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“Quanto Basta” per trasformare in performante residenza contemporanea una complessa realtà abitativa insediata nel centro storico di Ferrara? Ce lo illustrano Federico Orsini e Filippo Govoni, fondatori di QB Atelier, lo studio di architettura che già dalla scelta del nome (acronimo della formula della giusta quantità: né poco né troppo) rivela l’“apparentamento” della propria filosofia progettuale con il mondo della cucina e delle sue ricette. “Entrambe” – spiegano i titolari dello studio – “si confrontano con la stessa problematica: trovare la soluzione per rielaborare gli ingredienti a disposizione al fine di soddisfare le esigenze dell’essere umano. In mancanza dei migliori ingredienti, la sensibilità del buon cuoco – architetto sta nella capacità di riuscire a trasformare ed abbinare ciò che è a disposizione, ottenendo un piatto capace di soddisfare i gusti del cliente”.
E allora passiamo in rassegna gli elementi base della ricetta/progetto di Casa VBR
Iniziamo dall’ingrediente principale, la location, che obbliga i due architetti ferraresi a fare i conti con la stratificazione edilizia: ci troviamo in una delle zone più antiche della città, all’interno di un edificio del 1200, “corrotto” nel corso degli anni da modifiche che ne hanno stravolto l’originale configurazione, fino a compromettere definitivamente la lettura del corpo originale. Va poi considerato il tema della luce, o meglio dell’illuminazione naturale, da mescolare abbondantemente (insistiamo con le metafore culinarie) con il verde del giardino (fondamentale dotazione dell’abitazione).
Chiudiamo la lista con una buona dose di finiture di pregio e un pizzico di materiali “poveri” (da rileggere in chiave contemporanea), a cui va aggiunta una generosa componente di arte e di design.
E adesso parliamo del risultato. QB Atelier ha puntato sulla rivisitazione radicale dell’originale configurazione planimetrica e sulla realizzazione di una nuova sequenza spaziale, in grado di innescare un’interazione tra gli ambienti domestici e l’esterno. Strategia che ha reso necessaria l’apertura, nella struttura portante, di varchi prospettici, posizionati in modo da obbligare i flussi di vita e gli sguardi ad attraversare la nuova consistenza distributiva e a confluire verso il giardino. Ed è proprio il giardino la vera anima del progetto. I suoi minimalisti dettagli (le grate a fil di ferro a sostegno dei rampicanti e le grigie lastre della pavimentazione che si alternano ai ciottoli bianchi e al tappeto erboso) entrano senza filtri all’interno dell’abitazione.
E lo fanno attraverso le grandi superfici vetrate che assicurano la combo di illuminazione naturale e verde richiesta dalla “ricetta” di partenza. All’interno di questo scenario, avvolti dalle permeabili pareti dello scrigno trasparente, pavimenti e soffitti trasludici, plastici telai scuri in ferro, boiserie in rovere, arredi tailor made, oggetti d’arte e storici pezzi di design, affermano la propria presenza, dialogando disinvoltamente con le irregolari pareti in mattone, memoria dell’antica preesistenza. La nozione di tempo si annulla. La storia del luogo e della tradizione costruttiva Ferrarese partecipa alla creazione del nuovo spazio domestico. Il passato torna al presente. O forse è il presente che torna al passato. Chissa?
Architetto romano animato da una innata vocazione cosmopolita e da una sfrenata curiosità, considera il design la sua personale lente di ingrandimento per interpretare il flusso di cambiamenti sociali e culturali che attraversa il nuovo millennio. Alterna l’amore per la progettazione alla passione per il racconto, nella convinzione che la parola possa contribuire a sciogliere le intricate dinamiche del processo creativo. Interessato da sempre all’interior design e alle connessioni tra comunicazione e architettura, si occupa delle relazioni tra spazio e immagine, lavorando sull’intersezione tra moda, food, arte e interni.
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