«Non siamo un incidente della Storia, ma i figli e i nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l’antidoto a quella degenerazione nazionalista che ha avvelenato la nostra storia. Se siamo europei è anche perché siamo innamorati dei nostri Paesi. Ma il nazionalismo che diventa ideologia e idolatria produce virus che stimolano istinti di superiorità e producono conflitti distruttivi». diceva l’ex presidente del Parlamento europeo David Maria Sassoli. Secondo la narrazione europea, l’ancora eventuale Governo austriaco guidato dal Partito della Libertà d’Austria (Fpoe) – un partito fondato nel 1956 da Anton Reinthaller, che fu premiato con il distintivo d’oro del nazionalsocialismo da Adolf Hitler nel 1933 – rappresenterebbe l’arrivo al potere per la prima volta in un Paese dell’Unione europea di un partito di estrema destra. Vale la pena di ricordare che a Herbert Kickl, attuale leader del Partito della Libertà d’Austria, il Parlamento austriaco ha revocato il dodici dicembre l’immunità parlamentare per un procedimento avviato dalla Procura austriaca in un processo per falsa testimonianza.
La via di Kickl verso la cancelleria è tuttavia irta di ostacoli perché il Presidente Alexander Van der Bellen ha per ora designato come cancelliere ad interim il ministro degli esteri Alexander Schallenberg e perché all’interno del Partito Popolare Austriaco (Oevp) – che dovrebbe garantire nel Parlamento austriaco la necessaria maggioranza parlamentare al nuovo Governo – molti leader sono contrari ad allearsi con gli eredi di Anton Reinthaller e Jorg Haider come il dimissionario cancelliere Karl Nehammer. Lo stesso nuovo segretario del Partito Popolare Christian Stocker, pur dichiarandosi disponibile a negoziare con Kickl, ha tracciato i confini per un accordo con la Fpoe e cioè: l’appartenenza all’Unione europea, lo stato di diritto, la libertà di stampa, le sanzioni contro Vladimir Putin e il sostegno all’Ucraina sapendo che una parte della base del suo partito sarebbe pronta a revocare il cordone sanitario nel timore di perdere consensi in nuove elezioni anticipate generali a favore dell’estrema destra.
Una maggioranza della popolazione austriaca nelle grandi città vede con inquietudine il rischio per la sicurezza nazionale nell’arrivo al potere di Kickl come è stato dimostrato dalla manifestazione a Vienna del nove gennaio di oltre cinquantamila persone dietro lo slogan «Ganz Wien hasst Fpoe»e da analoghe manifestazioni a Salzburg, Graz e Innsbruck. Come ha scritto Paolo Soldini su Striscia Rossa, la vittoria elettorale di Kickl è stata caratterizzata da un uso spregiudicato dei social media e in particolare della piattaforma X di Elon Musk con una forte propensione alle fake news. Essa è dovuta anche al rifiuto sistematico dei suoi strumenti di informazione di ogni confronto con la stampa ed i media indipendenti, come avviene ormai negli Stati con governi a trazione sovranista nelle vicine Ungheria di Viktor Orban e Slovacchia dello pseudo-socialista Robert Fico o come avveniva nella Polonia di Jarosław Kaczyński e di Mateusz Morawiecki dove la solidità del sistema democratico è ancora a rischio per le metastasi diffuse dal PiS e dove si eleggerà il Presidente l’undici maggio o come agisce a Praga il ceco Andrej Babis del Partito dei Cittadini Insoddisfatti (Ano), gli uni e l’altro sodali di Giorgia Meloni che applica in Italia i metodi dei sovranisti europei.
Vale la pena di domandarsi perché le fake news si diffondano più delle notizie vere e se possiamo proteggere le elezioni parlamentari dai tentativi di manipolazione sul web. Il ricercatore americano Sinan Aral ci ha guidato in un viaggio attraverso questi e altri interrogativi, attingendo ad un’ampia evidenza empirica, in “The Hype Machine”. Per cogliere le potenzialità delle tecnologie digitali ed evitarne i rischi, egli si addentra nel meccanismo che governa la Hype Machine, ossia il sistema integrato dei social media che stimola a mantenerci sempre attivi online, mentre ci espone ai condizionamenti dei grandi marchi o degli hacker, in un frenetico mercato della persuasione e dell’eccitazione emotiva. In questo universo iper-socializzato, Sinan Aral mette tuttavia in luce come, agendo su quattro specifiche «leve di comando» (modelli di business, codice informatico, norme sociali e leggi), sia ancora possibile orientare verso il bene comune le tecnologie che stanno rivoluzionando l’infosfera digitalizzata.
Torniamo alla narrazione europea secondo cui l’ancora eventuale arrivo alla cancelleria di Vienna di Kickl rappresenterebbe la prima volta della conquista del potere da parte di un movimento di estrema destra di ispirazione sovranista e fascista. Gli esempi che abbiamo citato dell’Ungheria di Viktor Orban e della Polonia di Mateusz Morawieki ma anche della Slovacchia di Robert Fico e dell’Italia di Giorgia Meloni insieme al ruolo del sistema integrato dei media dimostrano i gravi rischi di una violazione di almeno uno dei valori fondanti dell’Unione europea e del rispetto dello stato di diritto e cioè un rischio previsto dall’art. 7 del Trattato sull’Unione europea.
A ciò si aggiunge l’influenza determinante dei cosiddetti Democratici Svedesi (Ss) nel Governo a Stoccolma, dei Veri Finlandesi (Ps) nel Governo ad Helsinki, di 5 ministri su 15 del Partito per la Liberta (Pvv di estrema destra) di Geert Wilders nei Paesi Bassi, la rottura del cordone sanitario in Spagna con le alleanze in cinque Comunità autonome fra il Partito Popolare e Vox (annullate solo recentemente su iniziativa di Vox), ma confermate in molte grandi città come Valencia e Toledo insieme alla rielezione dell’euroscettico Zoran Milanovic, come Presidente della Croazia che detiene una forte autorità politica ed è il comandante militare supremo, e all’incertezza che pesa sulla situazione politica in Bulgaria, Repubblica Ceca e Romania che torneranno presto a votare e che saranno precedute dalle elezioni federali in Germania il ventitre febbraio.
I rischi di gravi violazioni riguardano la libertà di espressione e d’informazione iscritta nell’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali, che riprende l’art. 10 della Cedu, nel significato sostanziale della libertà di opinione e di ricevere o comunicare delle informazioni o delle idee senza che possano esserci ingerenze delle autorità pubbliche (o, aggiungiamo noi, ingerenze esterne) senza considerare le frontiere e nel rispetto della libertà dei media e del pluralismo con particolare riferimento ai sistemi di radiodiffusione pubblica negli Stati membri. Esse riguardano anche l’articolo 36 della Carta dei diritti fondamentali relativo all’accesso ai servizi di interesse generale che richiama l’articolo 86 del Trattato di Maastricht ora ripreso negli articoli 14 e 106 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Esse possono essere lette nel quadro del valore aggiunto della dimensione europea relativo all’infosfera che distingue il fundamental rights driven dell’Unione europea (nella prospettiva di una big democracy fondata su regole semplici e trasparenti) dal market driven degli Stati Uniti (la big technology in cui prevale l’oligopolio dei privati) e dallo state driven della Cina (il big State) come è stato scritto il primo marzo 2024 nel Libro Verde “Scriviamo insieme il futuro dell’Europa” del Movimento Europeo e come è stato argomentato da Anu Bradford nel suo “Digital Empire: the global battle to regulate technology”.
La crescita dei partiti di estrema destra in tutta l’Unione europea – che si ispirano ai movimenti al potere in Europa fra le due guerre mondiali in Italia, Germania, Austria già prima dell’Anschluss, Bulgaria, Polonia, Grecia, Ungheria, Finlandia, Repubbliche baltiche e nella penisola iberica fino alla metà degli anni settanta – entra in rotta di collisione con il Regolamento sullo statuto ed il finanziamento dei partiti europei entrato in vigore il quattro novembre 2003, aggiornato il ventidue ottobre 2014. Questi Regolamenti stabiliscono con carattere vincolante il rispetto dei princìpi sui quali l’Unione europea è fondata ripresi dalla Carta dei diritti fondamentali con particolare riferimento alla libertà, alla democrazia, ai diritti dell’uomo, alle libertà fondamentali e allo stato di diritto che condizionano – o almeno che dovrebbero condizionare – il finanziamento delle Fondazioni europee a cui i partiti fanno riferimento.
Evidentemente, non è stato sufficiente aver stabilito questi principi per impedire la crescita dei partiti di estrema destra né il fatto di aver iscritto nell’art. 191 del Trattato di Maastricht – ripreso all’art. 10 del Trattato sull’Unione europea – come elemento caratterizzante della cittadinanza europea che «i partiti politici a livello europeo contribuiscono alla formazione della coscienza politica europea e alla espressione della volontà dei cittadini dell’Unione». Non è del resto immaginabile che risultati elettorali che premiano o premiassero partiti di estrema destra o sovranisti siano annullati come è avvenuto recentemente in Romania perché è molto difficile provare che questi risultati siano dovuti a ingerenze esterne a meno che non siano evidenti brogli o illecite manipolazioni dei voti.
In questo quadro, ci stupisce che una doverosa e rigorosa attenzione al ruolo dei partiti europei e delle loro componenti nazionali – nello spirito e nel rispetto dei Regolamenti sopra citati del 2003 e del 2014 – insieme al tema della trasparenza dei lavori parlamentari non sia stata iscritta fra le competenze della nuova commissione parlamentare europea sullo «scudo della democrazia» istituita dal Parlamento europeo il tredici dicembre 2024 per un limitato periodo di dodici mesi ignorando così che il tema della difesa della democrazia riguardi anche il sistema e la funzione dei movimenti politici che sono il cuore della democrazia rappresentativa.
Quel che è più importante è tuttavia la risposta che deve essere data a livello locale, regionale ed europeo, anche nelle relazioni con le società politiche dei Paesi candidati, alle ragioni emotive, culturali e sociali che sono all’origine della crescita dei partiti di estrema destra e più in generale dei movimenti sovranisti e che oggi sono rappresentati da oltre duecentotrenta parlamentari europei – se non si prendono in considerazione gli euro-tiepidi che pur agiscono fra popolari, socialdemocratici, liberali e verdi – e cioè quasi un terzo dell’Assemblea. La risposta deve essere data nelle politiche europee da realizzare non solo come reazione alle emergenze ma in termini di pianificazione del futuro dell’Unione europea dove gli Stati nazionali non sono in grado di reagire con efficacia, e in termini di funzionamento del sistema di governo dell’Unione europea.
Sappiamo che la crescita dei movimenti di estrema destra e dei partiti sovranisti è stata determinata da reazioni talvolta emotive e non razionali in particolare: al controllo e alla gestione dei flussi migratori se essi non sono accompagnati da politiche di inclusione che prevedano il rispetto rigoroso da parte di chi giunge nell’Unione europea dei nostri valori comuni; alla sostenibilità economica e sociale della transizione ambientale che esige investimenti europei per farsi carico dei costi della transizione; all’aumento delle diseguaglianze che richiedono una rinnovata politica europea di coesione sociale e territoriale; alle paure legate alla perdita del rispetto della sicurezza individuale e della vita privata nella società digitale che attendono l’applicazione di un sistema europeo di diritti e la libertà dagli oligopoli privati.
Ma anche all’assenza di competitività dell’economia europea per la forza dei sistemi di produzione e delle tecnologie extra-europee insieme al peso eccessivo delle regole europee e nazionali che colpiscono soprattutto le piccole e medie imprese dando così attuazione ai suggerimenti contenuti nel rapporto Draghi; alla mancanza di autonomia strategica dell’Unione europea, e dunque della difesa europea, in un mondo sottomesso al nuovo sistema bipolare a egemonia americana e cinese insieme alla rivalità del cosiddetto Sud Globale rappresentato dall’estensione dei Brics e alle potenzialità dell’Africa con cui l’Unione europea non è stata capace di costruire un efficace partenariato; al carattere irrisorio del bilancio europeo che dovrebbe invece garantire con risorse proprie e debito “buono” beni pubblici europei; al carattere embrionale ed inadeguato del governo della democrazia europea che evolva verso un modello federale tale da garantire l’esercizio di una sovranità condivisa.
Non basta dunque esigere di mantenere e rispettare il cordone sanitario verso i partiti di estrema destra se il piano per il nostro futuro e per il futuro delle nuove generazioni non conterrà delle risposte adeguate e ambiziose a questi otto problemi che dovrebbero far parte di una agenda strategica del Parlamento europeo per l’attuale legislatura.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link