“Più storia dell’Italia ma senza ideologia”

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È un ritorno al passato? «Diciamo che prendiamo il meglio della nostra tradizione per una scuola capace di costruire il futuro», afferma il ministro dell’Istruzione Beppe Valditara, annunciando al Giornale le Nuove Indicazioni Nazionali (i nuovi programmi), per il primo ciclo. «Ma vorrei precisare che la commissione da me incaricata, che ha già fatto oltre cento audizioni, ha svolto un lavoro capillare e approfondito, su cui avvieremo un ampio confronto».

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«Mi lasci dire che abbiamo disegnato il cammino di bambini ed adolescenti dai 3 ai 14 anni, insomma il percorso dall’infanzia alle medie. Ma stiamo lavorando anche per le superiori. E introduciamo molte innovazioni. Cominciando dall’Italiano. Ma non solo: verrà reintrodotta la possibilità di inserire il latino nel curricolo a partire dalla seconda media, verrà abolita la geostoria nelle superiori e ridata centralità alla narrazione di quel che è accaduto nella nostra penisola dai tempi antichi fino ad oggi. E poi, fra le tante novità, sin dalla prima elementare avvicineremo i bambini alla musica, alla sua comprensione, alla civiltà musicale. Per questo fra gli esperti che hanno lavorato in questi mesi ci sono storici come Ernesto Galli della Loggia, latinisti come Andrea Balbo, il presidente emerito dell’Accademia della Crusca Claudio Marazzini, letterati come Claudio Giunta, musicisti celeberrimi come Uto Ughi e figure di spicco del mondo artistico».

Dunque, più letteratura?

«Sarà dato più spazio alla letteratura, anche dell’infanzia, e alla grammatica. L’insegnamento della letteratura sin dalla prima elementare, in modalità adeguata alla giovane età degli studenti, deve far sì che gli allievi prendano gusto alla lettura e imparino a scrivere bene. Si è scelto di rafforzare l’abilità di scrittura che è quella più in crisi delle abilità linguistiche».

Belle parole. In concreto?

«Un attimo. Il primo passaggio è quello di far acquisire familiarità con la lettura e la letteratura. Questo è un aspetto cruciale nella formazione della persona. Occorre che gli studenti leggano, scrivano, imparino ad apprezzare testi scritti da altri, in epoche e luoghi anche remoti».

Quali testi?

«Sì partirà con prose e poesie».

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«Anche. Dobbiamo riprendere questa grande scuola della memoria, con testi più semplici all’inizio, anche filastrocche, scioglilingua e altro. Poi già alle elementari i primi accenni di epica classica, mitologia greca e orientale ma anche le saghe nordiche. Dobbiamo coltivare la fantasia, la capacità di stupirsi dei ragazzi, le suggestioni profonde ma senza perdere per strada la grammatica e lo studio della regola. La cultura della regola inizia dallo studio della grammatica. In particolare, è importante trasmettere all’allievo, fin dall’inizio, la consapevolezza del valore della correttezza linguistica e formale, dell’ordine e della chiarezza nella comunicazione. La chiarezza deve essere presentata come una forma di autocontrollo e anche di un doveroso impegno verso l’altro».

Tutto e un po’ di tutto, ministro?

«No, siamo molto concreti e cerchiamo di rimediare alla sindrome italiana descritta dal Censis secondo cui il 41,1 per cento degli italiani crede erroneamente che Gabriele D’Annunzio sia l’autore dell’Infinito e il 35,1 per cento che Eugenio Montale sia stato un Presidente del consiglio degli anni 50».

Passiamo alle altre materie.

«Aboliamo la geostoria. La storia diventa la scienza degli uomini nel tempo. L’idea è di sviluppare questa disciplina come una grande narrazione, senza caricarla di sovrastrutture ideologiche, privilegiando inoltre la storia d’Italia, dell’Europa, dell’Occidente. Di più, nella scuola primaria l’insegnamento verterà anche sullo studio del nostro patrimonio storico. Negli ultimi due anni, in particolare l’attenzione si concentrerà sui popoli italici, le origini e le vicende dell’antica Grecia e di Roma, le loro civiltà, i primi secoli del Cristianesimo».

Il latino?

«Pensiamo di reintrodurre opzionalmente elementi di latino già dalle medie, dalla seconda per la precisione, per numerose ragioni: apriamo le porte a un vasto patrimonio di civiltà e tradizioni; poi rafforziamo la consapevolezza della relazione che lega la lingua italiana a quella latina. E poi c’è il tema, importantissimo, dell’eredità».

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Un’eredità condivisa fra le diverse culture europee?

«Esatto. Vogliamo trasmettere l’idea della continuità, dello scambio e talvolta della contrapposizione fra antichità e modernità. E ancora, studiare il latino vuol dire andare alle radici della lingua italiana e del significato delle parole.

E ora che succede?

«Insomma, dopo aver cambiato le linee guida di fisica e matematica lo scorso anno, proseguiamo col nostro lavoro. Adesso si apre un grande dibattito, aperto a tutto il mondo della scuola, ai corpi intermedi, alle associazioni disciplinari. A fine marzo dovremmo essere pronti con gli ultimi ritocchi perché le novità entrino in classe con l’anno scolastico 2026-27».

Possiamo dire che quella che si prepara sarà un scuola

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più sovranista?

«Ma no, niente slogan facili. Il nostro obiettivo è una scuola seria, protesa in avanti e attenta all’educazione critica dei nostri ragazzi. La revisione delle indicazioni nazionali guarda a loro».



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