Roma, 7 febbraio – Le insegne frontali e le croci verdi delle farmacie, per il Piano generale degli impianti pubblicitari modificato alla fine del 2023 dal Comune di Olbia, rientrano tra i mezzi pubblicitari, e come tali sono soggette al pagamento di un canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria. Un’interpretazione, quella del Comune, che è stata un vero e proprio fulmine a ciel sereno per i titolari di farmacia del capoluogo gallurese, che il precedente Piano comunale degli impianti pubblicitari escludeva espressamente dall’applicazione del canone.
Inevitabile, dunque, che una decina di loro, nel marzo dello scorso anno, abbiano deciso di presentare ricorso, sostenute ad adiuvandum da Federfarma Sassari, contro la delibera comunale di approvazione del Piano impianti pubblicitari, sulla base di un’argomentazione fino a quel momento ritenuta incontestabile e (come appena detto) pacificamente accolta dagli amministratori comunali: insegne e croci hanno lo scopo di segnalare alla cittadinanza la presenza e la posizione delle farmacie, essendo queste un servizio pubblico essenziale, e dunque non possono essere considerati strumenti di promozione commerciale.
Nel ricorso dei titolari olbiesi erano anche finite altre disposizioni del Piano, decisamente poco flessibile sulle modalità di installazione di insegne e croci, con l’obbligo di montarle esclusivamente a parete e non su palo, oltre che drastico nell’escludere le pre-insegne indicatrici delle farmacie di zona tra quelle esenti dal pagamento del canone di concessione, assoggettandole così al pagamento del canone di concessione, nonostante le loro manifeste funzioni informative e non commerciali.
Il Comune di Olbia, però, a fronte del ricorso delle farmacie con la richiesta di annullamento della delibera di approvazione del Piano generale degli impianti pubblicitari, ha deciso di resistere e costituirsi in giudizio davanti al Tar Sardegna, Che, a poco meno di un anno di distanza dall’avvio del contenzioso, si è pronunciato, respingendo il ricorso dei farmacisti olbiesi e dando dunque ragione alla tesi dell’amministrazione comunale.
La sentenza – probabilmente destinata ad avere un seguito e che ha già sollevato qualche preoccupazione, soprattutto per il rischio che la scelta olbiese possa “ispirare” altre amministrazioni comunali – non lascia molto spazio alle ragioni delle farmacie ricorrenti, ritenute prive di fondamento. Per i giudici amministrativi sardi, infatti, la tesi per la quale le farmacie eserciterebbero esclusivamente un pubblico servizio non è più sostenibile, trattandosi di esercizi che operano un mercato della salute che il legislatore ha aperto alla libera concorrenza. In questo contesto, scrivono i giudici sardi, “l’insegna delle farmacie non ha soltanto la funzione indispensabile di permettere la loro individuazione sul territorio, ma anche quella di consentire alle medesime di distinguersi sul mercato di riferimento“, acquistando così una valenza incontestabilmente pubblicitaria. Considerazione avanzata anche a proposito della croce, con ulteriori dettagli, riferiti all’indicazione che questa spesso propone dei turni e degli orari di lavoro, consentendo al consumatore “di apprendere dove e quando un determinato acquisto potrà essere eseguito”.
Asserito che, a loro giudizio, insegne e croci di fatto esercitano inevitabilmente anche una funzione pubblicitaria, i giudici del Tar Sardegna liquidano come ininfluente il fatto che si tratti di elementi distintivi che le leggi obbligano ad esporre. Attenzione, però: l’obbligatorietà esenta le farmacie dal pagamento del canone di concessione le croci a cassetta solo se la loro superficie non è superiore a un metro quadrato (Legge 160/2019, art. 1, comma 833, lettera B), mentre le insegne godono dell’esenzione, sempre in forza della stessa legge, solo a condizione che “non eccedano la superficie complessiva di 5 metri quadrati” (art. 1 comma 833, lettera L). Oltre a questo, il Tar Sardegna ricorda ed evidenzia che la stessa normativa nazionale contempla la possibilità che la disciplina comunale possa adottare altri parametri, come accade appunto a Olbia, dove il Piano generale degli impianti pubblicitari impone il pagamento del canone alle croci che eccedono i 120×120 centimetri e le insegne frontali di superficie superiore ai 5 metri.
L’ultima carta di picche che i giudici amministrativi sardi calano di fronte al ricordo delle farmacie olbiesi riguarda il divieto generalizzato di posizionare nel territorio comunale insegne su palo o pre-insegne imposto dalla delibera comunale oggetto di ricorso. Anche in questo caso, osserva il Tar Sardegna, le scelte Comune sono una legittima “espressione di discrezionalità” dell’amministrazione cittadina, frutto di una valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati.
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