Sicurezza, tensioni nella maggioranza: lo «scudo» (non solo) per la polizia

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Virginia Piccolillo

Governo attento ai rilievi del Colle, verso la terza lettura. Garanzie alle forze dell’ordine, lite con la sinistra

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Come proteggere un agente quando è evidente che ha usato l’arma di ordinanza nell’esercizio delle proprie funzioni, ma si ritrova indagato per atto dovuto? Il governo è partito da lì. Da quel carabiniere che a Capodanno è intervenuto contro un uomo che aveva accoltellato quattro persone ferendolo a morte e in presenza di accertamenti e atti urgenti, a sua tutela, come prevede il codice, è stato indagato. Ma l’idea del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, condivisa da Palazzo Chigi, non si ferma all’ipotesi di allargare le garanzie funzionali solo per alcuni. Ma di scrivere una norma che interrompa quell’automatismo che lega atti urgenti e iscrizione nel registro degli indagati. E introdurre nel codice di procedura penale, almeno in specifici casi, una sorta di iscrizione ritardata.

Non è semplice, non c’è ancora né un testo né una bozza, ma l’intenzione è di ideare una «norma garantista, valida per tutti». Capace così di superare le proteste dell’opposizione contro l’eventuale messa a punto di uno scudo penale per le forze dell’ordine. Ci si è lavorato anche ieri in via Arenula ma non si vuole varare un provvedimento-lampo da inserire in fretta e furia, magari come emendamento, al disegno di legge Sicurezza o a un’altra norma. Per le difficoltà tecniche appena descritte e perché il governo non vuole forzare la mano su un tema delicato che ha già sollevato polemiche.




















































E poi c’è la Lega. Già ieri è stata chiamata a ingoiare un terzo passaggio parlamentare del ddl Sicurezza. Perché il governo intende ascoltare i rilievi del Quirinale su almeno due delle parti più contestate del ddl. Vale a dire la custodia in carcere anche per le donne con figli minorenni e il divieto per i clandestini di acquistare schede telefoniche. Gli altri riguardano il reato di resistenza passiva in carcere, la compilazione da parte del governo e non del Parlamento di una lista di opere strategiche contro cui diventa reato manifestare; l’eliminazione di attenuanti in caso di violenze contro la polizia.

Durante il vertice di maggioranza la premier aveva già ribadito l’intenzione di ascoltare il Quirinale. Ieri in apertura del Consiglio dei ministri, oltre a gioire per «l’inversione di tendenza impressa nel governo dei flussi migratori: oggi Frontex ci fa sapere che il numero di ingressi irregolari di migranti registrati in Ue nel 2024 è calato al livello più basso dal 2021» ha lodato il gioco di squadra. Quasi a placare eventuali tensioni.

In mattinata la Lega aveva provato a opporsi alla terza lettura del ddl. «Prima va approvato il ddl Sicurezza, poi si fanno altri passi», aveva detto il capogruppo Riccardo Molinari, in risposta all’apertura di Giovanni Donzelli (FdI) sulle modifiche («Il dibattito è stato lungo, si possono sempre fare») e su una norma a tutela delle forze dell’ordine: «Nessuno vuole stabilire che chi ha la divisa può fare qualsiasi cosa, ma dobbiamo aiutare le forze di polizia a difendere i cittadini in serenità». Aggiungendo, sul caso Ramy: «Reputo che i carabinieri abbiano fatto il loro dovere».

L’opposizione avverte: no a scudi penali. «L’idea è inaccettabile perché in uno stato di diritto la legge deve essere uguale per tutti e soprattutto per chi esercita un potere» dice la segretaria Elly Schlein. E Antigone rincara: «No a immunità che può sfociare in abusi».

Intanto la riforma costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati si avvia verso il primo sì, atteso domani alla Camera.

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14 gennaio 2025 ( modifica il 14 gennaio 2025 | 23:20)

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