce dell’approccio di Stellantis che, tra «scivoli e mancate assunzioni», ha di fatto «ridotto la rilevanza strategica degli stabilimenti italiani» ampliando il «rischio di un progressivo depauperamento delle competenze, che potrebbero disperdersi». 

Per questo, il Pd propone una «riforma degli ammortizzatori sociali che vanno resi più flessibili» e «una sorta di piano Marshall che affronti con la stessa determinazione e urgenza dimostrata durante la pandemia le sfide che il comparto dell’auto sta affrontando».

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7 febbraio 2025

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