Sanità, salta il negoziato sul rinnovo del contratto

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Sembrava prossimo alla firma il contratto per il comparto sanità. Il presidente dell’Aran Antonio Naddeo lunedì aveva parlato di «rush finale» prima di chiamare due giorni a Roma le principali sigle sindacali per chiudere il negoziato. Ma ieri, dopo un ultimo tentativo alle 14, il tavolo è saltato di nuovo. Il contratto proposto, infatti, non accontentava la maggior parte delle sigle al tavolo e per la firma dei contratti della pubblica amministrazione è richiesta per legge la rappresentanza maggioritaria dei lavoratori.

ALLA FINE, erano favorevoli alla firma solo la Cisl, che rappresenta il 24% del comparto, la Fials (12%) e il sindacato degli infermieri Nursind (11%), cioè il 47% in tutto. Il no di Fp Cgil e la Uil Pa non era una sorpresa, perché si erano dette contrarie alla firma appena visionata la bozza. Tutto è dipeso dalla posizione dell’altro sindacato infermieristico Nursing Up, che portando al tavolo il suo 6% di deleghe avrebbe permesso di raggiungere la soglia. Ma alla fine il segretario Antonio De Palma non se l’è sentita di firmare. «Non tradiremo le speranze dei lavoratori firmando un accordo decisamente inadeguato» ha detto dopo la decisione sofferta.

IL CONTRATTO riguarda circa 580 mila lavoratori del servizio sanitario nazionale (infermieri, tecnici e personale non medico). Nonostante la firma ancora ieri mattina sembrava vicina (almeno stando alle parole di Naddeo), anche l’ultima bozza presentava diversi punti contestati dai sindacati. Per capirsi: davanti alla sede romana dell’Aran di via del Corso, il sindacato Usb (che non partecipa alle trattative perché non sufficientemente rappresentativo) ieri manifestava portando in piazza uno striscione eloquente: «Non è un contratto, è un insulto». Difficile dar loro torto, se si guarda ai livelli delle retribuzioni. Nel triennio coperto dal contratto (2022-2024) l’inflazione è stata pari al 16%, mentre l’accordo saltato avrebbe coperto appena il 6% del reddito perduto. La Cisl si sarebbe accontentata. Ma sarebbe stata perdita netta di potere d’acquisto che secondo la Usb avrebbe toccato i 135 euro per i professionisti, con nessuna concessione sulle indennità su buoni pasto e diritto alla mensa.

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LA BOZZA del contratto discussa ieri ripropone anche l’istituzione della figura dell’assistente infermiere, un ruolo ibrido che, se introdotto, si collocherà a metà tra loro e gli operatori socio-sanitari, tagliando ogni prospettiva di progressione di carriera per questi ultimi. È un’operazione di dequalificazione della professione di cui si discute da tempo e contro cui in passato si è schierata la stessa Federazione europea degli infermieri, secondo cui «le prove scientifiche degli ultimi 3 decenni dimostrano che la riduzione dell’istruzione degli infermieri del 10% sta aumentando la mortalità dei pazienti del 7%». A fare le spese di infermieri meno qualificati, dunque, sarebbero soprattutto i malati.

DIVERSE, com’era prevedibile, le reazioni dei protagonisti del negoziato. Per il segretario nazionale Fp Cgil Michele Vannini la bozza «non dava le risposte necessarie alle lavoratrici e ai lavoratori della sanità. Troppo poche le risorse per incrementare gli stipendi, nessuna risposta sulle indennità, un evidente messaggio ai lavoratori che per incrementare le proprie entrate dovevano essere disponibili a lavorare di più». Vannini ha sottolineato anche l’assenza di un percorso di carriera per il personale infermieristico indipendentemente da titoli e competenze acquisite.

PER ANDREA BOTTEGA, segretario del Nursind disponibile alla firma, si tratta di «un’occasione persa, soprattutto in prospettiva». Anche se ammette che «non erano le risorse, troppo poche quelle da distribuire in questa tornata contrattuale, il punto di forza del contratto». La Cisl Fp – che ha già firmato in solitudine contratti pubblici come quello per le funzioni centrali dell’amministrazione – parla invece di una firma saltata «per puro tatticismo, in vista della elezione della rappresentanza sindacale unitaria». Si riferisce alle elezioni sindacali nei luoghi di lavoro in cui saranno eletti i nuovi rappresentanti dei lavoratori, fissate per il 14-16 aprile. Che riscriveranno gli equilibri tra le sigle.



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